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Conti pubblici. L’Italia non sta peggio degli altri, ma è lo spread che la strangola

Il rapporto fra debito pubblico e patrimonio netto degli italiani è positivo e superiore a quello di altri Paesi. Il problema è nel divario del tasso di interesse che siamo costretti a pagare per piazzare i nostri titoli, eredità della sciagurata era berlusconiana e del dominio dei mercati

Come ha mostrato Marco Fortis sul «Sole 24 ore», l’Italia non è affatto il paese più indebitato d’Europa (e del mondo). Secondo le proiezioni compiute dalla Commissione europea, quest’anno ci saranno ben nove nazioni con un debito superiore all’80% del PIL (Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Germania). Basti pensare che, secondo il «Fondo monetario internazionale», gli Stati Uniti d’America quest’anno avranno un debito pari al 113% del PIL (senza contare quello elevatissimo della California).

L’Italia si appresta velocemente a raggiungere quota 2.000 miliardi di euro, pari a circa il 120% del PIL, ma altri Paesi dell’Eurozona non stanno certo meglio: la Germania raggiungerà i 2.082 miliardi, la Francia 1.946, il Regno Unito 1.900. Il problema italiano, dunque, non sta tanto nella montagna di debito, ma negli interessi che deve pagare per ottenerlo dai mercati. Rispetto alla Francia dovremo sborsare 36 miliardi in più, 21 rispetto al Regno Unito e 27 rispetto alla Germania. Perché? In parte perché scontiamo un deficit di credibilità internazionale, retaggio dell’era di Silvio Berlusconi (e pensare che l’ex premier si è riproposto per il dicastero dell’economia!) e in parte perché non riusciamo a convincere i mercati che la nostra struttura economica riuscirà a reggere l’urto della crisi economica ma soprattutto quello della competizione internazionale, che nell’era della globalizzazione si è fatta molto più dura.

Su questo punto, però, si possono fare alcune precisazioni. La prima è che le cifre che abbiamo considerato non tengono conto del rapporto fra debito e patrimonio netto. Se infatti, consideriamo il sistema-Paese come se fosse un’azienda (cosa che non è del tutto corretta, perché l’economia nazionale è strutturata in modo differente da quella di una singola azienda) e consideriamo l’indicatore più utilizzato, il Debt/Equity (rapporto fra indebitamento e patrimonio), ci accorgiamo che la situazione economica italiana è meno disastrata di quanto comunemente si pensi. Il debito pubblico italiano complessivo è pari a 1.950 miliardi di euro (dati Bankitalia di aprile 2012); la ricchezza detenuta dagli italiani è pari a 9.525 miliardi di euro (dati Bankitalia di fine 2011). Il D/E risulta dunque pari a 0,20, cioè è compreso fra 0 e 1. Ciò sta ad indicare una situazione patrimoniale che non desta preoccupazioni, in quanto il patrimonio complessivo detenuto dall’«azienda Italia» supera di quasi cinque volte l’indebitamento. È pur vero che non è possibile comparare in modo netto l’«azienda Italia» da una qualsiasi altra azienda privata (quest’ultima dispone dei propri beni e assets e può venderli in ogni momento per realizzare una plusvalenza da utilizzare per pagare i debiti), ma è un fatto che la ricchezza degli italiani è pari al 175% del proprio PIL, mentre quella dei tedeschi non supera IL 126%. Se consideriamo il valore del solo patrimonio immobiliare pubblico, esso ammonta a circa 370 miliardi (dati del Ministero del Tesoro, fine 2011).

Ma allora qual è il problema italiano e perché l’attuale governo continua a progettare manovre di contenimento dei conti pubblici che produrranno altra recessione, deteriorando la domanda interna e quindi il gettito fiscale? Il problema prioritario sta nei mercati: siamo costretti a convincere i mercati (cioè chi decide di acquistare grandi masse di titoli italiani, oltre ai Paesi stranieri come la Cina, i grandi Fondi internazionali di investimento) che la nostra economica abbia una sua credibilità perché altrimenti aumenta lo spread, altrimenti, sarebbe necessario aumentare il tasso di interesse per rendere appetibili i nostri BOT e BTP. In definitiva, se i pensionati italiani e i dipendenti pubblici e privati, se i disoccupati, i precari, i giovani senza lavoro sono nella situazione critica che conosciamo, lo debbono all’impero di un centinaio di Fondi internazionali che influenzano prioritariamente la domanda di titoli di Stato. È la conseguenza della folle dottrina neoliberista della «dittatura del mercato», che potrebbe portarci al fallimento definitivo.

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.164) 4 luglio 2012 23:55
    Truman Burbank

    La ringrazio per aver confermato la mia teoria che molte persone sono ignoranti, ma per avere degli ignoranti veri bisogna prendere dei professori universitari.

    Nel merito, è tutta aria fritta, ripassature di economia teoclassica fallita da tempo. Del resto viene citato il più inattendibile dei quotidiani, IlSole24ore, il quale, in evidente conflitto d’interesse con i lettori, può dire solo ciò che fa comodo ai suoi padroni, cioè teologia economica.

    Ancora nel merito: com’è che sono 7 mesi che c’è Monti e il debito pubblico aumenta, mentre lo spread resta costante? Ma la favoletta con cui lo avevano messo a rubare nella posizione più favorevole d’Italia non prevedeva il miglioramento dei conti?

    E poi questi mercati nel mondo reale hanno un nome, non sono aziende qualsiasi, sono banche d’affari, tra le quali Goldman Sachs, la banca per cui lavorano (o hanno lavorato) Monti e Draghi. Ancora un conflitto d’interessi: non è che per caso monti e Draghi continuano a lavorare a favore di Goldman Sachs invece che a favore delle popolazioni europee?

    • Di (---.---.---.43) 6 settembre 2012 11:35
      grazie per questo grande articolo bet.
    • Di (---.---.---.5) 6 settembre 2012 13:14

      Ci ho dovuto pensare un po’ prima di poter utilizzare il miglior aggettivo per Truman Burbank (già uno che non riesce a firmarsi con il suo vero nome e cognome annuncia a tutto il mondo di essere una nullità, che non merita nemmeno di avere un identificativo). Poi ho deciso: cretino. Visto che cretini come Truman Burbanl frequentano questo sito ho ritenuto doveroso smettere di scriverci. Solitamente preferisco farlo per lettori e studenti dotati di cervello

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