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Una cosa sulla declassificazione degli atti sulle stragi

Ovvero Ustica, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, Rapido 904 e Stazione di Bologna.

Brevissimamente: è un’ottima cosa, un provvedimento dovuto, atteso e giusto nei principi. Questi sono documenti che risiedono in luoghi diversi, diversi ministeri, diversi uffici, a cui la magistratura ha potuto accedere solo in quei casi in cui essa poté venire a conoscenza della loro effettiva esistenza. Quindi non sempre e non pienamente.

Detto questo – al netto della correttezza istituzionale nel poter offrire ai parenti delle vittime ed al paese intero un pezzo di memoria storica fin qui appannato -, temo che questi documenti declassificati non sveleranno nulla di straordinario. Anzi. Come spesso succede in Italia, a buone ricostruzioni giornalistiche si affiancheranno un’incredibile sequela di ulteriori fregnacce ad effetto. Qualsiasi eventuale rivelazione – anche piccola o irrilevante – sarà manipolata in un modo o nell’altro, per portar acqua a questo o a quel mulino.

Seguiranno ulteriori teorie del complotto che manderanno in vacca ogni successivo tentativo di razionalizzazione di alcuni fatti non ancora chiari e storicizzati. La ricerca della “verità” – difficile, complessa, faticosa e mai definitiva – lascerà spazio alla volontà delle persone di trovare semplicemente conferma alle proprie incolte paure e ai propri scoordinati sospetti.

La conoscenza e l’informazione richiedono un inevitabile background di ulteriore conoscenza ed informazione, per poter essere ben inquadrate ed inserite in uno schema concettuale coerente. Questo compito – che riguarda i massimi sistemi di una società, lo capisco – è responsabilità in primis del mondo dei media, in secondo luogo delle forze politiche. In questo paese c’è carenza di saggezza nell’una e nell’altra categoria.

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