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 Home page > Attualità > Cultura > Toni Servillo a L’Aquila. Parola a un grande attore

Toni Servillo a L’Aquila. Parola a un grande attore

Camaleontico, mai uguale a se stesso. Credibile. Sia che si serva del corpo, sia che si serva della parola. A teatro come al cinema. Toni Servillo è semplicemente un attore. Un grande attore. Che utilizza frasi, personaggi, situazioni scritti da altri per elaborare la propria arte. Un’arte che ha radici lontane e che, quando è autentica, parla sempre da vicino. E trasmette qualcosa di più rispetto al testo interpretato.

Il primo amore: il teatro. “Io non vengo da una famiglia di attori, ma di spettatori – racconta in un’intervista-libro di Gianfranco Capitta – Sono stati mio padre e i suoi fratelli scapoli a trasmettermi questo piacere. Andavano assiduamente a teatro, al cinema, ascoltavano la musica. Totò, Eduardo, Viviani, Caruso: insomma, il meglio del meglio. Bene, io non ho mai dimenticato la dimensione dello spettatore, perché la relazione spettacolare funziona soltanto se c' è qualcuno che dona e qualcuno che riceve”.

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Autodidatta e appassionato fin da bambino, non ancora ventenne fonda il Teatro Studio di Caserta e poi i Teatri Uniti, una delle più importanti scuole di teatro sperimentale napoletano. “Mi sono formato negli anni settanta, periodo in cui era molto forte il lavoro dei gruppi piuttosto che quello dei registi e degli attori singoli. Con alcuni ragazzi, allora compagni di scuola, è cominciata questa avventura”. Poliedrico, innovativo ma anche estimatore dei classici, Servillo porta in scena Molière, Goldoni, De Filippo. “Mi interessano i testi, mi interessa il linguaggio, mi piace raccontare un paese che si trasforma e che cambia”. Vincitore per il cinema di tre David di Donatello, del premio Gassman, del premio Ioma, del Nastro d’Argento, del premio Efa (Oscar europeo) del premio Marc’Antonio, dichiara di sé: “Se mi chiedono ‘che cosa fai nella vita?’, io rispondo ‘recito, mi sento un attore’. La cosa che faccio di più durante l’anno è recitare, ed è il mestiere nel quale mi riconosco”.

E sulle differenze tra cinema e teatro spiegaLa relazione intima con il personaggio a teatro è decisamente più forte, se non altro nel senso della continuità e dell’approfondimento perché si può vivere con il personaggio a teatro almeno per qualche anno, quotidianamente, per cui il compromesso tra la tua vita e quella porzione di vita in cui sei insieme al personaggio è molto stringente. Al cinema è diverso si tengono presenti tante altre componenti, un altro modo di lavorare, perché a teatro si esegue dall’inizio alla fine in maniera irripetibile. Quando comincia il viaggio dell’attore in scena non ci si può fermare. Il teatro è anche il luogo in cui l’attore ha il totale controllo dei propri mezzi. Oggi penso che l’attore modello debba sapersi muovere con interesse e passione, se ne ha la possibilità, in tutti e due gli ambiti”. Attore, ma anche regista, Servillo ha diretto numerose opere liriche tra le quali Il marito disperato di Cimarosa e il Fidelio di Beethoven perché “l’attore deve conoscere i meccanismi che sovrintendono a una drammaturgia di carattere musicale”.

Il fatto di essere diventato famoso in tarda età, oltre i 40 anni, significa avere avuto il tempo di sviluppare una forma di antidoto verso la celebrità comunemente intesa – ha commentato sulla sua vita d’attore e sui suoi successi – Ho potuto fare i conti con la parte peggiore di me, quella più giovane, quella piena di grilli per la testa. Quando, poi, è arrivata la fama, ero immune. Credo che diventare famosi da giovani sia una delle disgrazie più grandi che possano capitare”.

a cura de IlCapoluogo.it

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