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Zambia. La storia di un medico coraggioso, madre single di cinque bambini

Joseph. Un bimbo africano. Per lui ha combattuto la battaglia più dura della sua vita. E pensare che mai avrebbe immaginato di diventare madre. Tra i suoi sogni, c’era solo quello di affermarsi nel lavoro. Oggi Cristina Fazzi in Zambia è un medico affermato ed una mamma di cinque bambini. Pur essendo single. Il suo caso ha suscitato parecchie polemiche nel nostro Paese.

Lei, siciliana, 46 anni, testarda, ce l’ha fatta. E nel pieno rispetto delle norme. Si è avvalsa dell’ adozione in casi particolari, disciplinata dall’art. 44 della legge 184 dell’83, così come sostituito dalla legge 149 del 2001 (descritta in coda all’intervista, Ndr).

“Sono stati applicati - spiega - i casi uno e quattro. Joseph ha vissuto con me dall’età di quattro mesi fino ad oggi. Non era possibile fare l’affidamento preadottivo, così come è inteso in Italia, sia perché noi viviamo all’estero, sia perché Joseph era già stato adottato da me in Zambia."

Ma vediamo com’è andata.

Come mai vive in Zambia?

Per caso. Sono partita per sostituire per un breve periodo, di circa sei mesi, una collega, che non poteva rimanere in Zambia e sono qui da quasi dodici anni! Ho dato vita ad un progetto umanitario socio-sanitario integrato, portato avanti da un’associazione locale, Twafwane Association, di cui sono presidente, oltre che socio fondatore.

Si trova bene in Africa? E di preciso di cosa si occupa?

Vivo in Zambia dal primo maggio del 2000. Sono capo-progetto del Mayo-Mwana Project (Progetto Donna Bambino, traduzione dal dialetto locale bemba) e sono anche un medico. Mi occupo di patologie pediatriche, sebbene io non sia specialista in pediatria, ma in chirurgia generale. Presto servizio in quattro baraccopoli della periferia urbana di Ndola (Lubuto-Kantolomba, Mushili, Nkwazi). Mi trovo benissimo, le persone sono molto cordiali ed accoglienti, nonostante malattie e povertà.

Le difficoltà maggiori?

Beh, non è facile riuscire a guadagnare la fiducia delle persone con cui ogni giorno lavori e ti confronti, vista la grande differenza di cultura e tradizioni, esistente tra i Paesi Occidentali e i Paesi dell’Africa. Credo, tuttavia, che il rispetto reciproco sia la chiave capace di instaurare ogni tipo di rapporto umano, indipendentemente dal background culturale.

Pensa di ritornare un giorno in Sicilia?

Non saprei. Io sono di Enna. Penso, comunque, di rimanere ancora in Zambia per alcuni anni.

E veniamo a Joseph, il bimbo di sette anni, per cui ha combattuto tanto. Ci spiega come il bambino è entrato nella sua vita?

Diciamo che gli eventi hanno fatto sì che il piccolo Joseph, orfano di padre e nato da una giovane madre, deceduta di emorragia post–partum, fosse affidato alle mie cure. Ero l’unico medico nella foresta. Il piccolo era nato prematuro, ed aveva bisogno della mia assistenza. La cosa è avvenuta a maggio del 2004. Me ne sono occupata per un mese, con grande attenzione professionale e tanto
affetto. Quando è arrivato il momento di lasciarlo, la vecchia bisnonna, unico parente del piccolo, mi ha confidato che, non avendo né la forza, né i soldi per occuparsene, l’avrebbe abbandonato in un orfanotrofio. Non potevo lasciare che il piccolo venisse parcheggiato in uno di quegli orribili posti, dove i bimbi crescono, elemosinando briciole di affetto e qualche rara carezza.

A quel punto?

Chiesi ai servizi sociali di potermene occupare. Abbiamo iniziato il lungo iter, che, dopo quattro anni di affido, mi ha portato all’adozione in Zambia (2008) e, tre anni dopo, all’adozione in Italia (2011).

Lei, single, che adotta un bambino. Come ha fatto?

Io sono cittadina italiana, residente all’estero dal 2000. In Zambia i single possono adottare. E’ stata lunga l’attesa per ottenere il riconoscimento in Italia, riconoscimento che è avvenuto nel pieno rispetto della Legge Italiana, trattandosi di una “Adozione in casi particolari”.

Dunque, non ha bypassato la legge italiana?

Certo. Mi perdoni, ma questa è una domanda, che mi disturba molto. Se si guarda attentamente la legge sulle adozioni nei casi particolari, si capirà che ho fatto tutto nel rispetto delle regole.

Una battaglia feroce, mi diceva. Qual è stato il momento più triste? La cosa più difficile da sopportare?

Constatare che in Italia amare un bambino da single sia spesso
percepito come una colpa
, un crimine, qualcosa di cui vergognarsi. Ci si deve spesso difendere da attacchi di persone pusillanimi e presuntuose, che pensano solo una cosa.

Quale?

Che un single possa adottare un bambino solo per colmare i propri vuoti affettivi e le proprie frustrazioni. Come se l’amore fosse esclusiva di una coppia! E poi mi disturba non poco il fatto che alcune persone, pur senza conoscermi, si permettono di insinuare che, se ho ottenuto l’adozione da single, l’ho sicuramente fatto, eludendo la legge italiana.

Il momento più bello?

Il giorno, in cui mi è stato comunicato il riconoscimento dell’adozione in Italia.

Chi l’ha sostenuta?

Mi hanno sostenuto amici e parenti, tantissimo i miei legali, gli avvocati Salvatore e Andrea Lamantia. Al loro affetto e alla loro professionalità e determinazione devo moltissimo.

Delusioni?

Nessuna delusione particolare, qualche amarezza, forse, nel constatare la lentezza della Giustizia italiana e l’enorme numero di coppie che aspettano da anni un’adozione e che, esasperate dall’attesa, hanno vissuto come un’ingiustizia l’adozione riconosciuta ad un single.

Come ha reagito Joseph, quando gli ha raccontato che è stato adottato?

Joseph ha sempre saputo di essere stato adottato, quindi per lui nessuna novità. Ha provato tanta gioia quando ha saputo di poter finalmente venire in Italia, cosa impossibile prima del riconoscimento dell’adozione.

Quando parla dei suoi genitori, cosa dice?

Lui sa che i suoi genitori sono angeli in cielo con Gesù. La madre è morta nel darlo alla luce. Il padre era già morto, prima che la madre partorisse, credo di malattia.

Ne ha presi in affido altri?

In qualità di presidente dell’Associazione Twafwane e non come singolo privato, il Tribunale dei Minori Zambiano mi ha affidato quattro bambini, in stato di abbandono, ma non adottabili.

Com’è il rapporto di Joseph con gli altri fratelli?

Ottimo, di grande complicità e affetto. Sono tutti zambiani.

La sua attività le permette di sostenerli tutti? Ma si fa aiutare da qualcuno?

A parte Joseph, che è mio figlio, gli altri bambini costituiscono la “casa-famiglia” del nostro progetto, anche se poi, di fatto, dal punto di vista affettivo, non faccio differenze e loro mi chiamano tutti “mamma”. Del resto non è un pezzo di carta, che determina l’amore tra gli esseri umani. Poiché sono molto impegnata con le attività del progetto, due ragazze zambiane si occupano dei bambini quando io non sono in casa.

Non avrebbe mai immaginato di diventare mamma. Ora che lo è, che sensazione prova? La sua è una maternità più intensa, perché ottenuta con tanti sacrifici?

Credo che non ci siano maternità più o meno intense o più o meno desiderate. Ognuno vive la maternità in modo intimo e particolare, individuale e non paragonabile ad altre maternità. Sicuramente è una sensazione di grande gioia. Joseph, sicuramente, è la gioia più grande della mia vita, è la mia stessa vita.

Ma in Italia si arriverà un giorno ad avere una legge che consenta ai single di adottare un bimbo? Immaginiamo l’attenda con ansia!

Per me stessa, sinceramente, non aspetto con ansia che il Parlamento approvi la legge che consenta ai single di adottare. Ovviamente, però, molti single, uomini e donne, desidererebbero offrire amore e cure a bambini bisognosi di una famiglia. Credo, pertanto, che, come in moltissimi altri Paesi del mondo, anche in Italia si dovrebbero aprire le porte dell’adozione ai single. E credo anche che non dovrebbe esistere una competizione tra coppie e single. Tutti, coppie e single, dovrebbero collaborare per promuovere iniziative utili ad assicurare una famiglia ad ogni minore in stato di abbandono.

Cosa intende per famiglia?

Per famiglia intendo un contesto in cui il minore possa sentirsi amato, sicuro e protetto. Occorre garantire non tanto il diritto ad avere un padre ed una madre, quanto il diritto ad essere amato, in maniera sincera, esclusiva e disinteressata. Dubito che in Italia si arriverà presto a leggi di questo tipo.

Perché?

Forse molti interessi ruotano intorno alle adozioni.

Ci sarà sempre il veto della Chiesa?

Certo, la Chiesa rappresenta un duro ostacolo. Le confesso una cosa: non mi sento meno cristiana di prima, ora che da single ho adottato un bambino. Ma il problema è puramente politico.

Cioè?

Credo che Gesù Cristo c’entri ben poco. Il fatto è che non può intervenire e dire la sua.

Senta, ma per una crescita più equilibrata, non è giusto che un bimbo abbia due genitori?

Non credo che sia una questione di numeri. Basta dare un’occhiata alla cronaca italiana e ci si rende conto che il rispetto dei minori e l’amore nei loro confronti non dipendono da quanti genitori ci siano. Ricordiamo, inoltre, che il maggior numero di abusi su minori si verifica proprio in contesti familiari, spesso assolutamente insospettabili.

Invece, sulle adozioni ai gay cosa dice?

Ritengo che i gay siano persone esattamente identiche alle altre. Ognuno dovrebbe essere libero di fare le scelte sessuali che ritiene opportune. Se una coppia gay è in grado di assicurare un ambiente sereno e protetto ad un minore, non vedo perché non dovrebbe occuparsi di un bambino. Mi sembrano assolutamente meno idonee certe coppie eterosessuali, che litigano di continuo e fanno crescere il minore in un contesto di insicurezza, paura e violenza. Ovvio, in caso di adozione tutti, coppie eterosessuali, omosessuali e single, dovrebbero essere opportunamente valutati da personale competente. Deve essere determinata sempre l’ idoneità a diventare genitore che, di sicuro, non dipende dallo stato civile o dalle scelte sessuali.

La sua battaglia continua?

Certamente. La mia battaglia è in difesa dei diritti dell’infanzia, ogni giorno, in Italia come in Zambia!

 

Nota: definizione di adozione particolare sul sito del Ministero della Giustizia:

“L’adozione in casi particolari è disciplinata dall’art. 44 della
legge n. 184/83 così come sostituito dalla legge n. 149/2001, e
tutela, nelle prime due lettere, il rapporto che si crea nel momento
in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in
precedenza ha già sviluppato legami affettivi, mentre nelle altre due,
i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio.
Le ipotesi in cui si può far ricorso a questo tipo di istituto sono
tassativamente previste dalla legge e di norma, tranne alcune
eccezioni, l’adottato antepone al proprio il cognome dell’adottante.

Presupposto fondamentale è che i genitori dell’adottando prestino il
proprio assenso, qualora siano in condizioni tali da fornirlo.
I casi contemplati prevedono tale opportunità per:

1) persone unite al minore da parentela fino al sesto grado, ovvero da un rapporto stabile e duraturo quando il minore sia orfano di padre e di madre;
2) il coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
3) i minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’art. 3 della legge n. 104/92, e siano orfani di entrambi i genitori;
4) constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

Nei casi di cui ai numeri 1, 3 e 4 l’adozione è consentita oltre che
ai coniugi anche a chi non sia coniugato
(anche single).

I legami con la famiglia di origine permangono e in tale tipo di
adozione; gli adottandi non acquistano alcun diritto su eventuali beni
del minore adottato. Il minore, invece, è equiparato ai figli
legittimi
e concorre come ogni altro figlio nella divisione ereditaria
dei beni degli adottanti.

Va, infine, precisato che a differenza dell’adozione ordinaria
l’adozione in casi particolari può, nei casi previsti dalla legge,
essere revocata”.

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