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Riforme: la notte della giustizia

I cardini sui quali si poggia una società organizzata, uno Stato sovrano, sono essenzialmente: l'amministrazione della politica, la difesa del territorio, le infrastrutture e la giustizia. La giustizia regola i rapporti tra i cittadini secondo norme scritte: i codici civile e penale e punisce i trasgressori. I codici sono strutturati in articoli di legge.

Quando le leggi sono suddivise in numero abnorme, e per di più scritte in modo sibillino, come il famoso vaticinio della Sibilla Cumana, e i cittadini per distinguere ciò che è lecito da ciò che non lo è devono avvalersi dell'interpretazione di uno studio legale, nella confusione dei limiti che ne consegue si apre la strada all'illegalità. Lo Stato ha il dovere di scoraggiare la commissione di reati, ma prima ancora, deve descrivere chiaramente quali comportamenti sono configurabili nella fattispecie di reato. Questa fattispecie deve essere ben chiara a tutti, anche a coloro che non abbiano una preparazione giuridica. Detto ciò, l'intervento della macchina giudiziaria deve essere certo, tempestivo, ed essere circoscritto entro limiti accettabili.

DURA LEX SED LEX, non deve significare che mediante un processo si possa perseguitare un cittadino per venti o più anni, come succede normalmente nel nostro Paese, tanto da indurre la commissione giustizia della UE a promuovere procedure di infrazione per la spropositata durata dei processi. Si ha un ben dire che fino a condanna definitiva tutti sono innocenti. Il periodo che intercorre fino a quel traguardo, sconvolge la vita dell'imputato con pesanti ripercussioni sui rapporti sociali, professionali, lavorativi. Vediamo la vicenda dell'ingegnere Silvio Scaglia fondatore e presidente di Fastweb S.p.A. Tre mesi in cella, tre mesi durissimi in una cella angusta senza possibilità di vedere i familiari e nove mesi agli arresti domiciliari, poi, prosciolto in primo grado per non aver commesso il fatto.

Fastweb fu la prima società a connettere il territorio nazionale con la fibra ottica, con grande soddisfazione degli utenti. Come tutti possono immaginare la persecuzione giudiziaria del fondatore ebbe ripercussioni negative sulla gestione della società. A beneficiare dell'andamento non ottimale di Fastweb furono i concorrenti, primo fra tutti Telecom Italia. Le conseguenze di questo (involontario) mostro giudiziario, sono state sopportate dalla società Fastweb e dai collaboratori, dai lavoratori, ma anche dagli utenti, la cui soddisfazione non fu più la stessa.

IN DUBIO PRO REO dicevano gli Antichi Romani, nella loro saggezza, ma se pensiamo all'altra vergognosa vicenda, quella di Enzo Tortora, la cui immagine ammanettato come un pericoloso assassino fu esposta al ludibrio dell'intero Paese, dobbiamo ammettere che la giustizia è ammalata grave e quindi necessita urgentemente di una terapia d'urto. Purtroppo se verrà attuato il programma di governo, l'ammalata ne uscirà aggravata.

Trenta anni fa moriva per tumore Enzo Tortora. “Mi hanno fatto esplodere un'atomica dentro” disse il popolarissimo conduttore televisivo prima di morire. Per Silvia Tortora figlia del popolare conduttore della televisione, nulla è cambiato nella giustizia italiana: “Mi aspettavo una riforma del sistema giudiziario, invece non è accaduto. I processi continuano all'infinito”

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 22 novembre 2018 21:11

    In Italia processi durano troppo, è vero, ma il motivo è che in Italia il processo, dal rinvio a giudizio alla sentenza definitiva, passa attraverso TRE gradi di giudizio: primo grado, Appello, Cassazione. Almeno è così per chi ha soldi sufficienti a pagarsi un collegio difensivo per circa 9-12 anni. Gli altri, quelli che i soldi non li hanno, devono contentarsi del primo grado o del patteggiamento.

    E’ del tutto evidente che se al condannato in primo grado è concesso di sospendere gli effetti della sentenza presentando appello SENZA MOTIVAZIONE, l’iter giudiziario diventa tre volte più lungo e la macchina giudiziaria deve impegnare il triplo delle risorse per giungere alla sentenza definitiva. 

    Grazie a questo meccanismo infernale molti iter processuali importanti per la sensibilità dell’opinione pubblica, e dunque per il prestigio della Magistratura e per la fiducia nella Giustizia, sono evaporati grazie alla prescrizione.

    E’ evidente che in queste condizioni la macchina giudiziaria è in affanno, che i cittadini non si fidano più della Magistratura, che si è costretti ad artifici di vario genere per abbreviare l’iter che forzano la logica giudiziaria. Depenalizzazioni, sconti di pena, pene alternative, prescrizione.

    La soluzione sarebbe semplice: la sentenza di Primo Grado deve essere considerata definitiva ed immediatamente esecutiva. Il condannato o il PM possono impugnarla solo per FONDATI MOTIVI, che vanno valutati da un giudice terzo.

    Con le risorse che verrebbero liberate l’iter processuale diventerebbe molto più spedito, più accurato, meno costoso, più giusto.

    Altrimenti possiamo continuare a prenderci in giro.

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