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Roma, trasporto pubblico. Regia di Bisignani dietro il “risanamento” Atac

L’ex ad dell’Atac era stato scelto dall’uomo della P4, contro la volontà di Alemanno, per fargli scrivere il nuovo piano industriale, che prevede nuovi costi per il Comune. In consiglio comunale l’opposizione lotta per salvare il patrimonio immobiliare dell’azienda. Ad agosto chiuderà la metro A, ma l’Atac e il Comune lo tengono nascosto ai cittadini.

Maurizio Basile, l’ex amministratore delegato dell’Atac, la municipalizzata romana del trasporto pubblico, era un uomo di Bisignani. Fu Bisignani che Basile ringraziò dopo essere stato nominato. E appena dopo il comunicato di Alemanno, Luigi Bisignani chiamò il nuovo ad per congratularsi: “Ti ha fatto una pompa pazzesca!”. A Bisignani, Basile ha continuato per mesi a riferire ogni mossa. I due hanno discusso tra loro persino la nomina del capo di gabinetto di Alemanno, che Bisignani non ha mancato di voler condizionare.

Poi, a fine novembre, è scoppiato lo scandalo Parentopoli. Un colpo durissimo per Alemanno. Basile ha raccontato al telefono che il sindaco l’ha quasi costretto a rilasciare un’intervista per difendere l’immagine della giunta. Ma non basta, lo scandalo fa il giro dell’Italia e finisce in prima pagina su tutti i quotidiani nazionali. La tenuta della giunta è in pericolo: a gennaio, per provare a recuperare un po’ di credibilità, Alemanno tenta un rimpasto di giunta disperato, sostituendo l’assessore alla mobilità e mescolando un po’ le nomine tra gli altri.

A marzo, dopo avere presentato il nuovo piano industriale, pure Basile sarà costretto a lasciare l’incarico, anche a causa dello stato disastroso dei conti dell’Atac, che rischia il fallimento (Basile, al telefono con Bisignani, descrive l’Atac come “una bestia da un milione e cento di fatturato, 13mila dipendenti e un buco senza fine”). Il 12 marzo, con un comunicato ufficiale, Alemanno cerca di smentire le voci che danno Basile dimissionario: “Non è vero quello che è stato pubblicato da un noto quotidiano: ho appena parlato con Basile che sta preparando una smentita”. Dopo due giorni arriva la notizia ufficiale delle dimissioni di Basile dal cda dell’azienda.

In quel momento nessuno può sapere che l’idea di far dimettere Basile dopo la compilazione del piano industriale era un progetto di Bisignani, che Alemanno non approvava. Lo conferma una telefonata intercorsa il 27 novembre. Basile dice a Bisignani: “Quel discorso che avevamo fatto, di fare il piano (industriale, ndr) e andarmene non c’è. Mi ha detto: ti porti chi vuoi, mandi via tutti i dirigenti che vuoi, ti copro io... Poi mi ha chiamato Lucarelli (verosimilmente Antonio Lucarelli, capo della segreteria di Alemanno, ndr), ha detto: guarda che Gianni ha detto che ti copre completamente, carta bianca, porta chi vuoi tu”. Alla fine, però, le circostanze hanno costretto Basile a perdere la poltrona, con tardivo compiacimento di Alemanno.

Quello che resta è il piano di Bisignani. Ovvero portare un suo uomo al vertice dell’Atac perché ne scriva il nuovo piano industriale, che ricorda molto l’operazione Alitalia di Berlusconi: privatizzare l’azienda lasciando a carico del Comune la proprietà dei mezzi, il cui ammortamento è uno dei principali capitoli di spesa del bilancio della municipalizzata.

Martedì scorso, il consiglio comunale ha approvato una delibera per la ricapitalizzazione della società che trasferisce all’Atac quindici depositi di mezzi per il trasporto pubblico locale oggi in possesso dell’Agenzia Roma territorio, che verrà sciolta. Poi, sabato, dopo una battaglia molto dura con le opposizioni – sia dentro che fuori dall’aula (“Via la P4 dall’Atac”, era lo slogan del flash-mob organizzato dalla Federazione della Sinistra) – il consiglio ha approvato la delibera che permette il cambio di destinazione d’uso dei depositi per rivenderli a un prezzo maggiore. Una manovra che, secondo il Comune, porterà nelle casse della municipalizzata 400 milioni di euro, e che ha suscitato le reazioni indignate dell’Unione Inquilini.


Intanto, nell’azienda, si cerca di minimizzare le proteste per i disagi estivi: la chiusura della linea A della metropolitana nel tratto compreso tra Colli Albani e Termini per i lavori di collegamento con la nuova linea C, annunciata da AgoraVox ad aprile. Per evitare la rivolta dei cittadini, all’Atac hanno pensato di tenere nascosto il tutto. La sospensione del servizio era già decisa da febbraio, ma nessuno ne avrebbe saputo niente fino a metà maggio, se AgoraVox non lo avesse scoperto prima. La comunicazione ufficiale è arrivata alla stampa solo il 15 maggio, e ripresa dai giornali locali il giorno dopo con brevi articoletti che per lo più incensavano i lavori della metro C.

Tutti i romani che non hanno letto AgoraVox, o i quotidiani locali in quel giorno preciso, non sanno nulla del disagio che li attente da fine luglio. Anche perché l’Atac, che intanto ha iniziato a distribuire 30mila opuscoli autocelebrativi per annunciare la riapertura serale della metro A a partire da luglio, non ha ancora avvisato gli utenti della chiusura estiva. Nemmeno sul sito ufficiale dell’azienda c’è traccia della notizia. E il peggio è che secondo molti il disagio potrebbe perdurare anche oltre l’estate.

Dopo l’articolo di AgoraVox sulla notizia ufficiale della chiusura estiva della metro, Stefano, autista Atac, ha commentato su Facebook: “Il problema è che a noi autisti nessuno ha chiesto di rinunciare a una settimana di ferie, ma ce l’hanno tolta senza avviso. Il problema delle vetture spesso guaste e con climatizzatori inefficienti causerà non pochi disagi, e poi sicuramente, per come si lavora in Italia, i lavori proseguiranno per chissà quanto tempo. Funzionerà tutto bene, sì, ma sulla carta”.


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