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Risoluzione sul Kosovo: Spagna media tra Serbia, UE e gruppo di contatto

L’Ambasciatore iberico nella capitale serba sta cercando, d’intesa con Serbia ed Unione europea, una soluzione di compromesso alla risoluzione da mettere ai voti al Palazzo di Vetro Giovedì prossimo

Da ieri ufficialmente l’ambasciatore spagnolo a Belgrado, Ignacio de Palacio Espana, ha posto mano alla risoluzione serba che sarà messa ai voti giovedì prossimo alle Nazioni Unite a New York e che così com’è attualmente formulata è stata dichiarata irricevibile da Stati Uniti ed Unione Europea.
 
Il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha già preannunciato che, ove essa non cambiasse, gli Stati Uniti porranno il veto. In nome del cosiddetto “gruppo di contatto” sul Kosovo, formato da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania ed Italia, nei giorni scorsi si sono recati in visita ufficiale a Belgrado sia il Ministro degli Esteri tedesco che quello britannico. Particolarmente duro il primo, Guido Westervelle, che senza troppi giri di parole ha detto al Presidente della nazione sorta sulle ceneri dell’Ex -Jugoslavia che in mancanza di un riconoscimento esplicito del Kosovo indipendente mai e poi mai Belgrado avrebbe potuto aspirare ad entrare un giorno a far parte dell’Unione europea. Concetto espresso, seppur in maniera maggiormente diplomatica, pure dal Capo della diplomazia inglese Wiliam Hague che si dice certo “che entro il nove settembre la Serbia avrà trovato una soluzione di compromesso con l’Unione europea, e con il suo Alto rappresentante per la politica estera Catherine Ashton, in ordine alla veste da dare alla risoluzione da mettere poi ai voti”.
 
La Spagna dunque, seguita dagli altri quattro membri dell’Unione europea che sinora non hanno riconosciuto la dichiarazione unilaterale di indipendenza proclamata da Pristina l’anno scorso e cioè da Grecia, Slovacchia, Cipro e Romania, cercherà di ammorbidire le posizioni serbe al fine di renderle accettabili a Bruxelles ed a Washington. Al fine poi di mettersi con le spalle al sicuro, e di tranquillizzare le altre quattro nazioni dissidenti, calcherà la mano sul concetto di unicità del cammino indipendentista kossovaro.
 
All’indomani della sentenza con la quale la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, lo scorso ventidue luglio, dichiarò non illegittima l’indipendenza di Pristina, la Serbia ha presentato all’Assemblea Generale dell’Onu una risoluzione con la quale avrebbe la pretesa di ricominciare a discutere da capo lo status dell’ormai ex sua provincia. La Risoluzione è stata dichiarata inaccettabile dall’Unione europea e da Washington ed oggi è appoggiata solamente dalla Russia. Al fine di non vedersi bloccato per sempre il progetto di integrazione europea, dunque, Belgrado deve scendere a patti con l’Occidente ed alla bisogna il prossimo sette Settembre, a Bruxelles, il Presidente serbo Tadic, accompagnato dal ministro degli Esteri Jeremic, incontrerà i vertici comunitari. I due slavi dovranno accettare un compromesso molto amaro se vorranno continuare a sperare nell’integrazione europea. Un compromesso che, comunque, non potrà superare un certo limite se l’Unione europea non vorrà causare la caduta dell’esecutivo serbo, oggi di marca europeista e moderata, lasciando a Belgrado la via spianata ad una nuova affermazione dei nazionalisti e, quindi, a riaccendere la miccia della polveriera balcanica. A Pristina, invece, già si festeggia in maniera esagerata: "Abbiamo fiducia che il distruttivo tentativo della Serbia riscontrerà la giusta risposta", ha dichiarato il presidente della Repubblica kosovaro, Fatmir Seidju. "Sono convinto che vinceremo all’Assemblea generale cosi come abbiamo vinto alla Icj", ha confermato il premier, Hashim Thaci. Loro saranno a New York già dalla serata del cinque al fine di raccogliere le adesioni al riconoscimento internazionale del Kossovo degli Stati caraibici, Cuba questa volta disobbedisce ad una Mosca non più sovietica, e del Centro- America in modo da raggiungere i fatidici novanta riconoscimenti necessari per dare a Pristina il diritto ad un seggio all’Onu.

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