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Siria: le donne in kalashnikov della rivoluzione

Zubaida al-Meeki è stata la prima donna ad annunciare pubblicamente la diserzione dalle truppe del presidente Bashar al-Assad per entrare a far parte dell'Esercito Siriano Libero, la più imponente forza armata di opposizione al governo.

La decisione, racconta ad al Jazeera, prese corpo nell'ottobre 2011, quando da collaboratrice diretta assistette ai primi crimini e atrocità commessi dal regime. Solo un anno dopo riuscì nell'intento, data la stretta sorveglianza alla quale il governo sottopone i membri dell'esercito, e dati i sospetti nati sulle sue intenzioni, che le costarono una perquisizione in casa e il licenziamento del fratello dal suo incarico pubblico.

Preso coraggio, nell'ottobre 2012 si avvicinò a un posto di blocco presidiato dalle forze di opposizione e chiese di potersi unire attivamente alla loro causa. Khaled, il coordinatore del battaglione dell'ESL dei Soldati di Allah, racconta della diffidenza iniziale con la quale il gruppo di rivoluzionari accolse la richiesta: «Quando ci approcciò, eravamo sorpresi e circospetti. Avevamo davanti una donna alawita che ci diceva "Voglio combattere dalla vostra parte". Abbiamo investigato su di lei per accertarci che fosse affidabile».

Zubaida, originaria delle Alture del Golan, al confine con Israele, appartiene infatti al credo alawita, professato dallo stesso al-Assad, e accogliere una donna, per di più facente parte della minoranza religiosa dell'uomo contro cui è indirizzata la lotta armata, creava comprensibili perplessità.



Nei due mesi successivi all'ammissione nel Jond Allah, l'ex soldato dell'esercito ufficiale addestrò una cinquantina di volontari completamente nuovi al mondo militare, forte delle sue conoscenze nel campo. Poche settimane le bastarono per formare fila di giovani pronte a imbracciare fucili e armi in nome della rivoluzione, imbevuti di qualche essenziale tecnica bellica.

Poi c'è la trentenne Amira al-Aarour: è la prima donna ad aver assunto un ruolo di comando all'interno dell'Esercito Siriano Libero. Figlia di un ex militare, sin da piccola accompagnava suo padre nei campi di addestramento, dove - ancora bambina - imparò a sparare.



Nel primo periodo di attività all'interno dell'ESL ha incontrato forte resistenza da parte dei suoi colleghi uomini, infastiditi all'idea di ricevere ordini da una donna risoluta e velata.

O ancora, Thwaiba Kanfani. Fino a qualche mese fa ingegnere per l'industria del petrolio in Canada, con un marito e due figlie di sei e tre anni, alla fine di giugno 2012 lasciò una carriera avviata e si allontanò dalla famiglia per abbracciare le lotte di liberazione dell'ESL, formandosi nei campi di addestramento predisposti in Turchia.



In quanto donna, può muoversi con più tranquillità per le strade di Aleppo, e il suo compito prevede la localizzazione degli avanposti delle truppe governative per organizzare di conseguenza gli appostamenti degli oppositori. Riveste anche ruoli di spionaggio, tenendo sotto controllo le alte personalità del governo per segnalarne ai compagni gli spostamenti e facilitarne quindi la cattura.

Ogni giorno chiama casa per rassicurare sulle sue condizioni. Intervistata da BBC News, spiega: «Mi chiedo perché non mi spaventi l'idea di essere sparata alla testa. Ma quando ti succede di guardare in faccia la morte, perdi la paura».

C'è anche Guevara, una ragazza siriano-palestinese, moglie del capo del battaglione al Wa'ad. Prima della rivoluzione, era direttrice di una scuola superiore.



Ora, è uno dei cecchini di punta del battaglione, in prima linea sulle strade di Aleppo.

La bella Um Jaafar, sposata a Abu Jaafar, comandante del battaglione Sawt al-Haq (Voce dei diritti), era una parrucchiera. Passava le giornate in un salone di bellezza curando la vanità delle sue clienti mediorientali.

Poi, due anni fa, esplosero le proteste e lasciò tutto: adesso indossa la mimetica, imbraccia un kalashnikov, e gestisce l'addestramento di donne volontarie pronte a formare il gruppo armato Nazek Obeid, da schierare nelle linee di combattimento del quartiere Sheik Saaed di Aleppo.



L'impegno sociale e il bisogno di rivalsa del popolo siriano è massiccio, univoco. Schiere di donne comuni che scelgono la militanza, decidendo per la partecipazione attiva alle lotte, consapevolmente proclamatesi protagoniste in una rivoluzione che poteva relegarle al dietro le quinte, renderanno ancor più ardui i tentativi di ripristino dell'ordine dittatoriale di al-Assad.

Se una madre di famiglia diventa pronta ad uccidere per un cambiamento, non tornerà sui suoi passi senza aver ottenuto ciò che vuole.

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