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Commento di Francesco Finucci

su Lettera di un'italiana indignata


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Francesco Finucci Francesco Finucci 19 settembre 2011 04:11

Non posso che essere daccordo con quanto hai detto. Ma uno dei pregi di vivere in un piccolo paese, o forse l’unico, certamente l’unico è quello di avere davanti agli occhi con chiarezza le dinamiche della politica. Il problema della castizzazione di una nazione non è solo nel suo effetto più evidente, quella specie di reggia di versailles che è diventato il nostro parlamento; è nella completa impermeabilità del sistema di turn-over nei palazzi del potere. Votare è un dovere, qualcosa che sinceramente non faccio abbastanza, ma i cui difensori stimo molto, anche perché ci vuole almeno parecchio stomaco, visto chi abbiamo come rappresentanti. ma l’alternativa è farsi eleggere? Alcuni ce l’hanno fatta (non in italia ovviamente), sono nati onesti e lo sono rimasti, e nonostante tutto sono riusciti a cambiare il loro paese (prima di essere ammazzati). E’ una delle più belle frasi di Salman Rushdie, la scelta di essere un’idea che si piega, o una ostinata, che novantanove volte su cento verrà spezzata, ma una volta e una volta sola, cambierà il mondo. Quello che hanno fatto alcuni personaggi, da Martin luther king a gandhi (in verità più il secondo che il primo) lo hanno fatto anche perché i tempi erano cambiati. In questo sinceramente vedo una contraddizione nel tuo discorso. E’ un dovere votare, possiamo farci eleggere, ma il problema è sistemico. Qui, mi spiace dirlo, ogni popolo ha il governo che si merita. Perché i politici non dovrebbero evadere le tasse, se quando qualcuno ci fa notare che non abbiamo messo tutto il nostro reddito reale nell’isee, ci viene risposto in malo modo (almeno a me, forse a voi no): "perché, non paghiamo abbastanza? che c’è, vuoi pagare di più?". E’ chiaramente un diritto quello di avere un governo democratico, libero e giusto. Ma credo che prima di pretendere qualcosa, esiste una sola domanda che dovremmo porci: "meritiamo di essere liberi?"


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