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Tre pensieri sulla Fiat: lettere e licenziamenti

Ho letto la lettera di Marchionne, scritta in occasione della scelta di costruire le Panda a Pomigliano (e non in Polonia) nonostante i risultati del referendum.

Ma perché il referendum aveva detto no alla Fiat, che aveva proposto la consultazione?

Macché, il referendum aveva detto sì. I lavoratori, loro malgrado, avevano dovuto cedere a una sorta di ricatto bello e buono: o firmi il contratto che decidiamo noi o la fabbrica chiude.

Solo che i lavoratori si erano dimostrati meno proni di quanto l’azienda volesse.

In effetti Marchionne scrive nella sua lettera: “Chiunque si sia mai trovato a gestire un’organizzazione sa bene che la forza di quell’organizzazione non arriva da nessuna altra parte se non dalle persone che ci lavorano”.

Una bella frase commovente, le persone che ci lavorano saranno state tutte in lacrime e felici. In effetti anche la forza della Fiat deriva dai suoi lavoratori.

Che debbano anche essere proni a qualsiasi forma di pressione e oppressione però Marchionne chissà perché non l’ha scritto.

Nella lettera, piena di belle frasi, ce n’è un’altra che mi ha colpita.

“Questo è il momento di ritrovare una coesione sociale che ci permetta di dare spazio a chi ha il coraggio e la voglia di fare qualcosa di buono. Sono convinto che anche voi, come me, vogliate per i nostri figli e per i nostri nipoti un futuro diverso e migliore".

A me, in primo luogo, quando un “padrone” parla di coesione sociale vengono sempre i brividi, perché si sa la coesione sociale invocata da chi comanda è quasi sempre per chi comanda, forse è inevitabile... chiunque fosse il padrone forse agirebbe così, chissà.

Dopo i brividi ho pensato a quel “nostri” di forte impatto emotivo: ma è evidente che i figli, i nipoti di Marchionne avranno già il loro bel futuro (e perché dovrebbero volerlo diverso?), a fronte di tanti ragazzi che non hanno nemmeno più il presente. Adesso non voglio sembrare una vetero comunista (anche se una più giusta ripartizione delle ricchezze come idea mi piace assai), ma mi pare una nota un poco demagogica, no? Soprattutto se penso a eventuali figli dei 5 operai Fiat licenziati in una settimana: a Mirafiori, Melfi e Termoli, di questi 4 sono sindacalisti (Fiom e Cobas non Cisl per intenderci).

Forse, come il Pippo della vecchia canzone di Rita Pavone, anche Marchionne non lo sa, certo i figli di questi operai hanno ben poco da sperare.

Resta da capire se il licenziamento sia avvenuto per motivi fondati o perché i 5 divergono da Marchionne sul concetto “fare qualcosa di buono”. Cosa vorrà mai dire “fare qualcosa di buono?”, produrre di più, certo, ridare forza all’industria italiana e quindi lavoro, sicuro...

Ma magari portare la pausa a fine turno a una persona che lavora otto ore in catena di montaggio, perché si produca di più è fare qualcosa di buono secondo Marchionne, ma non secondo l’operaio che sta a digiuno alla catena. Tutto è relativo si sa. Allora che Marchionne magari sia meno generico.

Da ultimo la frase più internazionale: “Le regole della competizione internazionale non le abbiamo scelte noi e nessuno di noi ha la possibilità di cambiarle, anche se non ci piacciono. L’unica cosa che possiamo scegliere è se stare dentro o fuori dal gioco”.

Ma in che mondo viviamo se dobbiamo tutti (compreso il potente Marchionne) vivere accettando regole che non ci piacciono? Possibile che non si possa cambiare qualcosa? Certo bisogna avere “il coraggio e la forza di fare qualcosa di buono”: stare fuori dal gioco per un po’ per riscrivere regole migliori. Ma in effetti questa forza e questo coraggio non può essere di uno solo, anzi credo che dovrà venire dal basso, da chi ha più interesse a cambiare le regole, perché questo gioco che opprime chi lavora, che produce automobili inutili e inquinanti, non piace davvero a nessuno (nemmeno a Marchionne!).

Mi rendo conto che per me è facile scrivere queste cose poiché non sono un operaio Fiat, ma anche tra di loro molti hanno avuto il coraggio di dire di no, da questi no bisogna ripartire.

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.95) 21 luglio 2010 12:25
    Renzo Riva

    Supercara, a nostre spese e garantita nel posto, Panté,
    Perché non propone un contratto di solidarietà dove i garantiti alimentano un fondo da utilizzare per chi non ha più un lavoro?
    Se poi vuole può anche compartire la sua abitazione con i poveri clandestini ai quali potrebbe poi chiedere eventualmente delle prestazioni compensative.
    Ma suggerirei ancora qualcosa di più risolutivo: Si faccia imprenditrice e dia lei lavoro a iosa a chi più le piace o le è simpatico/a.

    Voglio persino arrivare a dire che gli operai licenziati devono ringraziare la Fiat che li ha liberati dallo sfuttamento ed ora sono liberi di farsi la partita Iva e lavorare per chi loro aggrada.

    Renzo Riva

  • Di paolo federici (---.---.---.41) 21 luglio 2010 18:44
    paolo federici

    il buon vecchio Henry Ford "aumentò" il salario ai suoi operai ... così che anche loro potessero comprarsi le auto che la Ford produceva! 

    Il caro nuovo Marchionne "riduce" gli stipendi ... e poi non sa più a chi vendere le auto! 
    Insomma, qui vogliamo fare le nozze con i fichi secchi. 
    Paolo Federici
    (la grande guerra fra Nord e Sud degli Stati Uniti per "liberare" la schiavitù aveva uno scopo ben preciso: far "guadagnare" anche gli schiavi, così da farli diventare consumatori e poter acquistare ciò che l’industria americana produceva. Quando capiremo che anche i "clandestini" sono un’opportunità e non un danno, faremo anche noi un passo avanti)
  • Di pv21 (---.---.---.101) 21 luglio 2010 19:20

    La domanda senza risposta è: perchè la Fiat ha scelto Pomigliano quando per produrre in Polonia avrebbe avuto costi inferiori? Il vero guaio è che neppure il nostro governo sa darci la risposta. Magari fanno bene nel paese del Barbiere e il Lupo a risolvere i problemi arrangiandosi ... 

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