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Tutte le rogne che dovrà affrontare Marino a Roma

Da ieri Ignazio Marino è formalmente il nuovo sindaco di Roma. È arrivato in bicicletta in Campidoglio per il passaggio di consegne pedalando con la sua bicicletta in salita e in salita dovrà velocemente abituarsi a pedalare nei prossimi mesi. Nei prossimi anni. Perché Roma non è più la città del 2008. Una città con un mare di criticità e di zone d’ombra, certo – quelle lasciate dall’ultimo sindaco di centro sinistra Veltroni - ma mai in una situazione drammatica come quella consolidatasi in 5 anni (e un mese) di Era Alemanna.
Si dirà, Gianni Alemanno ha dovuto governare la capitale in un quinquennio di durissima crisi economica e finanziaria. Vero, ma nessuno avrebbe potuto infierire come ha fatto l’ex sindaco di centro destra in questo lustro sul tessuto economico, sociale, etico e culturale. Nessuno.

La città che si trova a governare Ignazio Marino è “incrudelita, povera, cupa, chiusa in se stessa, con i peggiori servizi pubblici immaginabili per una capitale europea, zona di guerra e di espansione delle mafie, corrotta, lurida, senza manutenzione, soffocata dalla “monnezza”, con le aziende municipalizzate trasformate in luoghi di scambio e il territorio in obiettivo di speculazioni”. Così la descrivevo, purtroppo con esattezza, nell’Ebook edito da I Siciliani giovani. E questo è quello che si dovrà “smazzare” Marino.

Il nuovo sindaco non sa con esattezza quale dimensioni abbia la voragine lasciatagli in eredità dal marito di Isabella Rauti (quella signora nominata consulente del ministro Alfano sul femminicidio mentre era in corso lo spoglio del ballottaggio lunedì scorso). Alemanno, infatti, si è ben guardato dal compilare e rendere disponibile per il suo successore la relazione (fra l’altro prevista dalla legge) sullo stato delle casse della capitale. A occhio (e grazie anche a un paio di indiscrezioni raccolte nell’area del centro destra romano) si potrebbe ipotizzare un aggravio compreso fra i 3,5 e i 4 miliardi di euro sul già grave deficit calcolato nel 2008. Ma non è solo il drammatico stato delle casse comunali a rendere difficilissima l’impresa di Marino.
Il nuovo sindaco, infatti, dovrà fare i conti con molto peggio.

Facciamo una breve (e incompleta) lista.

1. Emergenza rifiuti. Non c’è infatti ancora una soluzione strategica e anche il sito provvisorio individuato a pochi mesi dal voto fra poche settimane dovrà essere abbandonato senza però aver individuato una soluzione alternativa e possibilmente non provvisoria. Fra l’altro l’Ama è stata dissanguata dalla parentopoli e dalle centinaia di assunzioni di impiegati e dirigenti e la situazione su questo punto è destinata ad aggravarsi in termini finanziari dalle azioni legali (penali e civili) in corso.

2. La manutenzione ordinaria e straordinaria della città è stata letteralmente accantonata. A partire dalle strade (nonostante sia stata effettuata una gara) fino alla gestione del patrimonio archeologico e storico.

3. Non esiste un piano del commercio degno di questo nome.

4. Non esiste alcun piano per la promozione e l’organizzazione sul piano produttivo.

5. Il trasporto pubblico è a livelli demenziali. Anche qui la parentopoli (e centinaia di assunzioni di impiegati) e poi privatizzazioni (Tpl) illogiche e dispendiose in odor di irregolarità (gare di appalto con un unico concorrente) e una giungla gestionale e amministrativa che sembra essere costruita apposta per occultare ben altre manovre anche speculative come dimostrerebbe la vicenda che ha portato Mancini (Eur SPA) in carcere sulle presunte tangenti di Breda Menarini (Finmeccanica) e sul ben più ampio scenario delle speculazioni immobiliari e commerciali sui depositi Atac.

6. Sul piano culturale si è proceduto da un lato a tagliare senza senso e dall’altro a investire su mega eventi episodici e dispendiosi. Il sistema bibliotecario (a Roma uno dei più validi d’Italia) regge a stento ed è in piena crisi. L’estate romana (che era uno dei motori del successo del settore turistico della capitale) è stata ridotta a una tamarra riproposizione di sagre paesane o peggio del trasferimento all’aperto di discoteche.

7. Le scuole comunali sono state letteralmente abbandonate sia sul piano della manutenzione (non si contano più i crolli, gli allagamenti, i guasti etc) che sul piano di sostegno e promozione.

8. Non esiste nessun sostegno alla formazione e all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Non c’è nessun piano di sostegno organico e funzionale concreto e adeguatamente finanziato alla imprenditoria giovanile e femminile. Come, del resto, non c’è nessuna politica di sostegno (culturale, formativa e psicologica) per bambini e giovani soprattutto nelle periferie.

9. Non esiste un piano sul turismo. Non esiste una strategia di attrazione dei flussi internazioali. In pochi anni sono stati dispersi milioni di potenziali visitatori. Prezzi altissimi e offerta scarsa. Musei e monumenti abbandonati e degradati. Servizi fatiscenti se non esistenti (dal trasporto all’accoglienza). Nessuna vigilanza sulle speculazioni e le violazioni.

10. L’emergenza sicurezza. Alemanno ha speso energie e risorse concentrandosi su sgomberi a tappeto di campi nomadi e espulsioni di migranti. E stop. Fra l’altro questa politica ha solo creato il fenomeno dei micro campi (sempre più fatiscenti) in continua rotazione cancellando ogni possibile processo di legalizzazione, monitoraggio e integrazione. Contemporaneamente la città è diventata terreno di battaglia di una guerra di mafia con decine di morti. Ci sono tutti a Roma. Dalla ‘ndrangheta ai Casalesi e alla camorra napoletana, da Cosa nostra ai Casamonica, dagli eredi della Banda della Magliana fino alle mafie straniere. Perché la torta è enorme. Circa il 30% della cocaina trafficata in Europa transita a Roma e nell’hinterland. Poi ci sono il racket delle estorsioni, le infiltrazioni negli appalti, il riciclaggio (da quello minuto a quello finanziario e internazionale) il condizionamento della politica.

11. Poi c’è forse l’emergenza più grave e lacerante. Quella sociale. Che va ben oltre la disoccupazione, la crisi economica, la povertà. Parlo della miseria. Di decine di migliaia di romani espulsi da ogni idea inclusiva, senza casa, senza lavoro, senza riferimenti sociali e familiari, senza la possibilità di comprare da mangiare, lavarsi, avere una vita minimamente dignitosa e che sopravvivono solo grazie a espedienti. Anziani molti, e molti giovani o 40/50enni espulsi dal lavoro e senza nessun sostegno. La miseria. Non povertà. Molto peggio. E sono un popolo invisibile e enorme e di cui nessuno conosce le reali dimensioni. Una città perduta dentro una città che si rifiuta di guardare.

Questo e ben altro dovrà affrontare Marino. Dalla sua ha l’entusiasmo di chi è riuscito a sconfiggere il peggior sottoprodotto del berlusconismo, quello dei famelici demagoghi post-fascisti. E poi la sua idea di cittadinanza diffusa, fondata sui diritti e sull’imclusione sociale: l’idea di comunità così osteggiata dalla politica nazionale. Ma non basta. Marino ha bisogno dei romani, di questo popolo “meticcio” (e mai popolino) che Alemanno ha umiliato giorno dopo giorno. Quel popolo che fece il miracolo fra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80 di indicare una via civile e popolare per uscire dalla paura degli anni di piombo. E si questa alleanza possibile e indispensabile deve investire il nuovo sindaco. Anche perché Marino senza i romani è solo davanti a un nemico apparentemente benevolo e responsabile: la politica delle larghe intese.

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