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Proviamo ad ascoltare. 25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Di @MonicaRBedana

Oggi, in realtà, ho un estremo bisogno di silenzio.

Vorrei lasciar parlare solo le mie scarpe rosse, io che ho ancora la fortuna di poter percorrere piazze, sentieri, viali, viottoli mulattiere, calli di una vita e di un Paese in cui 105 di noi mancano quest’anno all’appello, senza giustificazione.

Si farà molto baccano, oggi, un po’ ovunque, in società. Solo oggi. Poi, da domani, sentiremo di nuovo solo il rumore dei colpi assestati e apriremo di nuovo la bocca solo per sgomentarci di quelli definitivi. Tra un assassinio e l’altro sembra invece non succedere mai nulla.

Il mio pensiero di oggi va alle famiglie che chiudono gli occhi. A quei fratelli, sorelle, padri, madri o cognati che vedono ma non guardano, che continuano a pensare che la violenza si possa risolvere tra le pareti di casa con un po’ di pazienza. Che blindano le loro coscienze e cuciono le loro bocche fino a quando sono costretti a dire, in ineluttabile ritardo, non pensavo che ciò che stava succedendo fosse così grave.

È sconsolatamente bassa, perfino in Paesi molto più attrezzati di noi a combattere la violenza sulle donne, la percentuale di denunce che provengono dal contesto familiare delle vittime. È più facile che sia un vicino di casa, allertato dalle grida, a chiamare le forze dell’ordine, prima che a farlo sia tua sorella.

A volte sono le stesse vittime a convincere la famiglia che va tutto bene, vittime innanzitutto di un’incapacità di difendersi lungamente appresa perchè ben inculcata dal suo stesso ambito familiare.

Far silenzio, almeno ogni tanto, aiuterebbe a provare ad ascoltare, attività sempre più rara, qualità inestimabile a tal punto che può salvare una vita.

Ascoltare ma non guardare altrove. E denunciare gli affari di famiglia.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.168) 27 novembre 2013 11:01

    Il buonismo retorico e politico è l’ultimo inganno che la nostra ipocrita cultura propaga per accecare la mente di donne e uomini.


    Invece il femminicidio nasce da una patologia psicobiologica che la nostra società ignora e rimuove.

    La pena di morte è l’unica riposta adeguata a questa mostruosità ereditata da millenni .

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