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YouTube deve andarsene dall’Italia

Pensate che bello se dalla sera alla mattina sparisse YouTube dai vostri schermi. Pensate che bello se insieme a Youtube sparissero anche Hulu, Vimeo, Dailymotion e tutti i siti di video-sharing sul quali sono caricati più di 24 ore di video alla settimana.

Un limite che Youtube supera in qualche secondo e forse meno e che il governo ha deciso essere quello oltre il quale le piattaforme che ospitano video e contenuti audiovideo generati dagli utenti, sono considerate televisioni a tutti gli effetti, soggette alle stesse regole e gabelle che il governo ha istituito per le televisioni. E non è una questione di soldi, ma soprattutto una questione di libertà, perché piattaforme come YouTube si dovrebbero dare un controllo editoriale come quello prescritto per le televisioni e sottostare agli stessi limiti e avere le stesse responsabilità. Un delirio unico al mondo, mosso da un impulso preciso e notissimo: quello di favorire e difendere le televisioni, segnatamente quelle del Presidente del Consiglio.

È sicuramente una provocazione quella con la quale Wired ipotizza la fuga di YouTube dalla penisola, ma questa fuga è decisamente la cosa più desiderabile che ci sia. Inutile spendere soldi per fare ricorsi contro una legge lunare, inutile far finta di niente e poi subire le ire dei tutori della legge, la cosa migliore è davvero che YouTube se ne vada. Immaginate quanti si saranno preoccupati (di quelli che l'hanno saputo) della nuova legge made in Mediaset. Si può già concludere che siano ben pochi, non si è vista nessuna ribellione, nessuno scatto, non c'è un politico che si sia incatenato ai cancelli della RAI o davanti a Montecitorio per dare visibilità alla notizia e protestare, zero assoluto. Se fosse un tema sul quale c'è mobilitazione avremmo già visto qualche politico o qualche testata saltare in groppa all'occasione. E invece niente.

Pensate invece se YouTube abbandonasse l'Italia, e se lo seguissero le altre piattaforme, a cominciare da quelle che ospitano i video porno. Provate a immaginare Internet senza video condivisi, provate a immaginare legioni di pippomani orfani di YouJizz, Youporn e compagnia bella. Provate a immaginare i telegiornali, Repubblica e il Corriere privati della possibilità di usare e spacciare come proprio il frutto dell'ingegno e del lavoro di migliaia di utenti. Sarebbe un'occasione straordinaria per informare anche la parte di cittadinanza digitale più ottusa della clamorosa decisione del governo. Sarebbe l'occasione per assistere a una vera manifestazione a favore delle libertà digitali. Di vedere quei quattro sfigati che se ne occupano e che cercano di difenderle finalmente affiancati da folle oceaniche.

Poco importa se animate anche o solo dalla volontà di riavere il gratuito coadiuvante autoerotico che cola quotidianamente e gratuitamente dai loro personal computer, sarebbe comunque l'affermazione universale di un tema di discussione che finora ha interessato pochi appassionati e gli addetti ai lavori, anche se chiama in causa i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Quale straordinaria occasione per sensibilizzare milioni di italiani e italiane che utilizzano Internet senza preoccuparsi di quello che gli succede, di come funziona, dei problemi e delle opportunità che porta nelle nostre vite. Persone che fruiscono dei media tradizionali fregandosene della qualità e indifferenti al fatto che siano controllati tutti da un ristretto numero di persone e, per la maggior parte, da Silvio Berlusconi. Che fa la parte del leone e Internet non sa cosa sia, perché dice che per lui lo usa Gianni Letta. Ecco, spegnere i succedanei online della televisione è l'unica cosa che si può fare per richiamare l'attenzione degli italiani su questo scandalo e sulle numerose minacce che gravano sulla rete, prima fra tutte il tentativo di assassinare il principio della neutralità della rete, un omicidio già consumato nel silenzio nel nostro paese. Ecco perché spero e voglio che YouTube se ne vada dall'Italia e spero che accada al più presto, anche se so benissimo che non accadrà perché Google (che controlla YouTube) preferisce agire diversamente quando si confronta con il potere, dal quale riesce ad ottere vantaggi enormi in cambio di una evidente ritrosia a schierarsi contro il potere. Tra poteri ci si capisce.

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