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 Home page > Attualità > Politica > Un appello contro la discriminazione dei rom

Un appello contro la discriminazione dei rom

Amnesty International ha promosso un appello, rivolto al presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, per contrastare la discriminazione di cui sono oggetto i rom in Italia. Per firmare l’appello è sufficiente visitare il sito www.amnesty.it.

In una nota di Amnesty sono indicate le motivazioni alla base dell’appello.

“Sgomberi forzati, segregazione e discriminazione: davvero non esiste un luogo che possa considerarsi casa per le migliaia di rom che vivono nei campi in Italia.

Vivere in squallidi campi con un accesso minimo o addirittura nullo ad acqua ed elettricità è una realtà per molti rom.

Invece di aiutare gli uomini, le donne e i minori a vivere in condizioni più accettabili, le autorità italiane li sgomberano forzatamente, spesso con un preavviso così breve da non dare loro il tempo necessario per raccogliere i loro averi.

Le famiglie spesso sono sgomberate senza che venga offerta loro una sistemazione alternativa, e questo spesso le obbliga a costruirsi un nuovo riparo in qualche altro posto oppure le lascia senza una casa.

Altre volte, i rom vengono trasferiti in campi ‘autorizzati’ in zone isolate. Allontanati dagli occhi di tutti, segregati in campi circondati da barriere e telecamere, queste famiglie incontrano grandi difficoltà nell’accedere anche ai servizi di base come scuole, negozi e assistenza sanitaria.

Queste sono forme di discriminazione e la discriminazione è vietata dal diritto internazionale…”.

Nell’appello si invita il presidente Monti ad attivarsi per:

- porre fine agli sgomberi forzati (per esempio, proibendoli nella legislazione nazionale ed emanando delle linee guida per garantire che a qualsiasi funzionario coinvolto negli sgomberi forzati siano fornite indicazioni chiare sulle garanzie che devono essere prese in considerazione affinché uno sgombero avvenga legalmente, in conformità con gli obblighi internazionali in materia);

- promuovere l’eliminazione della segregazione (per esempio, sospendendo tutti i “piani nomadi” attualmente in vigore e redigendo nuovi piani insieme alle comunità interessate e finanziando la loro attuazione);

- offrire ai rom un pari accesso a un alloggio adeguato (per esempio, rimuovendo qualsiasi ostacolo che possa essere discriminatorio nei loro confronti nell’accedere all’edilizia popolare).

Io sono pienamente d’accordo con i contenuti dell’appello e invito pertanto tutti a firmarlo.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.109) 14 settembre 2012 15:04

    Potresti per cortesia dirmi se lo stesso appello Amnesty lo ha rivolto anche agli altri paesi UE ,per esempio nei confronti di Francia e Germania ,paesi che hanno adottato il criterio di tolleranza zero verso questa etnia .

    Noi siamo carenti su due piani ,quello dell’accoglienza con un trattamento indegno di una società civile , ma anche sulla tolleranza che è assolutamente eccessiva o meglio le istituzioni lasciano il problema in sorte dei cittadini che puntualmente ne pagano le conseguenze e ,inevitabilmente ,nascono sentimenti xenofobi .In Germania se sei un ROM ti danno casa e lavoro ,se sgarri sei out per sempre.

    In linea di principio l’appello lo voterei ,però se vedessi contemporaneamente una presa di coscienza politica del problema,perché altrimenti diventa un boomerang .
    ciao

  • Di Renzo Riva (---.---.---.107) 17 settembre 2012 00:39
    Renzo Riva

    Ecco la risposta di Indro Montanelli a una lettrice.


    Corriere della Sera (30 dicembre 1995) - Pagina 29


    Caro Montanelli,
    Le faccio una domanda di attualita’ .
    Come possono vivere nella societa’ industriale moderna, gli zingari, nomadi, unico popolo del mondo che vuol vivere senza lavorare?

    Anna Lora Turre, Trieste

    Cara Signora,
    Non lo so.
    Ma la sua domanda e’ piu’ che legittima perche’ le nostre societa’ potranno convertire al lavoro qualunque comunita’ od etnia meno quella degli zingari.
    Glielo dice uno che gli zingari li conosce abbastanza bene essendo uno dei rarissimi estranei che sia stato una volta ammesso a viaggiare su uno dei loro carrozzoni, quando erano tirati dai cavalli.
    Questo avvenne nella primavera del ’ 39 . pensi un po’ ., quando mi trovavo in Albania, dove conobbi un ebreo greco del Cairo, del cui fratello ero stato compagno di scuola a Parigi, e che faceva di mestiere l’ impresario di violinisti tzigani andando a scoprirne i talenti nella loro randage tribu’ .
    Facendomi passare per suo assistente, ottenne un posto anche per me in una carovana in viaggio da Corizza in Albania a Salonicco attraverso Macedonia e Tessaglia.
    Questa "lunga marcia", che mi forni’ materia per un reportage a puntate sull’ edizione pomeridiana del Corriere, duro’ quaranta giorni, e non le dico in che condizioni arrivai alla meta: smagrito di parecchi chili (e nemmeno allora avevo da buttarne via) perche’ non potevo mettere in bocca gl’ intrugli che mangiavano loro in un sudiciume inenarrabile, e pieno di cimici, pulci e pidocchi, insomma ridotto in tale stato che all’ albergo si rifiutavano di accogliermi, e dovette intervenire il nostro Consolato per trovarmi un letto.
    In quel viaggio imparai, sulla vita degli zingari, varie cose, ma soprattutto una: l’ inutilita’ di spiegargli il motivo per cui eravamo continuamente inseguiti, spesso a schioppettate, dai contadini e pastori del posto, e che era uno solo: il furto.
    Rubavano tutto quello che trovavano per strada: agnelli, galline, farina, attrezzi sicche’ varie volte rischiai di morire anch’ io come ladro di polli.
    Ma non si rendevano conto di cio’ che facevano perche’ il concetto di "proprieta’ " non e’ mai entrato nei loro cervelli, tanto e’ vero che negli stessi carrozzoni tutto era di tutti, anche le donne e i figli.
    In questo erano molto simili agl’ indiani del Nord America, quando i pionieri gli offrivano qualcosa per comprare qualche pezzo di terra.
    Non capivano cosa significasse "comprare" perche’ per loro la terra non era di nessuno, cioe’ era dei bisonti che ognuno era libero di cacciare.
    Quindi, cara signora, la sua domanda e’ del tutto pertinente. E’ assolutamente impossibile istillare negli zingari il concetto di proprieta’ e quindi educarli al lavoro come mezzo per conquistarsela.
    Ma temo che sia altrettanto impossibile far capire tutto questo ai nostri pietisti, religiosi e laici, che farneticano di "integrarli".

    Indro Montanelli

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