• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Se i grillini avessero letto Rodotà

Se i grillini avessero letto Rodotà

La candidatura di Stefano Rodotà è stata dunque difesa fino all'ultimo dai grillini nella sfida per l'elezione alla massima carica dello Stato.

Ci domandiamo però se i suoi supporter e alfieri, impegnati nella defatigante lotta politica, abbiano avuto il tempo per dare anche solo una scorsa alla breve presentazione, firmata dal loro candidato, dello scritto di Adriano Olivetti Democrazia senza partiti, dato alle stampe poche settimane fa.

Supponiamo di no, altrimenti, immaginiamo, le considerazioni di Rodotà avrebbero sollevato un acceso dibattito tra le fila del popolo dei Cinque stelle.

Nelle righe di presentazione, infatti, Rodotà nega rapporti di parentela tra la critica olivettiana dei partiti "e quella attuale, che assume spesso i modi e le forme dell'antipolitica e approda ai lidi della democrazia plebiscitaria o autoritaria" (p. 12) e ribadisce che "la critica ai partiti di Adriano Olivetti non ha nulla a che spartire con le ripulse di questi tempi, perché è aliena da pericolosi scivolamenti verso le suggestioni del no alla politica o del rifiuto d'ogni mediazione tra cittadini e governanti" (p. 13). L'allusione al "grillismo", mai esplicitamente evocato, è evidente.

Ebbene, Democrazia senza partiti, del 1949, era stata preceduta dall'Ordine politico delle Comunità, scritto durante la guerra, vero edificio teorico che ridisegnava l'architettura istituzionale dello Stato in senso comunitario, edificio, per stessa ammissione di Olivetti, caratterizzato da "una serie di istituzioni, di dispositivi, di regole, di forme che […] ne fanno una costruzione singolarmente complessa ed estremamente rigida" (p. 49).

Costruzione che ha poco da spartire, in effetti, con la democrazia diretta ed elettronica, che salta ogni tipo di mediazione, immaginata dai 'cinquestelluti'.

Nel tentativo di scavare un fossato incolmabile tra la critica olivettiana ai partiti e quella attuale, le argomentazioni di Rodotà, però, rischiano a nostro avviso di dare per dimostrato ciò che dimostrato non è.

Per Rodotà, infatti, nel dibatto politico italiano odierno, l'antipartitismo è necessariamente antipolitico perché, sembra di capire, antipolitico è ogni atteggiamento volto a ridurre gli spazi e i diaframmi della democrazia rappresentativa a beneficio di quella diretta. Ma la giustificazione, anche solo per accenni, di questa posizione teorica è assente nella presentazione di Rodotà.

Di più, Rodota conclude le pagine introduttive osservando come "l'esperienza recente [abbia] messo in evidenza il problema di una democrazia che, per rimanere tale, ha bisogno di partiti" e come, quindi, anche la proposta comunitaria e antipartitica olivettiana debba considerarsi "realisticamente impraticabile" (p. 21).

Anche qui al lettore non viene offerta una dimostrazione della validità di simili asserzioni (un rimando, una noterella a piè di pagina è forse incompatibile con la stringatezza di una presentazione?) ma un atto di fede nei confronti dell'uomo di scienza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares