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Berlusconi non scende in piazza: teme forse il deserto?

Il leader italiano più decadente del secondo dopoguerra ne spara un’altra delle sue. Non farà comizi in piazza, c’è chi teme per la sua incolumità. Ma la verità è un’altra: teme il rumore del silenzio in una piazza vuota…

Nervoso, infastidito, non regge la critica e continua ad inventare sciocchezze su una presunta rimonta che il centrodestra starebbe conducendo nei confronti del centrosinistra. A credergli stavolta sono davvero in pochi, complici gli anni di malgoverno e la poca credibilità che l’ex premier ha rimediato con tutte le vicende che lo vedono tristemente protagonista compreso il famigerato processo Ruby, vicenda che non lo può tenere lontano dalle aule di tribunale invocando il legittimo impedimento.

Le spara grosse, Berlusconi: è quello che non ha più nulla da perdere, ché a perdere è sempre la nazione.

Adesso sfiora la mitomania: “certe autorità” gli avrebbero chiesto di non tenere comizi in piazza, perché temono per l’incolumità del candidato (premier? presidente? senatore? deputato?) del PdL.

Berlusconi è uomo di comunicazione: sa perfettamente di non avere il favore del popolo, né quel 30% che va millantando pateticamente su Twitter da qualche giorno.

Sa di poter “non perdere” il confronto con un Santoro più attento allo share che al nemico pubblico, perché in tv le distanze e le sensazioni sono dilatate dal tubo catodico e ciascuno tira acqua al suo mulino.

Ma la piazza, no. La piazza esprime sensazioni, sentimenti, calore o gelo. È tutt’altro che un uditorio asservito alle ricette dell’alchimista di turno che edulcora dal pulpito: è una bestia indomabile, che può talvolta riservare sorprese e demolire la popolarità di un venditore di fumo, qual è Berlusconi. 

Silvio è ormai un’icona televisiva, al pari di quei televenditori che spacciano bigiotteria vendendola per gioielli di pregio. Sta bombardando il pubblico con messaggi televisivi da ogni dove: Rai, Mediaset, La7, Sky. Un’offensiva mediatica senza precedenti. La speranza è che queste siano le prime elezioni politiche in cui, a determinare il risultato, sia l’opinione della rete formata attivamente col confronto delle idee, e non il consenso coattivamente ottenuto dall’elevata esposizione alle radiazioni telecratiche.

Intanto su Twitter, innumerevoli sono i messaggi che intasano la rete vaneggiando su sondaggi e recuperi, nel tentativo di creare le condizioni favorevoli affinché l’opinione pubblica sia disposta a dargli ancora una volta fiducia.

Tra questi tweet, balza all’occhio il messaggio antitetico alla dichiarazione della prima ora: Berlusconi sarà in giro per le regioni italiane, nel vano tentativo di rilanciare il morente centrodestra.

A far cosa? A farsi ricevere da televisioni locali compiacenti, perché è quello l’unico strumento che Berlusconi riesce ormai ad utilizzare per ricreare il perduto consenso, ma non certo la perduta credibilità.

La sensazione è che il centrosinistra sia ormai troppo staccato per un centrodestra che serba troppe incognite: programmi populisti, candidati impresentabili ed espressione di un vecchio modo di intendere la politica, mancanza di un candidato premier.

Nel simbolo della lista presentata al Viminale c’è ancora quel “Berlusconi Presidente” che non avrebbe senso di esistere, se prestassimo fede alle dichiarazioni del più inquisito degli italiani. Oppure, nella mente megalomane dell’ex premier, c’è un disegno che scaricherebbe sulle spalle di Napolitano la responsabilità della nomina del prossimo premier: lo scenario rasenta il ridicolo, con un centrodestra che vince le elezioni ed un Presidente della Repubblica che dovrebbe nominare premier il leader della coalizione.

Ed un Berlusconi che, suo malgrado, si vedrebbe costretto ad accettare l’incarico a formare il solito governo di incapaci e incompetenti.

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