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West Point condanna Obama

West Point condanna Obama

“Are you asking about Vice President Biden? Who’s that? Biden? Did you say Bite Me?” E’ una delle frasi colorite che il Generale Stanley McChrystal si è lasciato sfuggire nel corso di una lunga intervista al magazine Rolling Stone. Dichiarazioni al vetriolo e sparate contro l’Amministrazione Obama, che lo hanno portato (non si sa quanto sentitamente) a rettificare il tutto scusandosi. Tuttavia, la frittata è fatta, ed il dato su cui riflettere è l’insubordinazione (perchè è di questo che si tratta) di uno dei più alti ufficiali dell’Esercito degli Stati Uniti contro il proprio Comandante in Capo, Barack Obama.

McChrystal, uomo che mangia pochissimo e che è capace di farsi 16 chilometri al giorno di corsa, è colui che comanda tutto il comandabile in Afghanistan, dalle forze Usa a quelle Nato. E’ l’uomo dalle cui decisioni dipenderà l’esito della guerra contro il fondamentalismo islamico in quella regione, a meno che (come è possibile, se non probabile) venga rimosso dall’incarico, come fece Truman con MacArthur in Corea quasi sessant’anni fa. Davanti all’indecisionismo perenne di Obama, che non sa mai se sia meglio tendere la mano ai tagliagole di turno o se brandire l’arma dello scontro finale, il Generale è sbottato, prendendosela con tutto l’entourage del Presidente, a partire dal simpatico amico della bottiglia Joe Biden, quello che voleva dividere l’Iraq in base alle etnie ivi presenti come fosse una torta nuziale. Un fiume in piena, bordate a non finire, racconti dell’incontro alla Casa Bianca con Barack il Santo: “Fu una photo-opportunity di 10 minuti”, racconta un suo collaboratore, aggiungendo che “Obama chiaramente non sapeva nulla di lui, di chi fosse né sembrava troppo interessato.

Il caso di McChrystal non è il solo a segnare una frattura nei rapporti tra Amministrazione e Forze Armate. Tempo fa lo stesso Petraeus, una specie di eroe di guerra cui i Repubblicani guardano sempre con più attenzione in vista delle presidenziali del 2012, sì è permesso (dall’alto dei suoi recenti successi nella strategia di stabilizzazione dell’Iraq) di contestare la lentezza di Obama nell’adottare le decisioni necessarie in tema di politica estera e di difesa. La gravità della situazione è evidente ancor più se si pensa che l’attuale Presidente, pur di non inimicarsi le alte sfere militari, aveva confermato il bushiano Bob Gates al Pentagono, così come aveva lasciato al loro posto gli alti graduati. Eppure, non è bastato. Un corto circuito pericoloso che non fa altro che gettare ombre sulle possibilità, già scarse, di vittoria in Afghanistan. Una querelle che indebolisce la forza americana di porsi come interlocutore privilegiato nella risoluzione delle crisi regionali. Un’ennesima dimostrazione che Barack Obama, più che a Franklin Roosevelt, sembra sempre di più a Jimmy Carter.

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