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La crisi e la vergogna: Bruno Oliviero fotografa chi cerca di sopravvivere al declino

Gli scatti di Bruno Oliviero incrociano il mondo grottesco del declino economico e indagano l'imbarazzo di chi impara l'arte del sopravvivere.

Quando ci si chiede il perché delle cose, il più delle volte si imboccano percorsi in salita. E così è accaduto scorgendo la locandina della mostra fotografica “La crisi e la vergogna”, tra fasce di colori scuri e due occhi sgranati al di sopra di una banconota da 10 euro.

La mostra fotografica in questione raccoglie scatti di Bruno Oliviero - il fotografo delle dive – che abbandona lo star sistem per prestare i suoi occhi ad una storia di quotidiano paradosso: una Donna che piomba, ancora tutta agghindata da femme fatale, nel fantastico mondo dell’indigenza. A guardare le foto viene in mente Alice nel paese delle meraviglie. A guardarle di nuovo viene in mente che ci deve essere una alternativa.

Il titolo: la crisi in questione è quella economica. Dietro c’è una crisi ben più grave che è quella delle coscienze. È la frantumazione dei valori, delle identità di genere, del senso di opportunità e, soprattutto, delle necessità più autentiche. Si perde di vista lentamente, ma inesorabilmente, la natura delle cose, il loro significato e uso. Si rincorre ciò che appaga visibilmente e subito. Si perde l’uso del tempo, dei pensieri e del silenzio, tanto che non ci si accorge di perdere anche la consuetudine con se stessi. Lievitano i bisogni secondari, quelli generati dalla soddisfazione, eccessiva e sregolata, delle necessità fondamentali. E tutto diventa indispensabile, dimenticando i tempi in cui indispensabile era la curiosità e la passione con cui l’uomo ha inventato la storia del mondo. La vergogna in questione è quella di tutti coloro che incappano in un accidente qualsiasi e improvvisamente, a respiro bloccato, avvertono la loro inconsistenza. “È la vergogna di noi stessi, di come siamo riusciti a far collassare i valori e far crollare le certezze. È la vergogna per la paura che ci immobilizza” chiarisce Barbara Lugarà, curatrice della mostra insieme a Gianluca Marziani, critico d’arte, che sottolinea la crisi sociale generata dal parallelo tra la crisi di una città e quella di una nazione.

Il progetto: l’intenzione di fondo è raccogliere l’attenzione intorno all’urgenza di operare una inversione di rotta. “Una navigazione dell’uomo dentro la crisi, quella tangibile e concreta. Illuminare le zone di disagio attraverso scatti fotografici che siano punto di accesso verso un futuro fatto di risposte plausibili alla decadenza della società”. Così Marziani nel più classico connubio tra arte e malessere dell’uomo contemporaneo. “La cultura da all’uomo una speranza, uno spunto, il dubbio che genera e alimenta la creatività. Siamo in un paese del post-industriale, dove il territorio è l’unico valore gratuito a portata di tutti, ricco come è di arte e storia”. Si chiarisce la volontà di inaugurare la mostra “etica” in una città che respira crisi economica e di ideali, tra eco-mostri, scampoli di cultura classica e mare del colore dell’acciaio, anche se su Taranto nessuno sponsor nazionale avrebbe mai scommesso. “Ci tengo a dirlo: è stata una sfida puntare su Taranto - confessa la curatrice Lugarà - sarebbe stato finanziariamente più comodo puntare su Milano o Roma. Ma lì ci arriveremo dopo. La mostra è itinerante. Taranto nell’arco di pochi mesi è diventato il palcoscenico di un momento politico e sociale critico. La mostra è una riflessione da condividere con tutti coloro che vogliono costruire uno spirito collettivo che reagisca, che crei nuovi modelli artistici, economici e sappia dar fiducia a chi lavora con speranza e volontà di ripartire”.

I protagonisti: a parte i due curatori e gli scatti di Oliviero, Simonetta Lein, artista che ha prestato il volto a questo progetto, Davide Reali, attore e sceneggiatore, e l’ABFO, onlus che si occupa delle famiglie e bambini disagiati della città. A loro andrà l’intero incasso della mostra.

La morale: per cambiare occorre coraggio. Prima di tutto per ricominciare a vergognarsi o forse anche solo indignarsi e non abbassare lo sguardo. Foto patinate che traducono scene note a Taranto, in principio infastidiscono per il solito cliché. Ma è un attimo. Poi arriva la consapevolezza che questa città di perché, tutti in salita, ne ha tanti e portarli alla ribalta può essere l’inizio della discesa. Anche tra provocazioni in bianco e nero. La mostra sarà itinerante: Roma, Bologna, Milano, Palermo, per ora.

 

 

 

 

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