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Siamo pronti a vendere parte del patrimonio pubblico

Lo ha dichiarato Monti, durante una visita Berlino, per ricevere un premio per la "leadership responsabile". Se sarà così, il Professore, come in altri casi, farà, tardi, quel che altri avrebbero dovuto fare ben prima.

Dopo le sue parole, ad ogni modo, sono immediatamente circolate ipotesi sulle modalità con cui avverrebbero le dismissioni e sono arrivate le prime previsioni sulle cifre che se ne potranno ricavare.

Si tratta di anticipazioni che non paiono avere molto senso, prima che il governo fornisca qualche charimento e a cui non mi pare sia il caso di contribuire, anche se ho molti dubbi sul fatto che lo Stato possa spuntare dei buoni prezzi dalla vendita dei propri immobili, in un momento in cui il mercato è tanto depresso, e temo che, sempre a causa della pochissima liquidità in circolazione, possa risultargli difficile collocare le proprie partecipazioni azionarie.

Le mie, però, sono considerazioni tanto triviali, da farmi pensare che debbano essere state fatte anche da Monti e dai suoi ministri, e ho abbastanza fiducia in loro da credere che, se decideranno di procedere, lo faranno a ragion veduta.

Detto questo, resta che l'iniziativa, se volta a diminuire il debito e non a puntellare il bilancio, sia non solo lodevole, ma doverosa. Ci si potrebbe chiedere, anzi, mentre il prezzo dell'oro resta storicamente alto, se non possa essere accompagnata dalla vendita di una parte delle nostre riserve auree.

Quel che è certo è, che quanto prima ridurremo il nostro debito, tanto prima metteremo l'Italia al sicuro dagli attacchi di chi, contrariamente a noi, che siamo abituati ad usare il nostro denaro solo per fare opere di beneficenza, è tanto cattivo da pretendere di guadagnare investendo il proprio, e tanto cinico da farlo scommettendo, con pochi rischi, sul tracollo di un paese con rapporto debito PIL che supera il 120%.

Un rapporto debito che era già a questi livelli vent'anni or sono e la cui mancata riduzione, in quest'arco di tempo, è la dimostrazione lampante, oltre che dell'incapacità, meglio dell'idiozia di tutta la nostra classe dirigente, del nostro scarso raziocinio.

In particolare, avremmo dovuto attaccare il debito nei primi anni successivi all'introduzione dell'Euro, mentre pagavamo interessi bassissimi e l'economia del continente, anche se non la nostra, cresceva rapidamente; immobili e partecipazioni azionarie avrebbero spuntato, allora, prezzi reali, certo superiori a quelli di oggi, e sarebbe stato possibile arrivare ad avere un avanzo di bilancio (su questo punto nulla può essere rimproverato al buon Prodi) con misure assai meno severe di quelle a cui è costretto oggi il governo Monti. I bassi tassi d'interesse, a causa delle miopia dei nostri politici, dell'insipienza dei giornalisti, dell'ignavia degli imprenditori, dell'ottusità dei sindacati e dell'ignoranza delle più elementari nozioni di economia da parte della grande maggioranza dei cittadini, divennero invece la scusa per non fare un bel nulla e continuare a vivacchiare, mentre il debito pubblico, fino a ieri l’altro, in buona sostanza, ha continuato ad essere considerato non di tutti, ma di nessuno; una "tecnicalità" di cui né gli organi d’informazione, né loro titoli, né i comuni cittadini nei propri discorsi, pensavano fosse il caso di occuparsi.

E' difficile dire quale sia stato il momento in cui, come comunità nazionale, abbiamo raggiunto il culmine della demenza. Certo la campagna elettorale precedente, le ultime elezioni politiche, il cui tema centrale fu (e oggi sembra una barzelletta) quello della sicurezza, non depone a favore delle nostre capacità razionali. Ancora peggio facemmo in occasione del dibattito sul “tesoretto”; i denari imprevisti, diciamo così, che Padoa Schioppa si ritrovò nelle casse. Si sarebbero dovuti usare fino all’ultimo centesimo per ridurre il debito; scoppiò una vera e propria bagarre per destinarli a questa o quella spesa: col senno di poi, una vera e propria follia.

Spero che, ora, non ne vorremo commettere una di segno opposto; che, nell’ansia di incamerare denari, non arriveremo a vendere le partecipazioni dello stato in aziende davvero strategiche, come ENI, che tra l’altro produce utili, che fanno comodissimo anche al bilancio dello stato, o Finmeccanica, il cui patrimonio tecnologico ha un valore che difficilmente si può sopravvalutare.

Sono i nostri veri gioielli della corona e, per quanto possano fare gola a tanti, devono restare sotto controllo italiano; è grazie a loro, soprattutto, se continuiamo a figurare, in qualche modo, nel novero dei paesi che contano.

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.197) 15 giugno 2012 23:48
    Sandro kensan

    Sono proprio d’accordo con lei signor Schuler.

    Ho notato in proposito: «I bassi tassi d’interesse, a causa delle miopia dei nostri politici, dell’insipienza dei giornalisti, dell’ignavia degli imprenditori, dell’ottusità dei sindacati e dell’ignoranza delle più elementari nozioni di economia da parte della grande maggioranza dei cittadini, divennero invece la scusa per non fare un bel nulla e continuare a vivacchiare, mentre il debito pubblico, fino a ieri l’altro, in buona sostanza, ha continuato ad essere considerato non di tutti, ma di nessuno; una "tecnicalità" di cui né gli organi d’informazione, né loro titoli, né i comuni cittadini nei propri discorsi, pensavano fosse il caso di occuparsi.»

    ma anche la seconda pagina è molto bella con i vari flashback.

    Peccato che la gente non la leggerà se non 4 gatti e 2 cani tra cui io...:)

  • Di Sandro kensan (---.---.---.197) 15 giugno 2012 23:51
    Sandro kensan

    Maledetto sistema di votazione, in alcuni casi mi prende un voto negativo quando cliccko su "SI". :(

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