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 Home page > Attualità > Politica > Silvio andrà, ma con l’Impero resta zoppa la nostra Democrazia

Silvio andrà, ma con l’Impero resta zoppa la nostra Democrazia

L’Impero va demolito. L'ho scritto e riscritto, in questi anni, ma la crisi del nostro debito mi ha fatto per un momento dimenticare dell’importanza fondamentale di questo punto.

Parlo dell’Impero mediatico controllato dalla famiglia Berlusconi; una spada di Damocle che continuerà a pendere sul Capo della nostra Democrazia anche dopo che il Presidente del Consiglio sarà diventato, semplicemente, nonno Silvio.

Una simile concentrazione di mezzi d’informazione, in grado di condizionare pesantemente il risultato di qualunque votazione, rappresenta infatti un potere non elettivo troppo grande perché si possa pensare di lasciarla intatta; va divisa nelle sue componenti e, per quanto riguarda le reti televisive, bisogna introdurre delle norme, simile a quelle che da sempre vigono negli Stati Uniti, che impediscano ad un singolo soggetto di avere il controllo totale anche di una sola di queste.

E’ una necessità di cui dovrebbero avere coscienza anche i più accesi sostenitori di Berlusconi. Se possono essere soddisfatti della situazione attuale, non possono ignorare che Mediaset è una società quotata in borsa e come tale potrebbe finire, domani o tra qualche anno, nelle mani di qualcuno con idee diverse dalla loro o di uno straniero.

Una necessità che può essere negata solo sostenendo che le televisioni, in politica, non contino. Una vera assurdità se si pensa ai volumi che sono stati riempiti riguardo l’importanza fondamentale avuta da un solo canale televisivo, apertamente schierato, Fox News, per l’elezione di Bush Jr., peraltro in un paese, come gli Stati Uniti, con un sistema informativo ben più differenziato e con un elettorato con una maggior propensione alla lettura dei nostri.

Una tesi, quella dell’ininfluenza delle televisioni, che proprio chi le televisioni controlla e fa della propaganda di mode e prodotti il proprio mestiere, non può sostenere pretendendo d’esser preso sul serio.

E’ pure evidente, d'altra parte, che la neutralizzazione di Mediaset, abbinata magari ad una privatizzazione di gran parte della RAI, dovrà essere un punto fondamentale del programma della coalizione che si opporrà al PdL (o come si chiamerà allora) nelle prossime elezioni, ma che il Governo che seguirà le imminenti dimissioni di Silvio Berlusconi potrà fare ben poco a riguardo.

Avrà già mille difficoltà per mettere in atto le misure necessarie a portare il Paese fuori dall’immediato pericolo finanziario e, c’è da scommettere, ben difficilmente la Maggioranza che lo sosterrà potrà trovare un accordo su una materia, le televisioni, che, guarda caso, è considerata tra le più delicate.

Quel che certo potrà e dovrà fare, la nuova Maggioranza, è intervenire sulla RAI per restituire ai telegiornali un poco d’equilibrio; è il minimo se si vuole che le prossime elezioni non siano ancora vinte da Silvio Berlusconi, da un suo familiare o da un qualche Collor de Mello emanazione politica di Mediaset.

Non è un esercizio di fantapolitica; basta pensare a come, disinformando un poco al giorno, si sia riusciti a riabilitare Bettino Craxi, per comprendere che, tempo pochi mesi dalle sue dimissioni, specie considerando i sacrifici che il nuovo governo dovrà chiedere agli italiani, Silvio Berlusconi sarà canonizzato dalle sue televisioni.

Con il cervello completamente lavato, se nessuno ci ricorderà come sono andate le cose, arriveremo ancora una volta a dirci il classico “si stava meglio quando si stava peggio”.

Impossibile? Lo spettacolo indecoroso offerto in questi mesi da Silvio Berlusconi, dal suo gelminiano-brunettesco governo e dalla scilipotica maggioranza che lo sostiene è destinato a rimanere per sempre nella nostra memoria?

Non scommettiamoci: noi italiani abbiamo mille pregi, ma sembra proprio che non riusciamo mai a ricordare le lezioni delle Storia. Questa volta, cerchiamo di evitare di dover prendere le solite dolorose ripetizioni.

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