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Traiettorie sociologiche: 2012: l’apocalisse cristiana al termine del calendario Maya

di Lorenzo Fattori

Traiettorie sociologiche: 2012: l'apocalisse cristiana al termine del calendario Maya


In ogni leggenda c’è un fondo di verità. Ma come comportarsi di fronte ad una profezia? Probabilmente la maggior parte di noi, vedendo accadere di fronte ai propri occhi fatti sconvolgenti come, poniamo, le possibili avvisaglie della fine del mondo, reagirebbe cercando salvezza nella preghiera. Tuttavia, almeno a giudicare da 2012 (2009), ultimo film di Roland Emmerich, questa sarebbe la scelta peggiore, e condurrebbe ad una morte inevitabile – anche se alquanto spettacolare… Ma è meglio cominciare dall’inizio.
 
Spesso, i prodotti culturali meno pretenziosi, ed a prima vista anche meno interessanti, sono quelli che evidenziano in modo più limpido i processi della società che li ha generati; ecco perché un film come 2012, che superficialmente potrebbe essere etichettato come un banale blockbuster, è estremamente indicativo del conflitto che è in corso, all’interno della società occidentale, tra alcune delle sue istituzioni più importanti. La guerra senza quartiere tra religione e secolarizzazione si svolge all’ombra della fine del mondo.
 
Questa guerra si manifesta sotto mentite spoglie: il film di cui parliamo, infatti, presenta una bizzarra convergenza di elementi scientifici e religiosi, tenuti insieme dal collante della superstizione; si potrebbe insinuare che è un perfetto esempio della cultura new age, ma noi ci limiteremo ad osservare che 2012 dà un colpo al cerchio e uno alla botte, spiegando scientificamente l’apocalisse che mette in scena, ma richiamando costantemente all’Apocalisse con l’A maiuscola, quella che secondo i cristiani metterà fine al tempo ed all’universo.
 
Agli osservatori più attenti non sarà sfuggito che molti riferimenti possono risultare un po’ forzati: il 21 dicembre 2012, il giorno della supposta fine del mondo, infatti, è una data non ha nulla di particolare nella tradizione cristiana. Tra gli addetti ai lavori, al contrario, è noto che essa è la data di fine del 13° b’ak’tun del calendario Maya, detto del “Lungo computo”, ma quello che ci si dimentica sempre di aggiungere è che quest’ultimo è un calendario progressivo, che dopo il 13° b’ak’tun ne prevede un 14°, e così via. È questo il caso, ad esempio, di 2012 – La fine del mondo? (2009), ultimo libro del noto divulgatore televisivo Roberto Giacobbo, opera che, peraltro, noi ci permettiamo di consigliare unicamente ad un pubblico dotato di un forte senso dell’umorismo, in quanto riesce a collezionare una serie di plagi e strafalcioni da Guinness dei primati. Le imprecisioni culminano nell’asserzione che i Maya, a detta dell’autore scomparsi in modo inspiegabile, avessero previsto per il 2012 un rarissimo allineamento galattico dei pianeti, foriero di indicibili sciagure; evidentemente noi eravamo troppo distratti per renderci conto di queste tragedie, poiché tale allineamento è avvenuto nel 2002 (Caprara, 2002) ed è passato senza alcun clamore.
 
Nonostante ciò, nella cultura new age è ormai dato per certo che il 2012 sarà un momento di grande passaggio, probabilmente tragico, per tutta l’umanità e per il pianeta Terra. Ironicamente, dunque, ai poveri Maya, dopo le terre (e le vite) qualche secolo fa, viene sottratto anche il calendario, a tutto vantaggio della simbologia di tradizione cristiana, che si dispiega nel film con tutta la sua potenza evocativa.
 
La presenza di questa simbologia è costante soprattutto nei momenti più rilevanti di 2012: le grandi città, in particolare quelle degli Stati Uniti, muoiono nei terremoti e nel fuoco, mentre uno tsunami alto approssimativamente otto chilometri riesce quasi ad annientare l’umanità; solo pochi eletti riescono a sopravvivervi, salpando su delle grosse navi, da essi stessi appropriatamente chiamate “arche”.
 
Questi riferimenti sono molto interessanti, ma non determinanti; infatti, Damian Thompson, nella sua opera sul millenarismo, La fine del tempo (1996), ci ricorda che praticamente tutte le società condividono la credenza che “La storia si muove attraverso un processo predeterminato di nascita e decadenza, con un diluvio che ha luogo verso l’inizio del ciclo e un incendio verso la fine” (Thompson, p. 20). Nella fattispecie, si può dire che lo tsunami, sommergendo la Terra in modo pressoché totale, prende il posto del diluvio nel simboleggiare un nuovo inizio, ma non è finita qui. Nella scena più evocativa del film, c’è un passaggio che rende evidente il fortissimo debito che quest’opera ha con la tradizione giudaico-cristiana; a Roma, mentre i maremoti e i terremoti cominciano a sfigurare il nostro pianeta, i cardinali intenti in preghiera nella Cappella Sistina sono interrotti da una crepa che si apre nel soffitto, nella parte di affresco che raffigura la creazione di Adamo, e passa esattamente tra il primo uomo ed il suo Creatore. Se il capolavoro di Michelangelo rappresenta l’eterna alleanza tra l’uomo e Dio, la crepa non può indicare altro che l’opposto, dunque la rottura di questo patto, che si spezza mentre la Basilica di San Pietro si abbatte sui fedeli in preghiera nella piazza che è uno dei simboli della cristianità.
 
Il crollo della sede papale, con tanto di pontefice che dà l’ultima benedizione, sancisce inequivocabilmente un passaggio di consegne tra la religione e la scienza: è quest’ultima che si assume la responsabilità di sottrarre all’estinzione la razza umana, mentre gli scienziati subentrano agli ecclesiastici nel ruolo salvifico di guide del nuovo mondo; chi si ferma a pregare è perduto, chi confida nella scienza sarà nel novero dei pochi eletti che sopravvivranno alla catastrofe. Del resto, sin dall’inizio del film ci si rende conto che per il soprannaturale ed il metafisico non c’è spazio: all’origine della tragedia ci sono una tempesta di neutrini ed il riscaldamento del nucleo terrestre, non la collera divina o l’arrivo dell’Anticristo o degli alieni, e sono gli scienziati a predire cosa avverrà, non i profeti.
 
Infine, la nuova società umana nascerà in Africa, cioè nel continente dove, secondo biologi e antropologi, ha avuto origine la specie umana; vale la pena di spendere qualche parola, però, anche per gli impressionanti mezzi di cui la tecnologia ha dotato l’umanità: una flottiglia di imponenti arche, capaci di portare in totale circa quattrocentomila persone e capaci di resistere perfino all’impatto con una poderosa onda anomala talmente alta da sommergere finanche l’Himalaya. Esse non sono soltanto una versione rinnovata della biblica Arca di Noè, ma – nonostante questa non fosse un battello – neanche dell’altrettanto famosa Arca dell’Alleanza, che simboleggiava l’alleanza tra l’uomo e Dio, così come queste nuove arche simboleggiano l’alleanza tra l’uomo e la macchina (dunque di tecnologia, e sempre di scienza si parla), saltando a piè pari i “titanici” interrogativi di James Cameron e di quant’altri su questo rapporto così tormentato.
 
Pertanto, è doveroso notare che un film che inscena un’apocalisse, ovvero un concetto la cui esistenza è dovuta all’esistenza stessa della religione (ed in particolar modo di quella giudaico-cristiana), in realtà, ironicamente, dichiara la sconfitta di quest’ultima a favore della secolarizzazione. A testimonianza, però, dell’ineliminabile influenza che ha avuto la religione sulla struttura stessa del nostro pensiero, le scene finali dell’opera richiamano inequivocabilmente al millennio cristiano, ovvero un lungo periodo di regno dei giusti e di pace in terra (Apocalisse di Giovanni, 20, 2-7).
 
Per concludere, 2012 è la punta di un iceberg costituito di ansia millenaristica/apocalittica, palesatasi anche in occasione del cambiamento di data dal 1999 al 2000, la cui spiegazione si trova ancora una volta in Thompson: “L’ansia fiorisce quando le strutture sociali o intellettuali crollano e le persone sono disorientate. È la risposta al cambiamento e alle sue variazioni.” (Thompson, p. 362). E cos’è questa, se non un’epoca di cambiamento e incertezza?
 
Letture
Thompson D., The End of Time. Faith and Fear in the Shadow of the Millennium, 1996, trad. It. La fine del tempo – Attese e paure al compiersi del millennio, Neri Pozza, Vicenza, 1997.
Giacobbo R., 2012 – La fine del mondo?, 2009, Mondadori, Milano.
Caprara G., Lo spettacolo dei pianeti allineati, “Corriere della sera”, 6 maggio 2002.
 
Visioni
Emmerich R., 2012, USA/Canada, 2009, Sony Pictures Home Entertainment, 2010.

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