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Una strategia comune per Hollande e Bersani

L’Italia non si governa in Italia, ma a Bruxelles. 

E allora è a Bruxelles che bisogna operare per l’affermazione di una linea politica alternativa a quella rigorista della Germania. Le condizioni sono favorevoli: Hollande ha vinto, il duo Merkel/ Sarkozy non esiste più, il potere del cancelliere tedesco incomincia a disintegrarsi; la bomba greca, innescata dalla linea rigorista, impone all’Europa un cambiamento di marcia.

La Merkel continua imperterrita a sostenere la linea rigorista, anche nei confronti di Hollande. Le dichiarazioni di apertura alla crescita sono sempre accompagnate da puntualizzazioni sul rispetto della linea del rigore e sull’intendimento di non arretrare dai suoi principi.

Il presidente francese non può essere lasciato solo nel confronto con la Merkel.

Bisogna muoversi per isolare politicamente la Merkel, la cui forza certamente deriva dalla forza economica del suo Paese, ma anche dall’inerzia politica degli Stati che avversano la linea rigorista. Se non si opera in questo senso, sarà Hollande ad essere isolato.

L’Europa è a un bivio: o si costruisce diventando un soggetto politico, o implode. E allora, caro Bersani, se non ora quando?

In questo confronto/scontro, l’Italia e i paesi in crisi, giocano un ruolo decisivo che devono utilizzare, per impedire ad Hollande di fare un passo indietro, di rinunciare alla rinegoziazione del trattato di bilancio Ue, in cambio di un capitolo sulla crescita. Allora che ci sta a fare Bersani in via delle fratte. Cosa aspetta ad andare da Hollande e definire i termini di modifica del trattato sul bilancio, il tipo di crescita da promuovere. Cosa aspetta ad inviare D’Alema a definire con i gruppi socialisti al Parlamento europeo una linea comune per la costruzione dell’Europa come soggetto politico?

In ogni caso è necessario concordare una linea di azione comune a più vasto raggio, con i Paesi europei in crisi, per gli eurobond, la trasformazione della Bce in banca di ultima istanza, per la revisione del patto fiscale, insomma per una politica di integrazione che non si può fermare al bilancio. E ciò in linea con quanto auspicato da Napolitano per il superamento di ogni remora allo sviluppo dell’Unione politica europea, ancorata ad indispensabili basi istituzionali, quale unica alternativa alla perdita di rilevanza dei singoli paesi europei e del nostro continente.

Se tutto ciò avviene prima dell’incontro con la Merkel, il Presidente francese, confortato dall’appoggio di degli Stati meridionali e dei gruppi socialisti, avrà maggiore forza contrattuale rispetto al cancelliere tedesco.

 

 

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