UE: viaggiare per turismo è tra i diritti umani

Lo avrebbe dichiarato Antonio Tajani nella sua veste di Commissario all’industria e all’impresa, rivelando un progetto pilota secondo il quale su questo presupposto l’UE finanzierebbe fino al 30% le vacanze e i viaggi degli indigenti e delle categorie sociali più deboli. Niente che però annunci l’esplicitazione di un diritto del genere accanto agli altri diritti umani, trattandosi di qualcosa di diverso dal diritto alle ferie dal lavoro già riconosciuto da tutti gli ordinamenti, sembrerebbe un passaggio necessario.

Non c’è perché si tratta della solfa del "buono vacanze" già presentato dalla collega Brambilla in Italia, solo che in questo caso è stata rivestita con la retorica del "diritto" e ha trovato orecchie attente tra gli altri rappresentanti dei paesi europei più forti sul mercato turistico, che però hanno mandato avanti Tajani a vedere l’effetto che fa.

Anche perché, da quel che si dice, l’ingresso dei viaggi tra i diritti primari dei cittadini europei non è ancora completo, perché il diritto sarebbe quello alle "vacanze in Europa". Condizione strana se apposta a un diritto universale, ma molto più comprensibile se si vuole concludere che i Diritti Umani in questo caso siano stati banalizzati per coprire la solita ipocrisia e far passare in qualche modo l’idea che il Commissario, e l’Unione Europea, si stiano occupando del comparto turistico e addirittura dei diritti e del benessere dei cittadini europei meno fortunati.

Una scelta che sembra abbastanza infelice e che ha già scatenato l’ilarità all’estero, in particolare fuori dall’Europa e soprattutto per come è stata presentata. Si discute infatti del "diritto alla vacanza" con grande foga senza afferrare bene che si tratta di qualcosa di infinitamente più modesto e banale. Per ora nessuna reazione dall’interno.