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Un premier che non risparmia. Sciocchezze

Dall’inizio della sua avventura a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha espresso soprattutto un concetto: gli italiani hanno paura e quindi risparmiano. In astratto il concetto non è folle (basti pensare alla componente precauzionale del risparmio, a fronte di condizioni di forte incertezza sul futuro). Il problema sorge perché Renzi, da quel dì, ha cominciato a monitorare il tasso di risparmio come indicatore della paura degli italiani, e null’altro.

A poco è valsa la spiegazione tecnica di Pier Carlo Padoan, circa la ricostituzione del tasso di risparmio che si verifica quando si esce da una recessione: Renzi, quando si mette d’impegno, è cocciuto come pochi.

Solo che, padroneggiando in modo approssimativo i temi economici, questa sua cocciutaggine è ad alto rischio di far finire lui nel ridicolo e noi nei guai. Un esempio lo abbiamo avuto nel suo ultimo bollettino Enews:

«Perché ciò che ha bloccato l’Italia è stata soprattutto l’incertezza. Abbiamo il risparmio privato più alto dell’Occidente, una montagna di denari fermi e immobilizzati dalla mancanza di prospettiva»

Prego? Tentiamo di analizzare i concetti. L’incertezza, si diceva. Qui pare che Renzi ribadisca il concetto che gli è più caro: il tasso di risparmio aumenta solo ed esclusivamente per effetto dell’incertezza. In realtà, abbiamo altri problemi, con questa frase. A quale risparmio si riferisce, il premier? Al flusso di risparmio annuale, quello in cui si verificano oscillazioni della quota di reddito disponibile non immediatamente consumato, o allo stock di risparmio accumulato nel tempo, cioè la ricchezza delle famiglie italiane?

Letta così, pare che Renzi non abbia affatto chiara la distinzione tra stock e flusso. Ma questa, pur se non lieve, non è la lacuna più grave. Che significa, esattamente, che avremmo “una montagna di di denari fermi e immobilizzati dalla mancanza di prospettive”? Se parliamo di stock, cioè di ricchezza delle famiglie italiane, essa si sostanzia in immobiliare e mobiliare, cioè case ed attività finanziarie. Tra esse, abbiamo azioni, obbligazioni del settore privato, titoli di stato, fondi comuni di investimenti, polizze vita, depositi bancari eccetera.

Sotto che aspetto queste attività mobiliari possono essere definite “denari fermi e immobilizzati dalla mancanza di prospettive”? Sembra che Renzi creda che gli italiani tengano i propri risparmi in contanti, in una scatola da scarpe sotto il pavimento o in cantina, anziché impiegarli in azioni, obbligazioni, depositi, titoli di stato. E questa sembra essere una concezione mainstream nel Pd, visto che concetti simili li ha espressi tempo addietro Andrea Romano in una assai poco commendevole comparsata televisiva in cui sosteneva, renzianamente, l’esigenza di tassare di più “la rendita finanziaria”, assimilandola alla tesaurizzazione di denaro liquido in cantina o in solaio.

E questo dal governo che ha tassato i frutti del risparmio investito in strumenti finanziari emessi da privati, che sono o sarebbero l’essenza dell’impiego produttivo del risparmio, ed ha lasciato la tassazione “agevolata” sui titoli di stato, riuscendo persino a considerarli “non ricchezza“, in una delle pagine più folli del nonsenso che pervade la politica italiana ed il suo quotidiano frastuono. Salvo poi lamentarsi della scarsità quantitativa e qualitativa degli investimenti ed inventarsi degli improbabili ed irrealizzabili “crediti d’imposta” per fondi pensione e casse previdenziali di categoria.

Quindi no, non è vero che gli italiani hanno “una montagna di denari fermi e immobilizzati”. E no, continua a non risultarci chiaro il rapporto tra Matteo Renzi ed il risparmio. Come non lo è neppure all’interessato. Il che è potenzialmente pericoloso per noi risparmiatori e contribuenti.

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