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Siria: è meglio lo Stato islamico o Assad? (Seconda parte)

La domanda che spesso viene posta a chi continua a denunciare i crimini di Asad è: “È meglio lo Stato islamico o Asad?”, è una domanda retorica di facile soluzione. Questo pezzo (il secondo di tre) vuole dare risposta alle questioni poste anche da chi sostiene Asad, non presentando solo opinioni ma fatti documentati accaduti negli ultimi quattro anni. Si presenta come un ampio dizionario di testimonianze video delle atrocità siriane.

di Alberto Savioli

 Questo è il seguito di un pezzo precedente: prendetevi il vostro tempo, ma guardate i video, alla fine sarà impossibile riproporre la domanda: “Meglio lo Stato islamico o Asad?”.

La rivoluzione. Anime nere e anime bianche

C’erano diverse anime allora (2012) in seno alla rivoluzione oramai militarizzata. Lo si poteva vedere anche nei cortei e nelle manifestazioni ancora pacifiche.

Un esempio lampante di ciò è stato “l’uomo magro”, Abu Maryam (questi video aiutano a capire chi fosse e qual era il suo pensiero: 12).

In una manifestazione ad Aleppo, nel febbraio 2013, accanto alle bandiere della rivoluzione viene sventolata la bandiera di Jabhat al Nusra e viene srotolato un manifesto di stampo confessionale. Abu Maryam (l’uomo al centro con la tuta nera e i baffi) che si opponeva a questa deriva estremista e confessionale della rivoluzione, strappa il manifesto e lo lancia lontano (video al min. 0.30 vengono srotolati gli striscioni, al min. 0.45 lui li toglie).

 Nell’aprile 2014 Abu Maryam è stato ucciso dalle bande criminali dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) (1,2). L’errore dell’occidente è stato quello di non aver sostenuto o protetto in vari modi e forme quest’anima non confessionale e non jihadista. Qualche nostro alleato del Golfo invece ha finanziato l’anima nera della rivoluzione.

Anti-imperialismo e complotto globale, una panacea per tutti i mali

Una volta stufatosi della Siria, il geo-politologo esperto di tutti i conflitti, cambierà il canale Tv e si occuperà di Ucraina, domani di una nuova guerra, ma sempre con la stessa sicurezza di avere ragione: “Il colpevole è l’imperialismo americano e le rivolte sono un complotto internazionale contro le dittature (che lui chiamerà governi)”, colpevoli secondo lui, non di reprimere il popolo ma di opporsi all’espansionismo americano. Per lui è un dettaglio il fatto che queste dittature siano alleate della Madre Russia e/o dell’Iran, Paesi – al pari degli Usa – con una politica imperialista.

Il geo-politologo assieme al “comunista duro e puro”, all’antimperialista e ai pacifisti nostrani, scende in strada per manifestare a favore del popolo palestinese contro l’occupante israeliano.

Durante la recente campagna militare di Israele contro Ghaza, queste persone hanno denunciato e si sono indignate per l’uso del fosforo bianco da parte di Israele ignorando completamente l’utilizzo del fosforo bianco da parte di Asad contro la popolazione civile: ad Erbeen nel dicembre 2012, a Talbise nel marzo 2013, febbraio 2013, novembre 2012, a Deir ez Zor nel febbraio 2013. Dall’inizio del conflitto nella Striscia di Ghaza, gli uccisi nella vicina Siria sono stati più del doppio di quelli caduti in territorio palestinese.

La carta dei curdi giocata a piacere

Con la stessa incoerenza il geo-politologo sostiene i miliziani curdi dell’Ypg assediati a Kobane dallo Stato islamico, sostenuti dalla coalizione internazionale e sostenuti da combattenti dell’Esercito siriano libero che tanto deplorano (gli anti-imperialisti hanno manifestato domenica 2 novembre a favore dell’enclave curda). Ma quando i curdi manifestavano contro Asad nella stessa Kobane nel 2011, a Qamishli nel gennaio 2012, e i ragazzi curdi delle scuole di Kobane davano il loro sostegno ai combattenti arabi di Baba Amr (Homs), queste persone voltavano la testa dall’altra parte.

Vittime collaterali o volute?

Il regime ha considerato i territori liberati come territori terroristi tout court, la popolazione di queste zone è colpevole di aver sostenuto la rivolta e di appoggiare i ribelli, per questo motivo va colpita e punita al pari di chi combatte. Per il regime non ci sono civili e belligeranti ma una popolazione pro-regime e una contro.

Non si spiega altrimenti l’uso indiscriminato di bombe al fosforo, bombe a grappolo e barili bomba sui certi abitati e missili scud, non certo armi raffinate che distinguono chi colpire, come quelle lanciate su Daraya (video 123), su Aleppo a una manifestazione in cui il canto di una bambina viene interrotto dallo scoppio dell’ordigno (video, min. 1.21), o su Jobar (Damasco).

Gli esiti sono evidenti a tutti quelli che non vogliono chiudere gli occhi e ignorare i fatti: ad Aleppo sono morte donne e bambini (video), a Duma (Damasco) dei bambini sono stati straziati dai bombardamenti (video), a Binnish (Idlib) dei bambini sono stati feriti dalle bombe a frammentazione (video), nella Ghuta (Damasco) dopo l’attacco con il gas i bambini boccheggiano come pesci fuor d’acqua (video 123).

Civili e bambini sono le vittime maggiormente colpite a Talbise (Homs), a Qabun (Damasco), a Daraa; anche il recente bombardamento con barili bomba di un campo di sfollati ad Abdin (Idlib) che ha ucciso 70 civili è un atto volontario non un effetto collaterale (video 12). Quotidianamente vengono estratti dalle macerie delle case dei bambini (video 12) come ad Aleppo, oppure vengono colpite aree dove i bambini giocavano come a Deir Assafer, o a Hassake.

Nessun altro conflitto ha visto un così alto numero di bambini (video 123) e civili (video 12) presi di mira, feriti o uccisi dai colpi dei cecchini dell’esercito siriano: la loro colpa è quella di trovarsi dalla parte sbagliata del conflitto non avendo sostenuto il regime. Questo video che mostra dei bambini di 4-5 anni che scappano mentre un cecchino del regime tenta di colpirli è emblematico: non si tratta di vittime collaterali del conflitto, ma di omicidi mirati.

Possiamo parlare di vittime collaterali o di atto voluto?

Qualcuno pensa che questi siano terroristi o esista una logica di guerra per cui due bambini debbano venire uccisi volontariamente da un cecchino di un esercito nazionale? Quale altra logica esiste se non quella di considerare terrorista tutta la popolazione non più residente nei territori controllati dal regime?

Secondo il geo-politologo l’esercito siriano è impegnato in una lotta contro i ribelli e i fondamentalisti, in un conflitto sono inevitabili quindi le vittime civili e i danni collaterali. In fondo sono i ribelli a nascondersi tra le case, come fare per ucciderli se non colpendo anche la casa e i suoi occupanti? Seguendo questa logica tutta la popolazione che si trova in zone non controllate da Asad merita di morire, o perlomeno la loro morte è un atto secondario di un tentativo di riconquista.

Un concetto questo molto pericoloso, che lascerei alla logica dei regimi. Se il nostro pensiero “occidentale” sdogana questo crimine “in funzione di”, possiamo stracciare la carta dei diritti dell’uomo.

Però vorrei che il geo-politologo facesse queste considerazioni dopo aver visto tutti questi video, dal primo all’ultimo minuto, dopo aver sentito le grida di dolore delle madri e aver visto le teste squarciate dei bambini o le loro convulsioni. È troppo facile giocare a fare geopolitica giocando a Risiko sulle vite degli altri.

Con la repressione del 2011 Asad ha rotto il patto con il suo popolo. Una famiglia che si è ritrovata un figlio ucciso, un marito che ha avuto la moglie violentata dai servizi segreti, o i bambini uccisi, ha smesso di riconoscere come tale il presidente siriano. Da quel momento per loro è diventato un criminale.

Asad potrà anche riconquistare i territori persi, ma non potrà mai riconquistare quelle persone. Legittimare nuovamente il presidente siriano per paura dell’Is, vuol dire rimandare il problema. La domanda retorica “è meglio lo Stato islamico o Asad” è mal posta. Si tratta di due facce della stessa medaglia, che si sono alimentate e legittimate vicendevolmente.

(continua…)

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.85) 21 novembre 2014 19:35

    Alcune considerazioni interessanti.

  • Di (---.---.---.183) 23 novembre 2014 00:11

    Le rappresentazioni della tragedia siriana (la cui prima vittima sono i siriani stessi) che si trovano su tutti i mass media tendono all’univocità: il popolo manifesta pacificamente per la democrazia; il regime reprime nel sangue le manifestazioni; ERGO il regime è delegittimato e deve essere abbattuto.
    Non c’è nulla di univoco nella crisi siriana, non ci sono buoni da una parte e cattivi dall’altra. Soprattutto i protagonisti della crisi siriana non sono solo siriani.

    Abbiamo visto altre volte gli effetti di questo manicheismo mercenario che strumentalmente usa i diritti umani come testa di ariete per commettere la più turpe delle violazioni dei diritti umani: la distruzione della coesione sociale di un paese per aprirlo agli interessi esterni. Lo abbiamo già visto all’opera in Iraq e in Libia, che ora sono stati falliti la cui popolazione non ha più alcuna certezza del futuro.

    Quello che dovrebbero imparare a rispettare gli umanitari a libro paga di qualche potenza straniera è innanzitutto il diritto internazionale, che vieta l’ingerenza nei fatti interni di uno stato sovrano.
    Di certo non è dicendo ai siriani cosa è meglio per loro che li si aiuta a superare le contraddizioni in cui vivono. Soprattutto se glielo si dice con le armi in pugno o col finanziamento e il sostegno militare ad una parte contro l’altra.

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