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Toponomastica: il caso Gorizia ed Udine nel 1949 e la discriminazione verso le comunità slavofone e friulane

 
La legge 8 giugno 1949, n. 605, che riguardava la composizione della Commissione permanente incaricata di dirigere il lavoro di revisione toponomastica della Carta d'Italia veniva approvata, dopo un dibattito articolato, specialmente nella commissione difesa del Senato. Il testo della Legge prevedeva l'istituzione di una Commissione permanente incaricata di dirigere il lavoro per la revisione toponomastica della Carta d'Italia, di cui al regio decreto 5 marzo 1911 e successive modificazioni, ed sarà così composta:
  • Presidente: il direttore dell'Istituto geografico militare.
  • Membri: il presidente del Comitato nazionale per la geografia del Consiglio nazionale delle ricerche od un suo delegato; il direttore dell'Istituto idrografico della marina od un suo delegato; il presidente del Touring Club italiano od un suo delegato; il presidente del Comitato scientifico del Club Alpino italiano od un suo delegato; il presidente della Società geografica italiana od un suo delegato; un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri; un rappresentante del Ministero dell'interno. Per la parte che riguarda la loro regione o provincia: a) il presidente della Giunta provinciale di Bolzano od un suo delegato; b) il presidente della Giunta provinciale di Trento od un suo delegato; c) il capo dell'Amministrazione provinciale di Gorizia od un suo delegato; d) il capo dell'Amministrazione provinciale di Udine od un suo delegato; e) il presidente della Giunta regionale per la Valle d'Aosta od un suo delegato; f) un rappresentante della Deputazione regionale di storia patria; g) i direttori degli Istituti di geografia delle università o loro delegati; h) i direttori di Centri studi regionali o loro delegati.
  • Segretario: un funzionario od un ufficiale dell'Istituto geografico militare, di grado non superiore al settimo. 
 
Il dibattito ha riguardato in particolar modo il caso Gorizia ed Udine e l'inserimento, cosa che poi avverrà, dei rappresentanti della provincia di Udine e Gorizia all'interno della Commissione permanente. E' certamente emblematica la seduta del 6 aprile 1949 alla commissione difesa del Senato. Il Relatore Caron si pronunciava positivamente per l'inserimento dei due rappresentanti, non previsti nel disegno di legge originario, perché tanto, “difenderebbero l'italianità della toponomastica” (…) ed il rappresentante, come inserito “chiederà che venga modificato qualche nome scritto in tedesco o slavo”. 
Dunque le preoccupazioni dei parlamentari venivano risolte, nessun rischio di mantenere toponimi, denominazioni, suffissi, slavi o tedeschi, friulani neanche a parlarne, emergeva e sarebbe emerso. Il Senatore Cadorna invece era contrario ab origine per l'inserimento dei due rappresentanti provinciali di Udine e Gorizia, altri evidenziavano il rischio di rallentare l'approvazione del testo della Legge perché alla Camera non era stato approvato con quella modifica che ora si proponeva ed il Senatore Gasparotto, che ha fatto anche parte dell'assemblea costituente, ricordava che,a suo parere, “le minoranze jugoslave rappresentano una minima minoranza del tutto trascurabile che si riduce a tre piccole colonie di antica origine nell'alta Valle del Natisone, un'altra all'estremo confine orientale e la terza nell'alta Carnia (...) queste persone sono italiane al mille per mille come le persone che passeggiano in Piazza Colonna a Roma".
 
Insomma, i processi di italianizzazione forzata, del e nel fascismo, nulla hanno insegnato, e pur in modo diverso, venivano i principi mantenuti. Insomma l'inserimento o meno dei due rappresentanti della provincia di Udine o Gorizia, sarebbe stato ininfluente per salvaguardare l'identità delle comunità slavofone o friulane, anzi il loro inserimento altro effetto non avrebbe avuto, come emergeva nel dibattito in Commissione, che quello di rinforzare l'italianità e l'italianizzazione di quelle terre perché in caso contrario, per usare le parole del Senatore Caron, si sarebbe realizzata "una offesa all'intera Regione". 
 
Quel provvedimento verrà abrogato solamente nel 2008 con D.L. 25 GIUGNO 2008, N. 112, come convertito in legge. Si dovrà aspettare il 2001 e successivi atti regionali, per avere una legge che, pur applicata a rilento e non sempre in modo omogeneo, riconoscesse il diritto, nei comuni, frazioni di comune, località e negli enti in cui l'uso della lingua slovena fosse previsto in aggiunta a quella italiana nelle insegne degli uffici pubblici, nella carta ufficiale e, in genere, in tutte le insegne pubbliche, nonché nei gonfaloni ed anche per le indicazioni toponomastiche e per la segnaletica stradali.
 
Mentre si dovrà aspettare la legge regionale n. 15 del 1996, la legge statale n. 482 del 1999 e la più recente legge regionale n. 29 del 2007 per il riconoscimento della tutela giuridica nei confronti della lingua friulana.

 

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