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Servizio "civile", doppio inganno

Il governo ha lanciato una nuova balla: la promessa di altri 100.000 posti di lavoro per i giovani, attraverso il rilancio del “servizio civile”. Posti sicuri come quelli promessi da Enrico Letta e subito elogiati dalla stampa servile, e finiti ben presto nel nulla. Renzi usa la stessa collaudata tecnica degli annunci di Berlusconi, e prima di lui di tanti altri, come Tiziano Treu: il suo famoso “pacchetto” sui lavori atipici fu accettato anche dal PRC perché doveva assicurare centomila posti per i giovani. Posti mai visti, naturalmente.

Ma ora c’è di peggio. Non si tratta solo dell’inconsistenza della “retribuzione” prevista per i “volontari”: 433 euro al mese, presumibilmente lordi, visto che non si dice netti. Fanno sempre così. E per una durata di 8 mesi prorogabili a 12. Per giunta le assunzioni saranno scaglionate nel tempo: in autunno cominceranno in 12.000 e altri 25.000 entreranno con un secondo bando previsto per febbraio 2015. Hai voglia prima di arrivare ai fatidici 100.000 della promessa.

Certo, i volontari del servizio civile, che erano 43.416 nel 2007, erano scesi a 14.144 nel 2010 e a 896 nel 2013. Per mancanza di fondi, non di candidati. Quindi anche queste poche migliaia di pseudo posti potrebbero essere allettanti per qualche disperato senza studio e senza lavoro, magari illuso dalle perorazioni del papa che si commuove per chi si trova in queste condizioni, e di Napolitano, che sostiene che “senza lavoro ai giovani, l’Italia è finita” ma si guarda bene dal dire che questa non è un’offerta di lavoro, ma una presa in giro. Anzi non è solo una presa in giro, è peggio, molto peggio.

Infatti a Monfalcone e Redipuglia, dove Napolitano si è recato per le ormai rituali celebrazioni del centenario della Grande Guerra, si è capito meglio che cosa nascondevano le belle frasi sul volontariato come “un’esperienza anche orientata ad avviare un percorso professionale” (come ha detto Francesca Bonomo, deputata PD “con delega al servizio civile e alle politiche giovanili”).

I nuovi compiti dei volontari dovrebbero essere, oltre che la tutela dell’ambiente (con che mezzi?), la “difesa del territorio e del patrimonio dello Stato”, ma anche e soprattutto le “partecipazioni a missioni umanitarie in paesi stranieri”. Sappiamo cosa si intende con “missioni umanitarie” e non ci tranquillizza che si dica che per la maggior parte di loro “sarà un’opportunità di servire il Paese attraverso forme di difesa non armata”. Faranno i barellieri che raccolgono i feriti provocati dai bombardamenti umanitari degli altri?

Il Messaggero, in questa fase il giornale più governativo che si possa immaginare, è entusiasta, e ha dedicato oggi il titolo su tutta la prima pagina e due intere pagine all’argomento. In una di esse si svela l’arcano, con due interviste ad alti ufficiali: il presidente dell’associazione degli alpini, Sebastiano Favero, chiarisce che questo volontariato è un primo passo verso il ripristino della naja almeno per il corpo degli alpini (“per avere una base di ragazzi su cui contare in caso di necessità”…). Favero aveva lanciato pubblicamente la proposta in occasione del megaconvegno degli alpini a Pordenone, nel maggio scorso, e assicura di avere avuto l’appoggio entusiastico di Renzi e della Pinotti.

Il programma della “leva alpina” che piace a Renzi sarebbe molto semplice: “Prevede un minimo di inquadramento militare”, ma “poca roba, nel nostro caso non dobbiamo formare combattenti. Giusto per inculcare il senso della disciplina”. Per sistemarli dice che ci sono tante caserme dismesse…

Il parere dell’altro generale intervistato, Mario Buscemi, presidente di Assoarma (che raccoglie le associazioni di tutte le Forze armate italiane), è più scettico. Il progetto è buono, dice, tanto è vero che lo aveva già lanciato Ignazio La Russa quando era ministro; ma non decollò per mancanza di fondi. Buscemi teme che Renzi faccia un provvedimento ad hoc per gli alpini, e che questo “giustifichi ulteriori riduzioni (?) di spesa per l’Esercito. Insomma si può sospettare una concorrenza di bottega, che traspare dall’insinuazione che il ripristino della naja per gli alpini servirebbe soprattutto a garantire un nuovo “gettito” associativo all’ANA, che attualmente rischia di vederlo ridotto rispetto al passato per la forte contrazione del corpo (ma l’Associazione ha pur sempre 360.000 iscritti, che non è proprio poco).

Insomma, più che avviare a una vera esperienza professionale, questo “servizio civile universale” annunciato da Renzi dovrebbe permettere una specie di addestramento premilitare e paramilitare, magari con qualche ricaduta sul territorio in caso di incendi, terremoti o altre calamità (come peraltro è sempre avvenuto anche con il regolare servizio di leva, dal terremoto di Messina a quello del Friuli, e come non avviene da tempo per gli incendi boschivi, perché manca un numero minimo di aerei adeguati, come ci ha spiegato sul sito Gregorio Piccin, in una Testimonianza su una ordinaria follia).

Ma nel caso che qualcuno pensasse davvero di indirizzare il progetto verso un “percorso professionale” e un posto di lavoro in fabbrica, ci pensano lorsignori a chiarire cosa dovrebbero fare i giovani: ad esempio Riccardo Illy, che dice di condividere le parole del presidente della Repubblica sui giovani senza lavoro, scrive su La Stampa di oggi che “occorre una vera rivoluzione”, cominciando a “superare” l’art. 18, per passare poi a liquidare “istituti antiquati”, come il TFR, e perfino le pensioni di reversibilità. Bella “rivoluzione”, io la chiamerei direttamente uno scippo, dato che l’uno e l’altro rappresentano forme di salario differito previsto da leggi e contratti nazionali.

Ma d’altra parte come potrebbe fare altrimenti i padroni, in un paese in cui un “sindacalista” come Raffaele Bonanni riprende anche lui a modo suo le sollecitazioni di Napolitano formulando un programma che neanche per sbaglio prevede una richiesta per i lavoratori: “La classe dirigente, dice Bonanni, deve decidersi a far calare il costo dell’energia, dei trasporti, delle tasse, dell’amministrazione della giustizia”. Solo così si “riuscirà ad attirare gli investimenti stranieri, e si creerà nuovo lavoro per i giovani.” E non è un mostro isolato, Bonanni, visto che anche la maggioranza della CGIL (compresa la FIOM normalizzata da Landini) ha scelto l’unità con questo servo dei padroni.

Comunque il pifferaio Renzi finora è stato bravo nello spacciare per “rivoluzioni” e bisogni dell’Italia tutti i programmi del padronato più retrivo, quelli che Berlusconi non è mai riuscito a realizzare. Anzi tenta di far qualcosa di più di quel programma, eliminando il principio elettivo per le province e uno dei due rami del parlamento. Per l’altro ramo, se passa questo primo tentativo, si vedrà dopo.

Mi domando solo con che faccia si può sostenere che “gli italiani” avevano un profondo bisogno di queste riforme, a partire dalla soppressione del senato elettivo. Avete mai incontrato uno di questi? Penso di no.

Un po’ più vero dire che “queste riforme ce le chiede l’Europa”. Questa Europa, di superburocrati strapagati, di politicanti in pensione parcheggiati a Bruxelles e Strasburgo, di rappresentanti di governi antidemocratici eletti da una piccola parte della popolazione del loro paese, considera effettivamente un fastidioso ingombro la rappresentanza democratica, e inutile il dibattito sui problemi reali della popolazione. Ma dovremmo cominciare a fare i conti ogni giorno in piazza su quanto costoro sperperano per sé e a favore di banche e fabbricanti di armi, confrontandolo con i salari e le pensioni e – perché no – con le misere indennità di 433 euro mensili previste per i volontari del “servizio civile universale”!

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