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Home page > Tempo Libero > Cinema > Salò o le 120 giornate di Sodoma, di Pier Paolo Pasolini

Salò o le 120 giornate di Sodoma, di Pier Paolo Pasolini

Sia permesso di esprimere un commento anche allo sventurato poco colto e meno ancora intelligente che non è riuscito a stare nel cinema oltre un’ora delle due lunghe di durata del film, proiettato rimasterizzato nel 2015. Rivelatoria e importante è l’intervista che precede il film, fatta a Pasolini nell’aprile del 1975, questa spiega la sua idea del potere. Tra l’altro: riduzione del corpo umano a cosa, il potere che elimina la gioia del comportamento attraverso la manipolazione delle coscienze e dei corpi, il potere coi suoi riti. 
 


In questa denuncia PPP è stato fondamentale, precursore, bastava leggerne articoli e libri di allora, nel ’75 ha ritenuto di dare un grosso pugno nello stomaco a chi non volesse capire, a chi il potere deteneva. Esso deve istruirci con le sue facezie, mentre gozzoviglia e, ad esempio, posa le proprie “chiappe d’oro” su sedili di auto fiammanti che noi gli procuriamo. Fateci vedere che siete felici viene detto ai ragazzi che la masnada di quattro “notabili” con le loro prostitute hanno sequestrato in una villa in disuso di Salò, o anche, siete fuori dai confini della legalità, quando in qualsiasi tempo e ancora oggi la “legalità” è declinata dal potere a proprio uso e consumo. Esso gode in fondo della sofferenza dei suoi cittadini o quanto meno non gliene cala, ambisce a procurarsi piacere e possesso. Così i ragazzi e ragazze del film si piegavano, perché costretti, alle voglie perverse di quel gruppetto anziano composto da conte, eccellenza, presidente, monsignore e le loro cortigiane (o troie come le definì Franco Battiato). Tutto molto attuale.
 
Però: che bisogno c’era di mettere in scena due ore di violenza e di mostra di tutto il repertorio sadico che il sesso può contenere? In questo film PPP ha forse esibito tutti i modi che egli conoscesse per dare o ottenere piacere e proprio questi interminabili esercizi procurano noia. Dante Alighieri descrisse tutto questo con tre semplici versi, nel canto XV del Paradiso: Non avea case di famiglie vòte; non v’era giunto ancor Sardanapalo a mostrar ciò che in camera si puote (re assiro effeminato dedito alla lussuria e alle passioni più ignominiose). Il letterato nostro contemporaneo invece ha ritenuto di dover mostrare tutto il campionario forse per denunciare con più forza i suoi concetti. 40 anni fa non avevo visto il film, avrei potuto aspettarne altri 40. 

Commenti all'articolo

  • Di angelo umana (---.---.---.180) 31 luglio 2019 14:40
    angelo umana

    In un articolo sul FQ di anni dopo, 2019, Francesco Crispino cita di questo film e della morte di PPP il celebre paradosso dell’autore: "solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve a esprimerci". Pare che PPP suggerisse che sia la Morte ad assegnare il senso definitivo alla Vita, Una morte come si conviene alla vita che s’è fatta, dunque, PPP morì per un "massacro tribale", fosse esso dovuto a una legittima difesa conseguente a un rapporto omosessuale mercenario (come da processo d’appello) oppure un agguato in concorso della criminalità, servizi deviati e massoneria, Mah, chissà, forse si vuol vedere in quella morte appunto una similitudine con la sua vita (di ribelle al potere). RIP!

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