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Trieste - Quella Ferriera con le ore contate

La centenaria storia della Ferriera di Servola a Trieste si avvia all’epilogo. Dopo la richiesta da parte dell’azienda per una proroga per adeguarsi alla Aia (certificazione ambientale), la Regione annuncia una diffida per ora in elaborazione. Dopo un secolo di inquinamento, ristrutturazioni mai eseguite, scontri con la popolazione locale e insicurezza sul lavoro, l’impianto, oggi per l’80 per cento con capitale Russo, si avvia a un veloce declino. Una chiusura che sembra inevitabile nonostante il ricatto occupazionale e i tanti dubbi tuttora esistenti sulla possibilità di una vera ed efficace bonifica.

La Regione Friuli Venezia Giulia, ha deciso di non aspettare più gli adeguamenti e gli interventi richiesti alla proprietà della Ferriera di Servola a Trieste. Si sta preparando, infatti, un vero ultimatum sotto forma di diffida ufficiale. La richiesta di proroga presentata a dicembre dalla Servola Spa (gruppo Lucchini-Severstal), per ottenere altri sei mesi per mettersi in regola con le prescrizioni previste dall’Aia (la certificazione ambientale), è stata rigettata. «Questa decisione è arrivata dopo l’ennesima tentativo da parte della proprietà della Ferriera di raggirare i propri impegni - afferma Alessandro Mertz dei Verdi di Trieste - avanzando gravi impedimenti che però la Regione ha respinto».

Lo stabilimento, un tempo dell’Iri, oggi è di proprietà della Severstal Lucchini, con circa l’ottanta per cento di capitale russo. L’impianto è di fine Ottocento, ultimo “ammodernamento” è avvenuto a metà degli anni Settanta. Poi doveva chiudere negli anni Novanta, ma è arrivato Lucchini e ha rilevato lo stabilimento, liquidato l’acciaieria e mantenuto solo la produzione di ghisa e coke. La fabbrica, comunque, vive di altro. Di un cogeneratore che, recuperando parte dei vapori e dei gas, produce energia. E se la fa pagare 4 volte almeno il prezzo di mercato dall’Enel. La Ferriera infatti usufruisce delle facilitazioni Cip6. Ulteriori emissioni che si vanno a sommare a un secolo di inquinamento ambientale mai risolto, mai bonificato. In molti dicono che il sito è “inaffrontabile”, che l’unica possibilità è quella di “tombarlo”. Come un reattore nucleare dismesso.


Poche settimane fa la Ferriera di Servola si è trovata al centro delle polemiche a causa dell’ennesimo incidente sul lavoro dove è deceduto un operaio di 37 anni, Dusan Poldini. «È un vero omicidio, destinato a ripetersi se non si interviene immediatamente» ha dichiarato il sostituto procuratore di Trieste Giuseppe Lombardi, che segue le indagini sulla morte del giovane lavoratore, rimasto schiacciato mentre era intento a lubrificare gli ingranaggi di una gru. «Nello stabilimento molti standard, compresi quelli sulla sicurezza, sono saltati e da anni - prosegue Mertz - sia sotto il punto di vista ambientale che della sicurezza. Una situazione gravemente degradata». Nonostante questo, il ricatto occupazionale, e il peso politico che uno degli ultimi impianti industriali rimasti in città continua ad avere, l’azienda continua a tirare avanti grazie a sovvenzioni e di proroga in proroga. Oggi l’ulteriore diffida (sarebbe infatti la terza collezionata nel giro di pochi anni) non porterebbe a una chiusura immediata, ma indicherebbe chiaramente che questa si stia prospettando come unica soluzione possibile.



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