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Una Vita in TIR

Di Angela Daly. Traduzione di Matteo Preabianca. Qui l'articolo in lingua originale

A Melbourne, dal 17 settembre al 12 ottobre, vi è stato il Lavazza Italian Film Festival. Tra i tanti film, più o meno impegnati, attira il mio interesse TIR. Il docu-drama non è la tipica fotografia de La Dolce Vita. Infatti, durante la proiezione al cinema di Balwyin, due persone del pubblico lasciano, dopo neanche venti minuti e un uomo sui sessanta medio borghese grida “dateci i soldi indietro” alla fine del film.

La Vita non è affato Dolce per il protagonista, Branko (Branko Zavrsan), un bosniaco di mezza età, ex-insegnante in patria convertito in camionista per una azienda italiana di trasporti. Lo seguiamo nei suoi viaggi lunghi e estenuanti in giro per l'Europa, trasportando principalmente prodotti agricoli, apparentemente senza fine. E' lontano dalla moglie, dal figlio e dal nipote per diversi mesi – ma il salario, tre volte superiore a quello di un insegnante – sembra ne valga la pena.

La monotonia quotidiana è ben rappresentata – forse troppo ben rappresentata per gli spettatori australiani. Tuttavia, la storia di Branko rivela anche una verità profonda riguardo la condizione dell'Europa contemporanea, in particolare le realtà di molti immigrati sottopagati e sfruttati. A Branko viene chiesto di guidare oltre il limite di ore consentite per legge; probabilmente un suo ipotetico collega dell'Europa dell' ovest rifiuterebbe. Si addormenta, a volte, al volante, solo per una manciata di euro extra. Intanto, la moglie, a casa, cerca di convincerlo nel tornare a insegnare: una qualità della vita migliore vs. un salario ridotto?

Nel frattempo, i camionisti italiani, rimpiazzati, sempre più, dai loro colleghi dell'est Europa, stanno scioperando per ottenere dei contratti e salari migliori. E' uno spaccato degli attriti, tendenti al razzismo. Quando le politiche neo-liberiste in Europa vanno a braccetto con la manovalanza portata dagli immigrati.

Inoltre, TIR ci suggerisce la futilità dell'infinito trasporto di merci (patate, mele, maiali, ecc.) da un Paese all'altro. Tempo, energie e risorse umane (spesso malpagate e brutalizzate) coinvolte in questa pazza rete di trasporti.

Lontano dai cinepanettoni e dalla facile commedia, TIR è un film importante poiché mostra l'Italia odierna, distaccato dalle atmosfere vacanziere e cliché culturali che dominano l'immaginario collettivo, all'estero e non solo, del Bel Paese. 

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