• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Rischia l’ergastolo perché ha partorito un bambino nato morto

Rischia l’ergastolo perché ha partorito un bambino nato morto

Rennie Gibbs nel 2006 aveva 16 anni. Rimasta incinta, ha partorito una bambina, Samiya, nata prematura e morta immediatamente dopo il parto. La causa della morte viene ricondotta allo strozzamento causato dal cordone ombelicale.

Siamo in Mississippi e Rennie – oggi 23enne – è di colore e viene da una storia di disagio sociale.

Rennie risulta positiva ai test di marijuana e cocaina, e sul corpo di Samiya viene effettuata un’autopsia che evidenzia tracce di benzoilecgonina, un derivato dalla cocaina. Per il medico legale, Steven Hayne, è quest’ultima la causa della morte: Rennie avrebbe, secondo l’accusa “illegalmente, volontariamente e colposamente causato la morte della sua bambina”.

Da sette anni gli avvocati di Rennie stanno lavorando perché il caso venga annullato, ma a breve la corte del Mississippi emetterà un giudizio. Se condannata, Rennie potrebbe rischiare l’ergastolo.

Rennie ha indubbiamente fatto uso di sostanze stupefacenti durante la gravidanza. Ma questa vicenda solleva diversi problemi, e quello dell’uso di droghe è solo uno dei tanti.

Prima cosa: il consumo di cocaina provoca la morte del feto? È provato infatti che possa provocare la rottura della placenta – fatto non riscontrato nel caso di Rennie – ma, al contrario non esistono evidenze scientifiche di una correlazione tra morte del feto e uso di cocaina durante la gravidanza. Anzi, uno studio durato 25 anni che ha seguito bambini nati da consumatori di crack non mette in relazione le due cose (qui e qui maggiori informazioni).

Sia chiaro, nessuno – o quasi – pensa che l’uso di cocaina durante una gravidanza sia da consigliare, ma l’evidenza scientifica (la correlazione, e quindi la prova giuridica) non è ancora stata riscontrata. Per questo pare evidente che alla base della scelta dello Stato del Mississippi ci sia la volontà di punire un comportamento considerato illegale. Nel caso specifico di Rennie, altri medici hanno sostenuto che la quantità di benzoilecgonina presente nel corpo di Samiya fosse troppo bassa per provocarne la morte. 

Seconda cosa: è davvero possibile accusare una donna di omicidio per aver consumato cocaina durante la gravidanza? Chi fuma o chi consuma alcool può subire la stessa sorte? Come nota giustamente Sadhbh Walshe sul GuardianJacqueline Kennedy avrebbe potuto essere incriminata perché fumava durante la gravidanza? 

A questo si aggiunge anche una considerazione più “umana”, che viene fatta da Eve Tushnet su The American Conservative (che, come si capisce dal nome, non è certo il bollettino delle femministe): “La morte perinatale è un evento che può capitare a tutte le donne. Ma capita più spesso se sei povera. Più i pubblici ministeri sono rapidi nel farlo dipendere solo dalla negligenza, più donne povere verranno punite per qualcosa che è già una catastrofe in sé”.

Terza cosa: la volontà dello Stato di proteggere i bambini si trasforma in una forma di controllo e in una scelta politica. Negli ultimi anni, infatti, si sono moltiplicate le leggi che puniscono "l’omicidio" di feti. Attualmente sono in vigore in 38 stati americani.

 

La situazione del Mississippi

Ma facciamo un passo indietro, perché per capire la vicenda è necessario inquadrarla nella situazione del Mississippi. Si tratta dello Stato americano con il più alto tasso di mortalità infantile: 9 bambini morti ogni 1000 nati. La media degli Usa è del 5,2%, piuttosto alta rispetto a quella di altri paesi “sviluppati”: in Svizzera è del 3,8, in Uk del 4,5 e in Giappone del 2,17. Il tasso del Mississippi, commenta Meg Sullivan su brownpoliticalreview, ricorda quello del Botswana o dello Sri Lanka. 

A cosa è dovuto? A una combinazione di fattori: tra cui la povertà, condizioni insalubri di vita e bassa scolarizzazione.

A questo, sempre per contestualizzare, va aggiunta la storia particolare di Steven Hayne (lo ricordiamo, il medico legale che ha effettuato l’autopsia) che è stato accusato di aver falsificato le prove in diversi referti da un lato e, dall’altro, la storia del Mississippi, dove l’uso “creativo” di prove è un caso di studio. 

Radley Balko, un giornalista del Washington Post, che ha seguito sia il caso di Rennie che le vicende giudiziare di Hayne, scrive: “Quando un bambino muore in Mississippi, il procuratore dello stato è particolarmente determinato a che qualcuno vada in galera, anche se non ci sono abbastanza prove al riguardo”.

Le anti-fetal homicide laws

Tornando alle leggi “anti-fetal homicide”: si tratta di provvedimenti nati con lo scopo di proteggere le donne incinta dalla violenze che potevano subire e che potevano causare la morte del feto. Stiamo parlando di leggi, quindi, che tutelavano le donne da violenze di terzi.

Ora, nella lettura di Meg Sulivan, o anche di Nina Martin di Propublica, sono diventate strumenti contro le donne, forme di persecuzione giudiziaria che vanno a colpire soprattutto le afroamericane, che sono quelle che maggiormente consumano droghe e che non portano a termine la gravidanza. Il tasso di mortalità perinatale tra le donne di origini afroamericane in Usa è, infatti, il doppio di quello delle donne bianche. 

National Advocates for Pregnant Women (NAPW), una Ong americana, ha documentato centinaia di casi di donne arrestate per aver danneggiato il feto durante la gravidanza. Sono diversi, e Nina Martin ne ha riportati alcuni. 

C’è quello di una donna indiana che ha tentato il suicido mentre era incinta; una dello Iowa che è stata arrestata dopo essere caduta dalle scale e aver perso il bambino; o ancora, quello di una donna del New Jersey che ha rifiutato di firmare l’autorizzazione per un cesareo.

Le prime due donne sono state arrestate (e poi rilasciate), l’ultima ha perso la custodia dei figli.

Ciononostante, continua la Martin, la maggior parte delle accusate sono donne che hanno fatto uso di droga e nei cui casi vengono portate evidenze scientifiche che scientifiche non sono: il problema è che spesso si tratta di persone povere, il cui avvocato non ha né il tempo né le competenze per fare le ricerche giuste o per trovare testimoni competenti.

Sempre secondo la Sullivan queste politiche sono “flagranti attacchi contro l’autonomia del corpo femminile, in un processo di rafforzamento della volontà dello stato di proteggere il feto”. Inoltre queste politiche sono inefficaci. Secondo il College of Obstetrics and Gynecology’s Committee on Health Care for Underserved Women “l’incarcerazione o la minaccia della prigione hanno provato la loro inefficacia nella riduzione dell’abuso di droghe o alcol”: le donne che temono il sistema penale in realtà evitano, o diminuiscono, magari inconsapevolmente, le cure prenatali.

Il corpo della donna diventa quindi, ancora una volta, il campo di battaglia sul quale si combattono diverse guerre: quella contro l’uso di droga, quella per il diritto alla vita e quella della ricerca scientifica. 

 

Foto: Milan Nykodym/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.160) 31 marzo 2014 12:26
    Fabio Della Pergola

    Tutta la questione ruota attorno al concetto che un feto possa "morire". In realtà un feto non può morire - né quindi essere ammazzato (volontariamente tramite aborto o incidentalmente come nel caso descritto) - per il semplice fatto che non è mai nato. Quello del feto è quindi un progetto di vita potenziale, non una vita umana realizzata. Qualsiasi cosa ne pensino i religiosi di ogni latitudine.

    La prova sta nel fatto che l’elettroencefalogramma di un feto NON presenta alcuna modificazione (cioè non reagisce agli stimoli) durante le fasi di travaglio e parto, mentre il tracciato elettroencefalico del neonato presenta segni evidenti di reazione agli stimoli.

    • Di (---.---.---.194) 31 marzo 2014 15:14

      Ma scusa, allora la definizione di vita è legata alle reazioni elettroencefaliche? Che studi ci sono in merito?
      Ateo dubbioso

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.160) 31 marzo 2014 23:09
      Fabio Della Pergola

      La definizione di vita deriva dalla attivazione della realtà mentale che avviene alla nascita. Per questo ci sono tracce di reazione nel tracciato dell’elettroencefalogramma che non ci sono invece in quello del feto. Dove esiste un’attività elettrica rilevabile (l’elettroencefalogramma non è piatto) ma non una reattività.

      Per saperne di più: http://www.associazionelucacoscioni...

    • Di (---.---.---.194) 1 aprile 2014 18:15

      ho letto l’articolo e sinceramente provocare la "morte" di un feto non mi sembra meno grave solo per il fatto che questo non abbia attività cerebrale rilevabile.

    • Di (---.---.---.36) 2 aprile 2014 09:38

      A parte che si dovrebbe dimostrare il nesso causale tra l’assunzione di cocaina e la morte del feto, oltre ad escludere qualsiasi altra causa.


      Comunque è il solito eccesso che vede le donne come portatrici sane di bimbi e tutela più i feti o gli embrioni delle cittadine che li aspettano.

      A quando una condanna per aborto spontaneo procurato da una caduta? Si sa che una donna incinta cadendo può procurare danni al feto, come si è permessa di camminare sapendo il rischio cui sottoponeva il figlio?

      Non parliamo di quelle che neanche sapevano di essere incinte (capita, eh)... reato colposo, no?

      A questo punto io punirei tutti gli utilizzatori di anticoncezionali, chissà quanti feti non hanno visto la luce a causa di un preservativo.

      E il seme non si disperde, che son tutti bimbi mai nati. In galera.
    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.160) 7 aprile 2014 00:54
      Fabio Della Pergola

      E’ la differenza tra un essere umano in potenza e un essere umano vivo. La differenza la fa la legge che ritiene legittimo l’aborto e illegale l’omicidio. In questo caso è un aborto procurato attraverso modalità illegittime, ma non si vede come possa essere accusata di omicidio se non c’è stata nascita.

    • Di (---.---.---.194) 15 maggio 2014 17:53

      A parte il caso della ragazza statunitense, sul quale mi sembra siamo tutti d’accordo a considerare assurda la punibilità del fatto....questa storia dell’elettroencefalogramma non mi convince affatto...dunque secondo questa tesi, siccome fino a dopo il travaglio ed il parto non ci sono modificazioni dell’elettroencefalogramma, un medico che, per negligenza, durante il parto provoca la morte del nascituro NON merita alcuna punizione perchè fino alla FINE del parto, il feto NON è VIVO?? mah! 

  • Di (---.---.---.143) 31 marzo 2014 13:57

    Io aggiungerei un paio di considerazioni provocatorie e sottolineo provocatorie.


    Le donne sono degli involucri produttori di bimbi, la cui volontà o autodeterminazione diventa nulla nel momento in cui restino incinte? Tipo che se hai minacce d’aborto per legge devi rimanere a letto e ti legano per controllare che tu esegua l’ordine?

    Ovviamente è scriteriato assumere cocaina quando si è incinte, anche se sarebbe da dimostrare il nesso causale tra la morte del nascituro e l’uso della sostanza. 

    Ma se anche fosse dimostrata questa causalità, considerando che la cocaina è una sostanza che provoca dipendenza (se si abusava di cocaina prima di restare incinte non è proprio facilissimo smettere), allora per coerenza - sempre considerando le donne degli involucri sfornafigli - bisognerebbe sterilizzare tutte le tossicomani in modo da impedir loro di uccidere bimbi. Oppure costringerle ad abortire, invece di condannarle per omicidio. In caso contrario è come condannare per strage un malato d’ebola invece di isolarlo e cercare di curarlo e fare in modo che non infetti gli altri.

    Provocazione a parte, sono notizie che lasciano senza parole. Così assurde che smuovono al paradosso.
  • Di (---.---.---.194) 1 aprile 2014 17:29

    ho letto l’articolo e sinceramente provocare la "morte" di un feto non mi sembra meno grave solo per il fatto che questo non abbia attività cerebrale rilevabile.
     

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità