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Roma o Plovdiv?

Insegnando principalmente online, non mi capita spesso di incontrare i miei studenti dal vivo. Mi successe tre anni fa circa, con una mia studentessa russa, venuta in vacanza in Australia. I primi 5 minuti sono stati imbarazzanti, tant'è che avrei voluto tirare fuori il mio computer e usare skype, dopo ci siamo sciolti e abbiamo riso molto.

Questa volta vado a trovare la mia studentessa bulgara. Sebbene non vive nella capitale, approfitto di un volo a un prezzo stracciato, per recarmi anche a Sofia. Il primo impatto con Sofia è positivo: vi e’ una metropolitana collegata direttamente con l'aeroporto e il costo è di 1,60 Lev(0,82 cent.), i quali sono fissi a prescindere dalla fermata.

Arrivo a Serdika, il centro città, e comincio a camminare sul corso Vitosha, nome preso dalle montagne adiacenti. Non è male, ma non mi colpisce molto. Trovo la città sporca e caotica. L'unico vantaggio è la sua grandezza relativamente piccola, la quale mi permette di camminare in ogni dove facilmente. Utilizzando il sito couchsurfing, ho un appuntamento con Mitko, uno dei due ragazzi che mi ospita per 3 notti. Devo aspettarlo alla fermata dello stadio nazionale Vasil Levski, dall nome dell’eroe nazionale, l’ideologo fautore della liberazione dagli ottomani.La leggenda narra che saltò un fosso per diversi metri, come un leone. La città è invasa da statue, figure, rappresentazioni di leoni. Arriva Mitko e prendiamo la metro fino a G.M. Dimitrov, dal nome dell’importante oppositore sia del fascismo che del comunismo.

Mi accorgo che i bulgari fumano ancora di più degli italiani. E questiultimi non sono da meno, anzi. Anche i miei ospitanti fumano molto, ho contato circa 2 sigarette all'ora, da quando li ho incontrati. Parliamo e mi accorgo immediatamente che sono omosessuali. Soprattutto Martin, il compagno di Mitko, è molto dolce e simpatico. Mi mette subito a mio agio. Mi chiede cosa voglio mangiare, se voglio visitare qualcosa, ecc. Il primo giorno, stanco, lo passo ammirando la montagna dal loro balcone. Mozzafiato.

Il giorno dopo decido di aggregarmi al tour gratuito della città, dura circa 3 ore. Ne è valsa la pena. Siamo passati attraverso molti punti storici come l'ufficio presidenziale, la basilica di Santa Sofia, la quale ha dato il nome alla città, la rotonda di San Giorgio, la sinagoga e l'immensa cattedrale di Alexander Nevsky. La più grande chiesa ortodossa dei Balcani, dopo quella di Belgrado. La guida turistica mette molta passione nella storia del suo Paese e questo non fa altro che interessarmi sempre più. Soprattutto quando ci racconta della fantastica convivenza tra diversi credi religiosi e del pennacchio sopra al cappello delle guardie presenziali.

Tuttavia, non riesco a trovare altro che mi attiri in questa città. Così il giorno dopo, dopo avere visitato il museo dell'arte socialista, in cui si possono ammirare statue e dipinti di Lenin, Georgi Dimitrov (il famoso leader comunista) e la stella rossa simbolo del comunismo che fu (da non perdere!), cambio programma e anticipo la mia partenza per Plovdiv, dove vive la mia studentessa. Cammino da Serdika fino alla stazione degli autobus, circa 20 minuti, tra i quali, sorpasso un ponte da cui si ergono due leoni. Come al solito.

 Ci metto molto tempo per comprare il biglietto. Nessuno sembra capire inglese o francese. Così rispolverò il mio russo minimale e riesco a salire a bordo dell'autobus. Due ore di comodo viaggio. Arrivato a Plovdiv gli occhi mi brillano dalla contentezza.

Le strade sono più pulite, il clima è favorevole, e il pavé del corso principale mi mette di buon umore. Passeggio tra il centro, arrivo fino alle rovine romane e adoro ogni centimetro di questo posto a me sconosciuto finora. Cerco un posto alla buona per cena, lontano dal centro e, magicamente, mi appare una pizzeria italiana davanti a me. Non voglio entrarci. Non sono qua per mangiare la pizza ma poi mi accorgo che non ci sono altri posti intorno a me e ho fame. Così entro e vengo assorbito da un buco nero temporale. Mi trovo nel 1983 e un pizzaiolo panzone suona per finta una tastiera, cantando Soli di Cutugno. Guardo l'uscita ma è troppo tardi, la cameriera bulgara mi ha già adocchiato e sorride. Parla anche italiano e ha già ordinato una pizza per me. Sono fregato. Devo cantare insieme al Toto bulgaro.

La pizza non è affatto male ma, recandomi anche la sera dopo(unico posto aperto vicino a dove alloggio), mi accorgo di essere in un covo di razzisti, quindi abbandono la terza cena a base di pizza. Finalmente incontro la mia studentessa, stavolta non c'è l'imbarazzo del “primo incontro” in carne e ossa. Parliamo e anche troppo, come due vecchi amici. Mi porta, insieme alla sorella e ai figli ad una degustazione di tè. E anche qui gli occhi si illuminano, mi accorgo che ogni angolo della città sprizza cultura da tutti i mattoni.Infatti sara’ la capitale della cultura, insieme a Matera, nel 2019.

 Passeggiamo per molte ore e arriviamo alla nuova basilica Malcata con pavimenti bizantini restaurati. Favoloso. Per un italiano, forse non è niente di speciale vedere i resti dell'antica Roma. Tuttavia, qui è meglio della nostra capitale (sento già le vostre voci al grido di “bestemmia!”). E' una piccola Roma: più pulita, non caotica e a misura d'uomo.E a pure sette colline. La città, conosciuta come Filipopolis ai tempi dell’ Impero Romano, espone il suo orgoglio grazie al suo crocevia romano, bizantino, greco, ottomano e, per ultimo, comunista. Tutta la storia antica ha fatto una sosta, lunga o breve che sia, a Plovdiv. Le strade sono ben curate ma non rovinate dalla stupida visione moderna del “più grattacieli, più bello”. Si cammina piacevolmente, come in una vacanza romana, o bulgara. Nel pomeriggio visito la collinetta Nebet (Nebet tepe), da cui si può osservare tutta la città e poi discendo alla chiesa armena, vicino alla casa Balabanov. In ogni angolo c'è qualcosa per cui rimanere ore a bocca aperta. Non solo il magnifico anfiteatro, ancora oggi in uso per concerti e spettacoli.

 

Grazie alla mia studentessa, riesco anche ad andare al monastero Sveta Ndelya (Santa Domenica), conosciuto con il nome di Arapovski tra i locali, a 30 chilometri dalla sua città. Mi piace mischiarmi tra i locali, durante la domenica delle palme, fare Varbichka (una corona con le foglie di salice) e lavarmi la faccia con l'acqua miracolosa del posto. Per il pranzo andiamo al ristorante Positano 20, nel paesino di Brestnik. I miei amici bulgari mi invitano a provare la Shopska , l'insalata bandiera del Paese. Pomodoro, cetriolo e feta. Eh no, la feta non è solo greca.Ci arrampichiamo sulla collina Mladezhki halm, la collina dei giovani, da dove si puo’ vedere anche quella di Alyosha, il milite ignoto russo. fuori del centro cittadino, anche qui non riesco a trovare niente che non mi interessi. Riesco a vedere, ancora meglio che nella precedente collina, tutta la periferia. L'ultimo giorno, passeggiamo per Kapana (la trappola), il centro artistico della città. Andiamo a mangiare da ristorante Pavaj(ordino un piatto a base di ceci e fagioli, con una salsa fantastica la quale non ha ancora lasciato le mie memorie) e poi la studentessa mi accompagna alla stazione degli autobus, dove c'è il wi-fi funzionante, non come all'aeroporto di Malpensa o alla stazione Cadorna. Mi dispiace molto tornare a Sofia ma, tutte le cose belle devono rattristarci per lasciarci comprendere la loro bellezza. In un negozio di souvenir appare la scritta:

 All we need is pLOVEdiv.

 

 

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