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Se il fotografo Antonello Zappadu rafforza la democrazia

C’è un bravo fotoreporter sardo, Antonello Zappadu, che, proprio in questi giorni, sta dimostrando come la fotografia possa essere di ausilio alla democrazia (oltre che alla rima).

Come tutti sanno, infatti, Zappadu è l’autore di una serie di reportage su Villa Certosa dentro la quale ha scrutato, con un sapiente teleobbiettivo, le abitudini del premier Silvio Berlusconi nelle giornate di relax. Ha poi anche puntato la sua macchina fotografica in direzione della pista dell’aeroporto di Olbia, dove atterrano i voli di Stato governativi e dove scendono dagli aerei non soltanto membri dello staff ma anche musici e ballerine, oltre a belle figliole con imprecisati incarichi.

Da quelle poche immagini che si sono potute vedere all’estero (in Italia la legge non consente di riprendere una persona nella sua dimensione privata, senza il suo consenso), l’immenso parco della villa berlusconiana spesso sarebbe invaso da ninfette ed ex premier stranieri in momenti di sollazzo. Altre immagini mostrerebbero (il condizionale è d’obbligo) decine di fanciulle in minigonna e in stivali neri, come la Valentina di Crepax, che si aggirano per gli stupendi viali della magione.

Ora, naturalmente, si deve dire che tutto ciò non costituisce affatto un reato. Il problema, semmai, è quello di chi utilizza i voli di Stato senza una ragione di Stato. Ma per questo è in corso un’indagine e potremmo dunque conoscerne gli sviluppi (sempre che il sistema lo permetta).



Ciò che, però, ci interessa sottolineare è il ruolo della fotografia e del fotografo.

C’è chi può non amare questo tipo di attività, soprattutto quando è volta a scoprire i vizi privati delle persone. Ma il fatto è che i “vizi privati” (sempre che tali siano, s’intende) di un Capo di governo, per il fatto stesso che si atteggiano a “vizi” e che riguardino chi è investito di una funzione pubblica al massimo livello, diventano automaticamente “pubblici”. Ed è proprio questo che, del tutto legittimamente, il fotografo capta, in ciò rafforzando la democrazia, della quale uno dei primi elementi costitutivi è la trasparenza dei comportamenti e delle abitudini.

Insomma, questo episodio dimostra il ruolo sociale e politico della fotografia, perfino più forte di quello di altre forme di espressione, come il giornalismo scritto, l’arte pittorica, il cinema e la televisione. In questo modo, il fotografo diventa la coscienza critica di una società piuttosto chiusa come indubbiamente è quella italiana.

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