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Unipol: processo velenoso

Unipol: processo velenoso

Paolo Berlusconi, fratello del premier Silvio Berlusconi, editore del quotidiano – Il Giornale - e socio di minoranza del gruppo Mondatori, ritorna a far parlar di se attraverso il caso Unipol.

Un’indagine delicata, che tocca, come una pallina pazza i punti cardini dell’alta Finanza italiana e di conseguenza uomini politici.

La Procura di Milano vorrebbe incriminarlo per ricettazione; stando all’accusa, Paolo Berlusconi, nel 2005, avrebbe comprato materiale audio compromettente, per occultarlo, o forse, per usarlo come strumento di ricatto politico. La trattativa si sarebbe svolta ad Arcore, a casa del premier.

Quel che non appare chiaro è come sia stato possibile che, uno stralcio di questo compromettente audio, sia poi finito pubblicato sul Il Giornale il 31 dicembre 2005: subito dopo l’acquisto dell’audio da parte di Paolo Berlusconi.

Lo stralcio di conversazione pubblicata dal Il Giornale riguarderebbe Giovanni Consorte, al tempo a capo dell’Unipol e il diessino Piero Fassino, questo direbbe al primo: "Abbiamo una banca".

L’ennesimo tentativo stragista, la pubblicazione parziale dell’intercettazione acquistata, di inviare messaggi occulti a chi deve capire?

Visto gli interlocutori, uno a capo delle coop rosse e l’altro leader di un partito di sinistra, è ipotizzabile, che la pubblicazione sia servita come forma di ricatto o come messaggio da inviare a qualcuno? Dopotutto la banca rossa rischiava di guadagnare poteri pericolosi e fette di mercato vertiginose.

Senza considerare che al tempo della pubblicazione parziale del testo, il file audio, non era stato ancora trascritto, né depositato agli atti, né registrato, ma riposava nei computer dei pm, della GdF e dell’azienda che si occupava, per mandato della Procura, di eseguire le intercettazioni.

L’azienda era la Research Control System, di Roberto Raffaelli e proprio lui concluderà l’affare con Paolo Berlusconi, accompagnato dal suo amico, imprenditore, Fabrizio Favata.

Un caso di spionaggio?

Guarda caso, capendo il peso di quanto intercettato, il Raffaelli non ci penserà su due volte e informerà la contro parte politica di quanto ascoltato: forse, una trattativa già avviata da tempo? Del tipo, se ascolti qualcosa di ’’buono’’ mi chiami?

Oltre al denaro, il Favata e il Raffaelli, dalla vendita, otterranno favori e affari, soprattutto in Romania, proprio dove, al tempo, i Berlusconi operavano tutt’altri interessi.

Ma di cosa parliamo?

Bancopoli, il nome dato dalla stampa agli scandali finanziari dell’estate 2005.

Prima è bene imprimerci nelle teste di cosa stiamo parlando, l’Unipol è il forzino rosso, la finanza di sinistra, un confine netto con le altre banche citate nel caso che sembra offuscarsi toccando i vertici della finanza in un gioco al massacro.

Il 25 luglio 2005 la procura di Milano sequestrava i titoli di Antonveneta detenuti dalla Banca Popolare Italiana, diventata poi BPL. Le indagini, iniziate il 2 maggio, erano condotte da due pm: Eugenio Fusco e Giulia Perrotti.

Le indagini evidenziano da subito l’intima amicizia tra Giampiero Fiorani e l’allora Governatore della Banca di Italia, Antonio Fazio.

Qui il testo integrale dell’ordinanza del gip che portò all’arresto di Fiorani.

Come è facilmente ipotizzabile questa amicizia permetteva alcune ’’ accortezze ’’ da parte di Fazio nei confronti della scalata di Fiorani, ma quest’ultimo avendo amici a destra, amici importanti, è ancor più ipotizzabile che lo stesso sia stato indicato come l’uomo in grado di contrastare la scalata di Unipol, stranamente però, si dirà che l’Unipol rastrellava azioni per conto di Fiorani e i confini, tra banche di destra e le cooperative rosse si affievoliscono fino a scomparire.

Il 16 settembre 2005 Fiorani si dimette dalla carica di amministratore delegato, le accuse mosse contro di lui: aggiotaggio, insider trading e ostacolo delle attività di vigilanza della Consob, falso in bilancio, falso prospetto e falsa dichiarazione a pubblico ufficiale.

Nel parlamento scoppia lo scandalo, l’indignazione e le polemiche.

Patti segreti, violazioni del segreto di ufficio, indiscrezioni ad orologeria, dimissioni nei cda delle banche e istituzioni coinvolte nell’inchiesta. Tutto sembra alimentare la volontà di rendere impossibili le indagini dei pm.

Il 12 gennaio 2005 Silvio Berlusconi annunciava, durante una puntata di Porta a Porta di essere in possesso di importanti fatti riguardanti l’implicazione dei Ds nella questione Unipol; fatti acquisiti ascoltando l’audio comprato?

Convocano dai magistrati, Silvio Berlusconi, ritrattava quando detto in puntata, ridimensionando le sue stesse dichiarazioni, finirà in un nulla di fatto.

Non è ancora nota la fonte che ha permesso la pubblicazione di quello stralcio di testo da parte de Il Giornale, certo, se non rivelante ai fini delle indagini, il testo, a scatenato un pandemonio mediatico. Durante una audizione parlamentare, del 2005, di uno dei componenti di maggior rilievo dei servizi segreti italiani, si ascolteranno i parlamentari diessini chiedere all’agente di astenersi da ogni intervento che poteva condizionare le prossime elezioni del 9 aprile.

Fiorani avrebbe in un primo momento confermato ai pm la concessione di prestiti a condizioni agevolate ad esponenti politici di destra per il salvataggio di Fazio, e la banca leghista Credieuronord.

Dall’interrogatorio a Fiorani sarebbero anche emerse la dazione di somme di denaro in contanti a politici, tra cui Roberto Calderoli e Aldo Brancher, Lega Nord e Forza Italia.

Mentre Fiorani rilasciava dichiarazioni pungenti durante il suo interrogatorio, Giovanni Consorte, uomo finito nel mirino della giustizia, a sua discolpa, pone interrogativi a smantellare le ipotesi d’accusa.

Dichiarazioni rilasciate nel 2007 a Libero.

  • Perché il dott. Paolo Mieli ha detto ad Alberto Nagel, direttore generale di Mediobanca che Consorte doveva pagare perchè si era prestato a operazioni finanziarie per conto di D’Alema?

  • Perché, in altre circostanze, la stessa accusa di cui sopra, venne fatta a Consorte da Giuliano Amato?

Consorte chiede una controindagine su chi ha fatto fallire l’opa di Unipol su BNL.

Quando Unipol dichiarava la sua intenzione alle autorità, rilasciava tutti i prospetti sull’opa, documenti necessari, piano industriale e le informative sull’aumento di capitale Unipol in vista dell’acquisizione su BNL, dovette aspettare sei mesi prima di avere una risposta conclusiva da BanKitalia.

- In nessun altro caso, - dice Consorte, - si è mai verificata attesa tanto lunga, attesa poi finita con un rigetto di Via Nazionale, quando a voce, gli era stato dato l’ok -.

I magistrati suppongono che dietro questo strano ritardo ci sia Fazio su suggerimento di Fiorani, ma quindi l’Unipol non rastrellava azioni per Fiorani?

Consorte dice che - a Unipol che intendeva dare denaro liquido si è preferita la Banca Bilbao che pagava carta su carta - continua – ma come si fa a dare alla vicenda una valenza politica, quando dalla pubblicazione delle telefonate intercettate si ha la prova che i politici chiamavano me -.

Su Fiorani dice: "La Popolare di Lodi ci offrì le sue quote BNL ma scoprimmo che le aveva già vendute alla Deutsche Bank e lo comunicammo alla Consob".

(intervista a Libero di O. Giannino)

Interessante un’altra affermazione di Consorte fatta ad un giornalista telefonicamente e riportata nel 2005: "Sono interessato alle telecomunicazioni (Telecom, ndr). C’è un problema di democrazia".

Che voleva dire? Al tempo era già, tramite Hopa, nel consiglio Olimpia.

Per i pm non è facile sbrogliare la matassa, ci sono da vagliare dichiarazioni su dichiarazioni, testimonianze, nomi che si susseguono e conti correnti da inseguire anche in Svizzera.

Sotto torchio finisce anche Claudio Zulli, professionista di fiducia di Giulio Tremonti. Stando alle intercettazioni, Zulli avrebbe garantito l’appoggio al Ministro nella operazione Unipol – BNL di cui era estensore dello stesso prospetto. Durante l’interrogatorio di Fiorani a seguito del suo arresto emergono altri interessanti spunti.

Il principale riguarda Aldo Brancher, uomo di Silvio Berlusconi e tramite tra Lega Nord e Forza Italia. A carico di Brancher affidamenti da parte di Banca Popolare di Lodi per un totale di 400 mila euro, 300 mila provenienti dal conto intestato a sua moglie. Secondo Fiorani era Brancher il misterioso ’’personaggio romano’’ che, anche stando alla testimonianza di Donato Patrini, indicava i politici che la Popolare di Lodi doveva finanziare. Inoltre Fiorani ha indicato, sempre durante l’interrogatorio, che a gestire i rapporti con la talpa era Stefano Ricucci.

Nell’ordinanza che ha portato in carcere Fiorani, e che costerà caro a Clementina Forleo, si leggerà: Il Consorte veniva indicato dal Fiorani come soggetto che aveva partecipato alla loro iniziativa acquisendo azioni Antonveneta.

Ad avvalorare questa controversa amicizia (Consorte–Fiorani), un prestito di 4 milioni concesso da BpL al numero di Unipol e altri 4 al suo vice Ivano Sacchetti, somme versate il 28 dicembre 2004, proprio quando partiva la scalata all’Antonveneta. Servivano al Consorte per rastrellare azioni per conto di Fiorani?

Ma che fine fa la dichiarazione di Consorte sulle quote offerte da Fiorani e invece poi vendute alla Deutsche Bank? Qualcuno mente.

Probabile ma assolutamente di minore importanza.

Il problema vero sono le banche e il potere che da esse si dipana lambendo ogni ambito.

Non è soltanto un potere finanziario, il loro è un potere capace di dirigere le masse, di piegare e assoggettare le culture, in grado di dirigere i popoli e le politiche, di gestire le guerre e la pace.

Se è vero che il signoraggio è la prima causa del debito pubblico, del fallimento di intere nazioni è pur vero che nessun potente, governante, ha l’intenzione di rompere questo legame velenoso.

Basterebbe tornare a stampare la moneta, basterebbe questo, per ridare giustizia ai popoli!

Negli articoli giornalisti di allora, nelle interrogazioni parlamentari, nelle procure si parlava di continui passaggi di soldi e regali da una lobby all’altra.

Un sistema cavilloso, caratteristica non solo italiana, ma del capitalismo.

Questi i personaggi usati per dare ombra ai veri responsabili?

Consorte sembra proprio non starci e se deve cadere Sansone che cada insieme a tutti i filistei.

Li vuole proprio tutti sul banco degli imputati. Tutto lo stato maggiore del centrosinistra, una spruzzata di centrodestra, i vertici della Banca d’Italia, delle Generali e funzionari delle maggiori banche d’affari nazionali.

Ecco i nomi che Consorte chiese fossero ascoltati in aula:

Consigli d’amministrazione e del collegio sindacale sia dell’Unipol che della controllante Finsoe e della finanziaria Holmo, il presidente della Consob, Lamberto Cardia e i vertici delle Assicurazioni Generali: il direttore generale Raffaele Agrusti, il presidente Antoine Bernheim, gli ex amministratori delegati Fabio Cerchiai e Gianfranco Gutty, Aldo Minucci.

Consorte e Sacchetti chiedono che vengano ascoltati, tra gli altri, Bruno Bianchi, Giovanni Castaldi e Claudio Clemente.

Per l’Isvap il presidente Giancarlo Giannini e Flavia Mazzarella. Chiamati in causa anche Diego Della Valle e Luca Cordero di Montezemolo oltre al banchiere d’affari Arnaldo Borghesi. Poi i grandi banchieri in sfilata: Francesco Antonio Caputo Nassetti, Vincenzo De Bustis e Pier Stephane Bernard Brugiere (Deutsche Bank), Andrea Bottaro (Banca Profilo), Giacomo Burro (Carige), Michele Calzolari (Centrosim), Giorgio Cirla (Interbanca), Giulio Codacci Pisanelli (Bnp), Pietro D’Aguì (Bim) Luigi De Vecchi (Credit Suisse), Edward Giuseppe Duval e Francesco Perilli (Euromobiliare), Giampiero Fiorani (ex Popolare Lodi), Fabio Genovese (Nomura), Mario Girotti (Bnl), Fabio Innocenzi (Popolare Verona e Novara), Giampietro Nattino (Finnat).

Del nascente Pd: D’Alema, La Torre, Fassino e Sposetti, secondo Consorte, ’’potranno riferire sul ruolo di sostegno all’operazione Bnl – Unipol svolto nei confronti di referenti politici ed organizzazioni economico-finanziarie di interesse nazionale contrarie all’operazione”.

Chiamati in causa anche Pierferdinando Casini e Gianni Alemanno i quali potranno “riferire in ordine alle ragioni tecniche delle dichiarazioni relative all’opportunità che Unipol lanciasse l’Opa obbligatoria su Bnl”.

Motivazione ben più compromettente, quella che porterà a chiedere la testimonianza di Pier Luigi Bersani. ’’L’attuale leader del Pd potrà riferire circa i rapporti intrattenuti con i membri del patto Bnl e le organizzazioni economico-finanziarie di interesse nazionale“. E poi ancora: Fausto Bertinotti, Francesco Rutelli, Walter Veltroni, Vincenzo Visco fino al produttore cinematografico Tarak Ben Ammar, il banchiere d’affari Guido Roberto Vitale e l’economista Marco Onado. (fonte Panorama)

Notizia di alcuni giorni fa relativa allo svolgimento del processo: ’’Ma ad un certo punto una teste che stava deponendo si è ritrovata letteralmente ’intimidita’ da uno dei pennuti che ’circolava’ attorno alla sua testa. Cosi’ è diventato evidente che anche per i tre giudici del collegio presieduto da Giovanna Ichino i volteggi dei tre ’ospiti’ avevano superato davvero ogni limite. Così l’udienza è stata spostata. E i piccioni hanno potuto ’godersi’ l’aula in solitudine’’. ( Libero )

 

 

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