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Vive la France! Come i francesi si mobilitano contro ogni forma di abuso

Il caso di Jean, figlio di Monsieur le Président, denota la voglia dei francesi di non farla passare liscia a nessuno. Qualcuno ha detto che i francesi sono degli italiani di cattivo umore, ma questo stereotipo non rende giustizia al comportamento di un popolo che quando si tratta di difendere i propri diritti e quelli della collettività non esita a schierarsi e a scendere in campo unito. Un popolo, anche fin troppo orgoglioso, ma dal quale c’è certamente qualcosa di buono da imparare.

Il caso Jean Sarkozy, mi ha fornito uno spunto per una serie di riflessioni, tra le quali ne spicca una particolarmente indicativa riguardo alle risposte che in Italia la massa governata oppone a tutte le iniziative della casta governante.

Il caso si è svolto in breve nel modo seguente: il secondo figlio del presidente francese Sarkozy, Jean, si era condidato per un incarico altamente prestigioso e strategico, ossia la presidenza del più grande quartiere d’affari europeo, l’Epad, che è gestito dallo Stato in quanto ente pubblico voluto da De Gaulle.

A soli 23 anni, con gli studi di giurisprudenza fuori corso, senza esperienza e titoli per l’incarico, la cosa ha suscitato da subito accuse di "nepotismo" nei confronti di Sarkozy e di suo figlio. 

Sia l’opposizione sia la stessa destra al governo hanno criticato il conferimento dell’incarico al giovane “rampollo”. Per di più, nell’arco di poche ore su internet è comparsa una petizione con 28mila firme contro la nomina.

Il giovane la sera del 22 ottobre in una diretta televisiva ha rinunciato alla carica.

Che la Francia non sia nuova al nepotismo, si sa, ma il casus belli è stato estremamente plateale e perciò ha suscitato un putiferio alquanto legittimo, tanto da indurre Jean Sarkozy a rinunciare.

La cosa mi ha fatto pensare e ripensare alla situazione del Bel Paese, dove né petizioni né particolari e agguerrite dichiarazioni di capi dell’opposizione né manifestazioni fanno retrocedere i capi del governo dal compiere errori costituzionali alquanto palesi, anche ai più disinformati.

Anche in questo caso, i francesi, i piedi non se li sono fatti pestare, ed hanno dimostrato di essere un popolo che ha gli attributi. Ho detto “anche” perché non è la prima volta che si mettono in azione quando le cose non vanno.

Infatti, nel 2006 stava per essere varata anche in Francia una legge “sorella” della nostra tanto amata legge 30 o Biagi, il CPE, ossia il Contrat Première Embauche ovvero il contratto di primo impiego che offriva ai datori di lavoro la possibilità di licenziare i lavoratori con meno di 26 anni nei primi due anni di impiego senza giusta motivazione.

Stranamente anche il Primo Ministro Dominique de Villepin, (come i nostri grandi “statisti”: Maroni in testa) riteneva che varando tale legge si poteva sconfiggere la disoccupazione giovanile ormai cronica anche in Francia.

Ma come abbiamo appena visto i francesi non sono come gli italiani! Sapete che cosa è successo?

Tutta la Francia si mobilitò: studenti, attivisti di sinistra, sindacati, la gran parte dell’opinione pubblica, tutti insomma, uniti contro lo spettro della futura precarietà e la minore tutela del diritto al lavoro delle fasce più giovani della popolazione.

Nei primi mesi del 2006 si svolsero numerose proteste nelle piazze di 150 città, con occupazioni di Università, e casi di guerriglia urbana persino.

Il 10 aprile del 2006 il Presidente Chirac ritirò il CPE e lo sostituì con una disposizione volta a favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

E’ inutile dire, viste le conseguenze in Italia, che hanno agito con lungimiranza, spirito nazionale e solidarietà... e soprattutto intelligenza.

D’altronde dal popolo che, nella sua gloriosa storia passata, si è opposto alla tirannide della monarchia assoluta, che ha opposto tutta la sua forza per combattere l’ingiustizia perpetrata da una casta feudale, tagliando la testa a re e regina, abolendo i privilegi dei nobili, proclamando i diritti dell’uomo e del cittadino, promulgando una Costituzione fino ad allora impensata in Europa, basata su liberté, egalité, fratenité, abolendo persino la schiavitù nelle colonie, non ci si poteva aspettare una reazione diversa. Non solo, un popolo che si dimostrò fedele al suo imperatore quando questi tornò dall’isola d’Elba per i famosi 100 giorni, sempre pronto e fedele nonostante gli errori di Napoleone. Beh che dire oltre, la storia è storia.

Ma non voglio fare un’”apologia” sulla storia dei nostri “cugini” transalpini, ma cercare dimettere in evidenza alcune caratteristiche, nettamente distinte e diverse da noi italiani, che hanno dato vita a veri e propri atti di affermazione della sovrana volontà di un popolo che anche ora non si smentisce. Dal popolo francese, ancora una volta, si dovrebbe imparare qualcosa, ...prima che sia tardi!

Qualcuno ha detto che i francesi sono degli italiani di cattivo umore. Se le cose stessero veramente così, con molta probabilità, la nostra situazione socio-politica sarebbe di gran lunga diversa.

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