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Sakara depone le armi, Stann demolisce il "Legionario"

L’unico atleta tricolore nell’UFC perde male contro l’eroe di guerra statunitense che lo mette giù alla prima ripresa. Sconcerto tra i fan italiani, preoccupati per le immagini della cerimonia del peso, nelle quali Sakara non era apparso in forma.

C’era da aspettarselo. All’indomani della sconfitta contro Brian Stann, gli appassionati di arti marziali miste ripetono, nei bar e nei social network, che il verdetto dell’ottagono non lascia adito a recriminazioni di sorta: Brian Stann ha chiuso l’incontro nel suo stile, scrivendo la parola fine su un match a senso unico che lo ha visto protagonista per poco più di due minuti (le statistiche ci consegnano uno specialista del K.O alla prima ripresa, soluzione raggiunta dall’atleta in ben otto casi su nove).

Diceva un tempo il Legionario che il k.o. è un verdetto «senza se e senza ma» e ciascuno è artefice del suo destino: purtroppo l’affermazione di quella vecchia intervista gli si è riproposta anni dopo, a seguito della sconfitta maturata dopo appena due minuti ed una manciata di secondi di combattimento nei quali Sakara non è mai sembrato in grado di poter impensierire Stann.

L’incontro è in dubbio, a dire il vero, fino al minuto 1.15′: i due contendenti si fronteggiano, Stann si esprime in tutto il suo dinamismo, Sakara appare legnoso e frastornato. Non ha la reattività che lo contraddistingue, sembra deconcentrato, forse spaventato. Stann fiuta l’affare e al primo minuto inizia a colpire ripetutamente, con pugni e qualche ginocchata, un Sakara che perde completamente la bussola e cade al tappeto, mentre l’avversario americano continua ad infierire sul Legionario. Ma è al suolo che si consuma la tragedia sportiva: Stann inizia una sessione devastante di ground and pound (i pugni che si rifilano ad un avversario al tappeto, n.d.r.) che disorienta non poco il Legionario che giace al suolo, esprimendosi in goffi tentativi di difesa.

Ma Stann è implacabile: stabilizza la sua posizione addosso all’atleta di casa nostra e continua a colpirlo incessantemente con una “dirty boxe” velenosissima. Sakara è in grandissima difficoltà: chiude in guardia l’avversario, non riesce a vedere le diverse possibilità di attacco alle braccia del soldato americano: ha le spalle al suolo, riesce solo a subire una dura lezione. Il grande cuore, il coraggio da leone che in più incontri ha contraddistinto l’atleta romano, stavolta non bastano. 

I colpi piovono incessanti fino a quando il cronometro in sovrimpressione segna 2 minuti e 34 secondiStann colpisce, Sakara cede. Gli occhi, già infossati e cupi, si spalancano lasciando intuire che il sinistro dell’avversario aveva centrato il bersaglio che per qualche interminabile frazione di secondo appare completamente assente.

Stann guarda il suo avversario al tappeto. L’arbitro Marc Goddard si frappone tra i contendenti. Blocca l’incontro, decreta il K.O. a favore dell’americano che alza le braccia al cielo come se volesse scusarsi per aver dato ai fan del Legionario una pessima serata.

Sakara intanto ritorna a coprirsi il volto, fa quello che in gergo si chiama “muro”, la difesa del capo effettuata coprendosi con gli avambracci: sembra quasi voglia nascondere il volto per la vergogna, Sakara. Ma in gabbia non c’è vergogna. Solo un po’ di delusione quando a vincere non è il beniamino per cui tifi.

Stann si rialza, è il vincitore mentre lo staff medico si prende cura del Legionario. È finita.

Tredici mesi sono passati dall’ultima volta in cui il Legionario entrò nella gabbia, allora contro Chris Weidman, e anche quella volta non finì benissimo per il combattente nostrano, sconfitto da un giovane lottatore di cui sicuramente sentiremo parlare in futuro.

Poi l’infortunio al ginocchio che lo terrà lontano dall’ottagono per parecchi mesi nei quali i tifosi non hanno mancato di far sentire la propria presenza. Adesso è il momento di inquadrare ed evidenziare le responsabilità che hanno portato Sakara lontano dall’obiettivo principale di chiunque entri in una gabbia.

In primo luogo, come poc’anzi evidenziato, è sembrato che l‘atleta di casa nostra non fosse in condizione fisica idonea a sostenere il peso di un match impegnativo come quello con Stann.

L’americano appariva tonico e scattante, molto reattivo e concentrato. Sakara invece paga mesi di inattività ed un sistema di allenamento che lascia intravedere diverse falle nella preparazione (tecnica e fisica) dell’atleta. Stann non è un boy scout, ma Alessio ha abituato i suoi fans ad una fisicità che è sembrata mancare in questo combattimento. I sospetti di un taglio del peso eccessivo rispetto a quello che un fisico (benché allenato) possa sopportare, sono più che legittimi e prendono le mosse dal forfait di Oberhausen, quando Sakara dovette rinunciare ad entrare nell’arena dei gladiatori per un non meglio precisato malessere (di natura intestinale, probabilmente).

Inoltre sembra che le attività di promozione in cui il Legionario si è impegnato negli ultimi mesi, contribuendo in modo non indifferente alla diffusione delle MMA in Italia, abbiano catalizzato un po’ troppo le energie del fighter UFC. Tra leghe e corsi di formazione per gli istruttori, Alessio ha un po’ perso di vista la gabbia e tutti i sacrifici che servono per rimanere in piedi contro un avversario preparato ed orientato all’annientamento dell’opponent. 

Serve una nuova stagione di allenamenti, un pizzico di umiltà ed un impegno che ponga l’atleta al centro di un progetto di preparazione mirata a tappare tutti i buchi che l’incontro con Stann ha evidenziato, soprattutto con riferimento al lavoro al suolo: in tutta l’azione di ground and pound (l’azione di colpi portata contro l’avversario che giace al suolo, n.d.r.) subita da Alessio, non si è mai avvertita una vera reazione, né un tentativo di reazione agli attacchi. Terminato al suolo, la cintura nera di bjj di Sakara non lo ha salvato da una fine repentina ed alquanto ingloriosa.

Sicuramente questa sconfitta peserà non poco nel bilancio complessivo delle arti marziali miste in Italia, anche se al momento è difficile pensare ad un allontanamento dell’atleta dal roster UFC: una soluzione simile farebbe calare l’interesse per tutta la promotion nel nostro paese, dirottando l’attenzione su circuiti già affermati come il K1.

Tuttavia è indispensabile una inversione di tendenza che faccia comprendere al nostro Legionario che un professionista della gabbia deve essere tale per 365 giorni l’anno, senza problemi di peso da tagliare in fretta e furia (con gli indebolimenti del caso).

Lo spazio da dedicare all’allenamento deve essere preponderante, nell’economia delle ore da dedicare alla preparazione. E’ evidente che grossi passi in avanti devono essere compiuti nella giusta direzione, per permettere ai fan italiani di ammirare lo spettacolo della gabbia anche alle nostre latitudini.

Alessio dovrà rimboccarsi le maniche, allenarsi duramente, evitare i numerosi stage ed appuntamenti che rubano tempo prezioso all’allenamento.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.9) 29 settembre 2013 11:14

    Il racconto dell incontro e’ ottimo , ma tutto il resto detto sul peso di sakara sono solo opinioni sue ,quasi tutti gli atleti di sport da combattimento hanno grossi problemi con il peso . Secondo me Sakara ha perso l’ incontro perché non e’ entrato concentrato ma era aggitatissivo , capita anche hai migliori SAKARA sei forte

     

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