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 Home page > Attualità > Politica > Un dibattito sul nulla al capezzale di un moribondo

Un dibattito sul nulla al capezzale di un moribondo

A questo è somigliata, fino ad oggi, la campagna elettorale, mentre nessuno ha il coraggio di dire agli italiani quanto grave sia la situazione e quanto ancora lunga da fare, e faticosa, la strada per uscire dalla crisi.

Immaginate di soffrire di una lunga malattia che vi stia portando inesorabilmente verso la tomba. Nessuno vi ha proposto davvero delle cure, fino ad ora. Solo un paio di medici sono riusciti a rallentare il decorso del vostro male, a costo di mettervi a dieta e farvi deglutire delle medicine dal sapore orribile.

Si presenta a voi un nuovo dottore. Non vi dice nulla riguardo alle vostre condizioni di salute. Vi assicura, però, che se sceglierete lui non dovrete più stare in dieta né prendere medicine.

“E la mia malattia?”, vi pare il caso di chiedergli.

“Ma vuole proprio parlare di quello?”, vi risponde lui, “piuttosto, non le piacciono i francobolli?”.

Un dialogo del genere è quello che sta avvenendo tra cittadini e politica nel corso di questa campagna elettorale.

Le varie forze politiche fanno a gara nel promettere di diminuire la pressione fiscale, senza però dire dove diavolo taglierebbero le spese per far quadrare i conti. Non spendono una sola parola per commentare i dati disastrosi della produzione industriale (secondo l’Istat, novembre 2012 è calata del 9,3% rispetto allo stesso mese di due anni fa) né accennano a come intendano far recuperare all’Italia il suo deficit di competitività. Quanto al grande male di cui soffre il paese, quello che in ultima analisi lo sta uccidendo, la scarsissima efficienza del settore pubblico, neppure una parola. La nostra giustizia civile è tra le ultime al mondo per celerità, peggio di noi solo la Somalia e qualche altro paese nell’abisso, e la nostra pubblica amministrazione di gran lunga la peggiore tra quelle dei paesi sviluppati, ma questi temi sono tabù. Un costo del lavoro bassissimo (tanto da avere di fatto ucciso il mercato interno) non riesce ad attrarre alcun investimento dall’estero, mentre imprese italiane delocalizzano addirittura in Svizzera, ma ai nostri politicanti non pare sia il caso di spiegare cosa intendano fare per cambiare questo stato di cose.

Un tempo avrebbero commentato: “I problemi reali sono ben altri”. Oggi?

Ricordate la scorsa campagna elettorale? L’Italia era già in crisi da un ventennio e solo la congiuntura internazionale ancora favorevole mascherava, e solo parzialmente, la gravità delle sue condizioni. Bene, nel paese più sicuro d’Europa o quasi, e con una percentuale d’immigrati bassissima, allora si discusse solo d’immigrazione e sicurezza. Un’assurdità.

Oggi, in attesa di trovare un qualche tema (quello delle unioni civili tra persone dello stesso sesso potrebbe andare benissimo) su cui i nostri capi e capetti possano lasciarsi andare a roboanti dichiarazioni senza troppo temere di scontentare il proprio elettorato, il dibattito avviene, in punta di fioretto, attorno alle questioni della più vezzosa ed inutile politica politicante, tra partiti post-moderni impegnati in una continua ridefinizione della propria identità.

Tutti precisano d’essere di sinistra, destra o centro e accusano avversari ed alleati di essere invece troppo di qui o di là, ma nessuno spiega in cosa si concreti il proprio stare da questa o quella parte.

Siamo di X e appoggiamo Y. Benissimo, ma per fare cosa?

Silvio Berlusconi, l’uomo che ha governato più a lungo durante questo ventennio perduto (la nostra economia è tornata ai livelli dei primi anni ’90) è l’unico ad avere la risposta pronta. Lui non ha sbagliato proprio niente, ha capito sempre tutto e se dovesse tornare al potere, magari per interposta persona, continuerebbe a fare quel che già ha fatto: un bel niente, almeno per il paese. Può permetterselo: è quello che da lui si aspetta il suo elettorato, convinto che l’Italia non abbia in realtà alcun problema, se non quelli causatigli dai comunisti sempre in agguato.

Gli altri svicolano. Non metteranno nuove tasse. Benissimo. Nessuna patrimoniale (l’ha detto oggi Bersani), in attesa di far pagare gli evasori. Bene ancora, anche se la lotta all’evasione andrebbe fatta prima e contabilizzata solo poi. Fine. Al massimo dicono (ancora Bersani) che “bisogna muovere un po’ l’economia per far riprendere i consumi”. Grazie.

La verità è che nessuno può onestamente promettere agli italiani altro che sudore e lacrime, e che l’unico dibattitto che abbia senso dovrebbe avvenire attorno al modo in cui distribuire questi sacrifici. Tutto il resto è aria fritta. E’ discutere di filatelia al capezzale di un moribondo.

Ma con certi discorsi non si vincono le elezioni?

Un malato grave, deve solo essere informato della natura della propria malattia, e di quali scopi questi si prefiggano, perché accetti di sottoporsi and interventi anche molto dolorosi.

Un medico, magari benintenzionato, che per distrarlo gli parli d’altro, ben difficilmente se ne guadagnerà però la fiducia. Riuscirà, molto più probabilmente, solo ad insultare la sua intelligenza.

Quello che i nostri politicanti stanno facendo da decenni con le nostre.

Commenti all'articolo

  • Di fernanda cataldo (---.---.---.208) 19 gennaio 2013 12:20
    fernanda cataldo

    eccellente la comparazione tra malattia e politica.

  • Di (---.---.---.29) 19 gennaio 2013 13:57

    Unioni civili tra omosessuali, adozioni per coppie gay,totale assenza di regole per la pratica del’aborto, eutanasia free (da estendere a disabili, magari) liberalizzazione di tutte le droghe e quant’altro potrà servire per anestetizzare ulteriolmente un popolo che da troppo tempo ha smarrito decoro, consapevolezza ma soprattutto dignità che fa rima con civiltà.

  • Di (---.---.---.194) 19 gennaio 2013 19:47

    A proposito di malattia >

    Monti ora ammette che c’è la crisi, ma subito aggiunge che “anche un ragazzino” sa che, presa la medicina, ci vuole del tempo perché passi la malattia.
    Forse non lo hanno informato che, con la sua ricetta del “rigore”, mese dopo mese lo stato di salute del paese è andato vieppiù peggiorando (come Debito, disoccupazione, inflazione, ecc.).

    Per Monti si potrà alleggerire la pressione fiscale purchè ad ogni riduzione corrisponda “un taglio alla spesa pubblica”. Stando ai primi passi della sua spending review c’è da chiedersi quanti reparti ospedalieri chiusi e posti letto in meno vale il taglio di 1 punto di tasse.

    Anche dietro parole “forbite” possono echeggiare i toni di un Dossier Arroganza
     

  • Di (---.---.---.194) 19 gennaio 2013 19:57

    Fiction >

    Gli esponenti delle varie forze politiche stanno facendo a gara nel prospettare, in caso di vittoria, una riduzione, più o meno accentuata, della pressione fiscale.
    Non è dato tuttavia sapere se e come verrà evitato il previsto aumento di 1 punto dell’Iva sui generi di largo consumo.

    Formalmente sono altresì concordi sull’esigenza di mantenere in equilibrio i conti pubblici. Non mancano così le proposte di rimodulazione delle aliquote o di “scambio” delle fonti di prelievo fiscale.
    Questo però non basta a risollevare l’economia interna.
    Occorre un’iniezione di risorse aggiuntive.
    Sarebbe tuttavia “pernicioso” andare al voto prospettando ulteriori forme di tassazione.
    Che fare?
    Per tenere in pareggio il bilancio non resta che il taglio della spesa pubblica.
    Trattandosi di servizi alla collettività, operare dei tagli è operazione facile a dirsi, ma “rischiosa” da declinare.
    Ecco allora circolare proposte alquanto “evasive” su cosa e quanto tagliare.

    Sintesi. Finora si è fatto di tutto in nome del “rigore”.
    In vista delle elezioni cambiano le parole da usare. Non cambia la caccia al Consenso Surrogato di chi è sensibile alla fascinazione mediatica …

  • Di Cesarezac (---.---.---.252) 23 gennaio 2013 22:04
    Cesarezac

    Daniel, tutto giusto quello che lei dice, specialmente sulla giustizia,ma trascura una fatto basilare: il presidente del consiglio dispone di poteri assai ridotti , pertanto non gli è possibile varare riforme che non siano accettate da tutte le componenti istituzionali.

    In assenza di una sostanziale riforma dell’architettura istituzionale continueremo ad essere un Paese fermo nell’immobilismo.

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