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Sulla Libia muore la Giustizia

E' morta la giustizia; perlomeno è morta come categoria della politica.

Nei dibattiti sul nostro intervento in Libia, come in quelli sull'uccisione di Osama Bin Laden, sono sempre e solo d'opportunità le valutazioni date dai nostri politici; è sulla convenienza di tali iniziative, sul loro essere o no funzionali agli interessi dell'Occidente e più in particolare dell'Italia che avvengono le discussioni tra i politicanti come tra la gente comune.

Esemplare, in questo senso, l'ultima puntata di Ballarò che ha offerto lo spettacolo di una miseria morale totale; di una mancanza di valori affatto nuova nella pur travagliata storia del nostro paese.

Il ministro La Russa, l'onorevole Casini e un rappresentante della Lega, hanno forse cercato di far mostra di realismo politico con i propri potenziali elettori; non so se vi siano riusciti, ma di sicuro sono riusciti a disgustare chiunque pensi che le azioni di uno stato, come quelle di un individuo, debbano prima di tutto avere una motivazione d'ordine etico.

Nessuno tra loro si è chiesto se la nuova guerra di Libia sia giusta; solo hanno cercato di dimostrare che è utile a fermare l'arrivo di nuovi immigrati (o hanno affermato l'esatto contrario) esattamente come, prescindendo da ogni considerazione di carattere morale, tutti hanno dato per scontato che le motivazioni di carattere economico fossero, da sole, più che sufficienti a giustificare i rapporti d'amicizia intrattenuti per decenni, con o senza baciamano, dall'Italia con il regime di Gheddafi.

Fa scuotere la testa pensare che basti così poco come la prospettiva di avere qualche decina di migliaia d’immigrati irregolari in più o in meno, per un paese che ne riceve comunque, attraverso le frontiere terrestri e gli aeroporti, 600.000 ogni anno, per decidere di fare una guerra; fa letteralmente vomitare il pensiero che per qualche punto percentuale di PIL (ed è tutto da dimostrare che quegli affari non si sarebbero, almeno in buona parte, potuti fare in altro modo) si sia stati disposti a vendere la dignità dell’Italia.

Io non sono un pacifista ad oltranza. Ammiro moltissimo Gino Strada, ma non la penso esattamente come lui; solo quasi. Penso che la guerra, che certo potrebbe sempre essere evitata se i politici facessero bene il proprio mestiere, a volte, assai raramente, sia l’unica soluzione che resti per rimediare proprio agli errori della politica; Hitler, per fare un esempio concreto, andava fermato prima, ma arrivati al 1939 la guerra era diventata l’unica soluzione.

So ben poco dei ribelli che si oppongono a Gheddafi, non so quali siano i loro ideali e quali sino i loro progetti per il futuro della Libia, (non è disinteresse, il mio; semplicemente, di loro, i media si occupano assai poco) così come so ben poco di quel che il regime del Colonnello abbia voluto dire per il popolo libico e questa mia ignoranza m’impedisce di formarmi un’opinione sulla giustezza di questa guerra; posso solo esprimere delle sensazioni (avrei preferito che l’Italia si comportasse come la Germania) o poco più.

Resta che solo su questi temi si dovrebbe dibattere; che in questi termini andrebbe affrontata a questione. Che mandare dei bombardieri in base a motivazioni diverse da quella di aiutare una popolazione a disfarsi di un tiranno sanguinario (e allora lo si fa senza remore e per tutto il tempo necessario a raggiungere lo scopo) è criminale.

Il fatto che lo facciano anche altri, come ci ricordavano a più riprese i politicanti presenti a quella trasmissione, non cambia nulla; è una scusa puerile, indegna di un discorso tra adulti prima ancora che di un dibattito politico: il “ma anche la Francia” o il “ma anche l’America” del Ministro o dell’Onorevole non sono diversi dal “ma anche Gigino” con cui cercavamo, da bambini, di scusare le nostre marachelle.

Ci sarebbe di che restare delusi da simili discorsi; non possiamo neppure esserlo se consideriamo il livello infimo dei personaggi che li tengono: sono il nulla che sono e da loro non ci si può aspettare nulla di meglio.

Esagero? L’onorevole Casini e il ministro la Russa concordavano nel lodare l’intelligenza, anzi la genialità, delle nostre bombe: i civili ammazzati a Belgrado come a Bagdad dalle altrettanto intelligenti bombe americane, per loro, non sono mai morti.

“Gli italiani non bombarderanno i civili” strillava l’isterico Ministro e il cristianissimo Onorevole non aveva, su questo, nulla da eccepire; “Gli italiani non mireranno ai civili”, è tutto quello che avrebbero potuto affermare quei due comici d’avanspettacolo, “poi speriamo di non ammazzarne troppi”.

Avanspettacolo? No, avete ragione: vedere il Ministro della Difesa chiedere ad un assistente chi sia Lukashenko, com’è avvenuto nel corso di quella trasmissione, non è una scena comica; è la dimostrazione della tragedia in cui è precipitato il nostro Paese.

La tragedia di essersi dato la peggior classe dirigente dell’occidente.

Abbiamo appena celebrato il 25 aprile.

Non penso affatto che fascisti e partigiani fossero uguali, penso che i primi fossero dalla parte del torto e i secondi da quella della ragione, ma so anche che i migliori tra loro, partigiani o fascisti che fossero, erano disposti a sacrificare la propria vita per un’idea dell’Italia. E molti lo hanno fatto.

E’ per questo che sono morti? Per creare quest’Italia cinica? Per un paese che va alla guerra con la calcolatrice in mano? Per un paese che non ha neppure il coraggio morale di aprire i propri campi di concentramento (avete visto dove finivano i migranti che venivano respinti in Libia) ma paga altri per farlo?

I nostri padri hanno pagato un prezzo altissimo per darci l’Italia; per darcela unita prima e per farne una democrazia poi. E’ fatta dei loro ideali, non di metri quadri di territorio o di denari nelle casse dello stato, la Patria che ci hanno lasciato e che dovremmo lasciare ai nostri figli.

E’ nei loro confronti, dei nostri padri e dei nostri figli, che ci dovremmo solo vergognare.

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