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Simoni, "Il mercante di libri maledetti" e "L’enigma dei quattro angeli": storia d’una rimozione?

Nonostante la fascetta editoriale riporti l’avviso che "Il mercante di libri maledetti" (Newton Compton, 2011) sia enigmatico come “Il nome della rosa” e avvincente come “I pilastri della Terra”, vorrei tranquillizzare Umberto Eco e Ken Follett: "Dormite tranquilli, era solo una battuta".

Incuriosita da un’intervista rilasciata da Marcello Simoni ad una radio locale, mi sono finalmente decisa a leggere il suo primo romanzo, già pubblicato in Spagna nel 2010 con il titolo "El secreto de los 4 Angeles", così riferisce la sovraccoperta.

Credo che Simoni in questo periodo soffra di una momentanea amnesia. Il mercante di libri maledetti non può essere stato scritto nel 2008 – come l’autore ha sostenuto alla radio e in questa intervista – , lo stesso romanzo era, infatti, uscito in Italia già nel 2007 col titolo L’enigma dei quattro angeli (Il Filo).

Posso quindi immaginare che la Newton Compton, che saluta Il mercante di libri maledetti come un esordio che rimarrà nella storia, non sia a conoscenza di questo particolare. Certo sarebbe bastata una veloce ricerca online per colmare tale lacuna.

Per fortuna ho avuto modo di leggere entrambi i romanzi ed è con vero piacere – e assoluta onestà – che vi esporrò quanto è rimasto inalterato e quanto, invece, ha subito variazioni degne di nota.

D’ora in poi chiamerò soltanto Il mercante la nuova veste uscita dalla fucina Newton Compton, mentre la versione Il Filo sarà I quattro angeli. Ne Il mercante sono scomparse quasi completamente le digressioni storiche presenti, ne I quattro angeli, non a caso la versione Newton Compton ha 351 pagine invece di 409.

L’ansia di creare differenze non ha prodotto, però, buoni risultati, almeno in questo caso: il romanzo di Simoni è un thriller medievale ma, privato di tutte le spiegazioni del caso, diventa estremamente semplicistico. E' anche vero, però, che a pagina 16 e 17 de "I quattro angeli", il chiarimento relativo agli albigesi pare più adatto a History Channel che non ha un thriller, ma credo sarebbe stato meglio mediare: tagliare di netto non è stata la soluzione narrativa migliore.

Lo stesso è avvenuto a pagina 24 de Il mercante, dove la cronaca relativa alla IV Crociata è letteralmente sparita. Ancora, nell’edizione Newton Compton molti punti esclamativi e di sospensione sono scomparsi dal discorso diretto, molti altri, però, sono rimasti al loro posto. Capisco la discrezione dell’editing, ma al lettore rimane la spiacevole sensazione di un intervento frettoloso e talvolta non necessario.

Ma non è ancora finita: sono state rese in italiano tutte le definizioni latine, proprio quelle che ci lasciavano intendere d’essere nel tredicesimo secolo.
Spiace poi constatare alcuni cambiamenti a dir poco discutibili: ne I quattro angeli, ad esempio, a pagina 211 troviamo la frase "vestito con un mantello", chiara e corretta. Purtroppo ne Il mercante, a pagina 176, si è trasformata in un’illeggibile "indossava con un mantello".

Lo stesso accade a pagina 344 – ne Il mercante – dove siamo costretti a leggere un brutto "sì, credevo d’averlo perso ma lo ho ritrovato", che ne I quattro angeli era invece un normalissimo "l’ho ritrovato". Stento a capire i motivi di questi interventi, ma ci sono molte altre cose che mi lasciano perplessa: virgole che spariscono e verbi che dal plurale passano al singolare, con costernazione di chi, come me, ha notato che ne I quattro angeli non c’era traccia di tutti questi errori.

E mi chiedo anche perché quest’ansia di cambiamenti, tagli e correzioni non sia stata applicata a correggere alcuni difetti de I quattro angeli, come ad esempio la lentezza della narrazione, un ritmo al rallentatore per una storia che vorrebbe essere d’azione. Alcuni esempi, tanto per intenderci.

A pagina 87 de Il mercante mi imbatto in questa descrizione: "Davanti ai suoi occhi sfilavano piccole scene di vita agreste, un drappello di villani dava la caccia a un cinghiale; un bifolco portava ad abbeverare i buoi; un crocicchio di massaie lavava i panni sulla riva; un gregge di pecore pasceva in un prato; un pastore ronfava all’ombra di un faggio".

Il capitolo 52 de Il mercante – pagina 190 – si apre così: "L’alba si stava affacciando sulle terre d’Occidente. Coronava i Pirenei con la sua luce dorata, metallo incandescente in procinto di liquefarsi e di colare sui pendii in budelli di fuoco". Ora, non so a voi, ma qualche sbadiglio a me è scappato.

Inoltre, in questo thriller medievale di dubbia velocità, i personaggi – che mi ricordano vagamente il Dirk Pitt di Clive Cussler – sono sempre sopra le righe. Il mercante menzionato nel titolo è Ignazio da Toledo, che Simoni ci descrive di lineamenti moreschi, carnagione chiara, pelato e con la barba plumbea – queste due caratteristiche gli conferiscono un’aria dottorale – ma è anche il caso d’aggiungere che sono gli occhi a catturare l’attenzione: smeraldi verdi e penetranti incastonati fra rughe geometriche. (Pagina 11). Potrei proseguire ma credo d’aver reso l’idea.

Bene, il nostro Ignazio è in un bel pasticcio a causa di un libro, ovviamente maledetto, e in questa avventura è coadiuvato da Willalme de Béziers, e anche lui è dotato di uno sguardo da cartolina: "Gli occhi azzurri sembravano quelli di un fanciullo, ma i contorni del viso erano decisi, scolpiti dall’espressione rigida delle mascelle" (Pagina 12).

In seguito si unisce a loro il giovane Ubaldo – che non a caso ha grandi occhi ambrati – che seguirà i due nuovi compari in mille pericolose peripezie.
Naturalmente non mancano i cattivi. Il più terribile lo incontriamo nel prologo: "Sta sopra un carro trainato da cavalli neri come la notte, dei veri demoni dell’inferno, e nasconde il viso dietro la Maschera Rossa". (Pagina 7 e 8).

Lo stile, come avrete notato, è piuttosto iperbolico. Del resto ci stiamo addentrando in un fine congegno fatto di tranelli e Settimana Enigmistica. No, si sappia, non intendo in alcun modo prendermi gioco del meccanismo narrativo ideato da Simoni, io ho una venerazione per cruciverba e affini!

Vorrei anche farvi notare un particolare: nel testo – in entrambi i testi – sono presenti diverse immagini che riproducono gli indizi scovati dai nostri tre eroi, peccato che la soluzione la si possa scoprire soltanto grazie a nozioni che i più – io tra loro – non possiedono. Tali disegni perciò risultano, a mio avviso, assolutamente inutili. Carini da vedere, ma niente di più.

Quindi a conti fatti mi rimangono alcuni dubbi: perché Simoni ha scordato di citare quei poveri quattro angeli? Com’è possibile che siano sfuggiti alla Newton Compton? Possibile che nessun recensore si sia chiesto niente in proposito? E se L’enigma dei quattro angeli ha partecipato a Belgioioso Giallo 2008 tra i romanzi editi da piccole case editrici, potrà partecipare in futuro tra le grandi come Il mercante di libri maledetti?

Ai posteri, sempre a loro, spetterà scoprire la soluzione di questi enigmi. Io mi fermo qui.

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