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The imitation game (l’uomo e la macchina che sa ingannare l’uomo)

Può una macchina pensare come un essere umano? Molti dicono di no.
Il problema è che è una domanda stupida. È ovvio che le macchine non possono pensare come le persone. Una macchina è diversa da una persona e pensa in modo diverso.
La domanda interessante è poiché qualcosa pensa diversamente da noi vuol forse dire che non sta pensando? Noi ammettiamo che gli esseri umani abbiano divergenze gli uni dagli altri. Lei ama le fragole, io odio pattinare, lei piange ai film tristi, io invece sono allergico al polline. Qual è il punto di avere gusti diversi, diverse preferenze se non mostrare che i cervelli lavorano diversamente e che pensiamo diversamente.
E se diciamo questo delle persone non possiamo dire lo stesso di cervelli fatti di rame e acciaio e cavi?"

E' il punto centrale del film con Benedict Cumberbatch "The imitation game": Alan Turing spiega ad un ispettore di polizia che lo sta interrogando la sua teoria sulle macchine "che pensano", alla base del famoso "test di Turing".

La macchina, pensata e realizzata da Turing assieme ad altri matematici, per decifrare il codice Enigma, usato dai nazisti per le loro comunicazioni segrete. Una scoperta che salvò milioni di vite umane, che permise agli alleati di vincere la guerra con due anni di anticipo (sono stime riportare alla fine del film).

Ma che non salvò Turing dalla persecuzione delle leggi inglesi: fu condannato per la sua omosessualità, costretto ad assumere farmaci che "curassero" la malattia. Morì (o meglio si suicidò per la vergogna della sua condizione) a 41 anni nel 1954. Il segreto di Ultra fu mantenuto dal governo inglese per quasi 50 anni.

«A volte sono le persone che nessuno immaginava che potessero fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare». 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di roberto basile (---.---.---.173) 11 maggio 2015 20:32

    "Una macchina è diversa da una persona e pensa in modo diverso." 

    questa è una affermazione altrettanto stupida della domanda precedente, per il semplice motivo che contiene un verbo sbagliato: "pensa".
    Senza tirare in ballo questioni filosofiche o religiose, artificiali ed artificiose, la questione è meramente tecnica: chiunque abbia una conoscenza diretta del funzionamento di un computer, sa che le macchine non "pensano"; semplicemente, si limitano ad eseguire istruzioni che vengono loro fornite dall’uomo.
    Sono costruite per funzionare così, ed un computer soggiace alle stesse regole di un meccanismo come ad es. un orologio: fa quello che i suoi ingranaggi gli fanno fare, ne più ne meno. 
    Anche tutta la letteratura fiorita nei tardi anni ’70 e fino a tutti gli anni ’90, sulla cosiddetta "Intelligenza Artificiale", è stata sempre banalizzata dai media con un sensazionalismo il cui obiettivo non era informare, ma vendere copie e fare audience. L’obiettivo della IA non è mai stato quello di creare un alias dell’essere umano: si è cercato, anche con un certo successo, di programmare il computer in modo tale che possa riconoscere una situazione nuova, purchè in qualche modo nell’ambito di uno specifico contesto previsto dal programmatore, associarla ad una già prevista e trattarla secondo le stesse istruzioni e modalità.
    Tutto questo viene spacciato per "imparare"; ma il più sofisticato dei programmi, capace di accorgersi di una nuova parola usata dai terroristi internazionali nelle comunicazioni telefoniche ed aggiungere quella nuova parola all’elenco di quelle da tenere sotto attenzione, tanto per fare un esempio concreto dei giorni nostri, non potra’ mai "accorgersi" di un possibile collegamento tra gli effetti di due diversi farmaci, ad es., perchè argomento e contesto non sono "descritti" nelle sue istruzioni.

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