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Taranto: la casa come luogo di partenza di una donna

Metti una sera tra donne, arte... e le case che abitano

A palazzo Gennarini.

Una creazione calibrata di significati: ideatrice della performance Daniela Dadà Placato


L’arte diventa eccitante scoperta di ciò che non si conosce e ci riceve nella penombra dell’ingresso di un appartamento del settecentesco palazzo Gennarini, nel centro storico di Taranto. Siamo in circa trenta sconosciuti raccolti da amicizie comuni e passaparola, ad alcuni di noi viene data una piccola torcia. Lungo il corridoio una musica, fatta da suoni tondi, ossessivi e talvolta disarmonici, introduce verso un ampio salone immerso in un leggero chiarore lattiginoso. Ci viene indicato dove disporci e poi si inizia con donne. e le case che abitano,  performance dell’associazione culturale welcomeHome!, nata dall’intuizione creativa di un architetto di interni e di idee. Nella penombra della stanza, un lungo tavolo bianco e divani bassi dividono lo spazio come le quinte di un palcoscenico: al di là del tavolo la regia rigorosa della voce narrante scandisce i tempi della danza di due anime, sorelle e opposte, nel compimento del reciproco destino di donna.

È la donna e il suo profondo sentire il filo conduttore della serata, il tema di una ricerca tra l’arte e la volontà di far emergere nel contesto più connaturato con tutte le donne, ovvero la propria casa, quelle dolorose screpolature che tante di loro sanno ben camuffare tra gli affanni della quotidianità domestica. Nata dallo scambio epistolare tra l’ideatrice e regista della performance – Daniela Dadà Placato - impegnata nello studio sempre più gravoso della condizione femminile e un artista in bilico tra l’Italia e New York impegnato nella valorizzazione della leggerezza che guida la scelta di un uomo – R. Walser – che rinunciando a tutto trasforma la propria vita in una passeggiata senza fine per il mondo, donne. e le case che abitano lascia piacevolmente esterrefatto il pubblico.

Per un tempo indefinito si è dentro una reazione a catena di emozioni che scivolano dalla lettura della favola di un amore nato e cresciuto nel disagio, Bellezze Capovolte, ai brevi video e piccole storie di ordinari inciampi nel cammino dell’essere femmina, mentre la danza sottolinea, vibrante, gli stati d’animo dei personaggi che di volta in volta sembrano animarsi dalle parole. Le emozioni delle donne talvolta denigrate, spesso incastrate in rapporti d’amore in cui la costante è “volersi bene, ma non saperlo realizzare”, generalmente silenziose, sono qui espresse secondo modalità apparentemente ridondanti e verbose, ripetitive. L’amalgama di storie diverse e ripartite con la stessa cadenza di un racconto corale, non si anima sulla scena di un teatro bensì nel contesto da cui prendono vita, la “casa”, il luogo che una donna non potrà mai eludere dalla sua storia se non a patto di perdere parte integrante della propria identità. Esattamente all’opposto dell’uomo che sceglie di rinunciare a tutto per inseguire la levità di una vita trascorsa passeggiando senza meta.

La scelta, volontaria o indotta, di ogni donna di fare della casa il proprio necessario punto di partenza e ritorno è il significato costante della performance, a metà tra l’oppressione e la serenità a cui tale decisione può indurre. Confortante lo sprigionarsi di odori speziati dalla cucina attigua negli ultimi minuti della performance, a sottolineare l’idea di quiete che ogni percorso accidentato ritrova nei gesti consueti. Quando la musica si placa, la favola tace e la danza si interrompe, il pubblico si stacca dalle pareti a fatica, quasi per il pudore di entrare di fatto nella scena teatrale che, nello spazio di pochi secondi, torna ad essere il salotto in cui la padrona di casa riceve i suoi amici. Nel frattempo il lungo tavolo bianco si riempie di piatti e bicchieri e il pubblico diventa ospite. Su di una parete esplodono le foto, terse di luce e forza d’animo, di Julia Krahn artista tedesca, che con il suo “essere a casa ed essere la sua casa” (daheim sein und sein Heim sein) rende omaggio all’essenza di ogni donna. Donne. e le case che abitano è una coesione d’arte tra scrittura (Giovanna Cinieri), danza (Pierangela Fontana e Monica Di Maggio), musica e video (Francesco Giannico), gastronomia (Barbara Lacitignola) che la regia della Placato trasforma in una creazione calibrata di significati, proprio come la “vita” domestica e non solo di ogni donna. Donne. e le case che abitano, dopo il debutto tarantino, sarà Milano, Berlino, Parigi e poi ancora in Italia rigorosamente ospitata in appartamenti privati, case di amici o di tutti coloro che vorranno dare il proprio contributo spaziale. Andando via, la stuzzicante percezione di essere stati parte di un piccolo frammento di energia creativa e continuare a portarsela addosso. Un altro ritorno a casa.

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