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Silenzio su un "negro" morto di fatica: diabolico intreccio tra razzismo, liberismo e comunicazione

Non c’era la folla delle grandi occasioni davanti alla bara di Mohamed, morto stroncato dalla fatica. Non c’erano fotografi, non c’erano i giornalisti.non c’era la radio, non c’era la tv.

Oggi non parlano quelli di Casa Pound. Quelli della Lega, sono zitti e muti. Oggi nessuno chiede a Salvini, a Di stefano qualche opinione sullo sfruttamento degli immigrati,

Sono tanti gli italiani che muoiono sul lavoro, ma sono pur sempre operai, sono pur sempre sfruttati. E allora anche per gli italiani silenzio, forse qualche articolo, le frasi di circostanza, ma niente di più.

C’è la notizia di classe, quella che vogliono i padroni, che supera anche le smanie razziste, di qualche ducetto nostrano.

Se sei operaio, non vale il colore della pelle, sei simile agli altri, nello sfruttamento, e nel silenzio complice dei media su tale sfruttamento. In questo caso lo slogan “prima gli italiani" non funziona. 

Qualche articolo in più, qualche inchiesta di qualche giornalista fuori dal branco, potrebbe turbare il clima di emergenza che è funzionale agli affari e allo sfruttamento.

Il “negro” che è un problema, il "negro” che scatena reazioni è un "negro” debole, incapace di far valere i suoi diritti. Il negro tollerato, è un "negro" che si accontenta di 3 euro all’ora, per morire sotto il sole pugliese.

E del resto, se si parla dei tanti Mohamed presenti in Italia, si rischia di sollevare il coperchio sul lavoro nero, sul caporalato, sullo schiavismo degli immigrati, delle prostitute, e anche degli italiani.

Meglio evitare!

E allora silenzio, anche per "te povero sfruttato italiano". E intanto i tuoi diritti sono rinchiusi nelle segrete stanze, di quella che era la libertà di stampa.

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