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Siria, frontiere e rifugiati: REPORTAGE e FOTOGALLERY

È un reportage realizzato presso le comunità rifugiate siriane in Libano, Turchia e Giordania. Questo lavoro è stato realizzato in seguito a diverse missioni da me realizzate nel 2012 e 2013 in concomitanza con l’inizio delle ostilità all’interno della Siria, che ancora oggi continuano e sono causa di decine di vittime ogni giorno.

Le foto di questo reportage sono state realizzate in vari Paesi: in Turchia, nei campi rifugiati di Islahiye e Altinozu situati a una decina di chilometri dalla frontiera; in Giordania, nel campo rifugiati di Al Zaatari situato a una quindicina di chilometri dalla frontiera; in Libano, nei campi improvvisati nella Regione della Bekaa (Kab Elais, Taabaya, Saadnayel, Zahlé) lungo la frontiera nord-est libano-siriana.

Il presidente siriano Bachar al-Assad ha lanciato nel marzo del 2011 una sanguinosa repressione contro gli oppositori al regime. Le forze regolari e i combattenti dell’esercito siriano libero (ASL) si affrontano per il controllo di città e posizioni strategiche. I bombardamenti e i combattimenti di strada hanno provocato la morte di più di 100.000 siriani, secondo le cifre dell’ONU, e l’esilio di decine di migliaia di civili verso i Paesi vicini.

Secondo le stime dell’ONU il numero di rifugiati interni ha superato i 4,2 milioni ai quali si aggiungono 1,4 milioni di persone rifugiatesi nei Paesi frontalieri, principalmente in Libano, Giordania, Turchia e nel nord dell’Iraq. Queste cifre sono destinate ad aumentare. La logica della guerra vuole che più le atrocità e i combattimenti continuano e più la gente fugge.

Questo significa che una generazione intera rischia di trasformarsi in una generazione persa nella guerra. La situazione dei rifugiati è diversa a seconda del Paese che gli accoglie.

In Turchia il governo ha costruito e gestisce 17 campi. La situazione è sotto controllo anche se dal mese di giugno il governo ha ridotto drasticamente l’entrata dei rifugiati nel Paese. Nei campi turchi i rifugiati vivono ormai da tre anni grazie all’assistenza delle autorità turche. La vita nei campi è mese dopo mese sempre più complicata, le tensioni aumentano tra le diverse comunità. La mancanza di lavoro e di prospettive di un ritorno nel loro Paese generano un sentimento di frustrazione e di angoscia profonda.

La siutazione politicamente più complicata e la più disastrosa per i rifugiati è in Libano. Dal 1948 il Paese accoglie dei rifugiati palestinesi, oggi più di 400.000. la maggior parte vive in 12 campi gestiti dalle Nazioni Unite. Numerosi sono gli incidenti e tensioni scoppiati tra i rifugiati palestinesi e le comunità d’accoglienza. I rifugiati siriani arrivano in Libano in una situazione caotica che ricorda quegli anni ottanta che precedettero l’inizio della guerra civile nel Paese. Anche se il governo libanese mantiene la friontiera aperta non ha autorizzato l’apertura di campi profughi gestiti dall’ONU.

Si calcola che un milione di siriani risiedano nelle 980 municipalità in accampamenti improvvisati e privi di ogni servizio. La maggior parte dei siriani che arriva in Libano era già scappata dal suo villaggio di origine all’interno del Paese. Non esiste una procedura d’iscrizione sistematica e la coordianzione tra le municipalità le ONG e le Agenzie dell’ONU è troppo debole. La maggior parte di rifugiati in Libano sono donne e bambini.

Il fardello che il Libano sta sopportando è troppo pesante e le nuove e frequenti tensioni rischiano di destabilizzare l’equilibrio nazionale. L’instabilità politica e le divisioni interne al Paese complicano la distribuzione degli aiuti e la gestione di questa crisi.

QUI il link al reportage completo.

 

Simone Giovetti

Questo articolo è stato pubblicato qui

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