• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Reddito di cittadinanza e lavoro impoverito, non solo salario (...)

Reddito di cittadinanza e lavoro impoverito, non solo salario minimo

Oltre gli slogan e la polemica politica, suggerimenti per contrastare il lavoro povero, tra part time "neri", uso improprio di tirocinio e apprendistato, ruolo degli appalti pubblici e tempi biblici dei rinnovi contrattuali

 

Anche a Ferragosto, l’attività propagandistica di partiti e sindacati ferve. Quest’anno abbiamo il tema del salario minimo e, più in generale, del contrasto al cosiddetto lavoro povero ad agitare lo stagno italiano.

La premier, presa in contropiede dall’iniziativa dell’opposizione, e temendo di essere stigmatizzata come insensibile alle istanze sociali, ha convocato a Chigi un incontro con le minoranze (autoesclusa Italia viva, che non concorda con l’iniziativa delle opposizioni), annunciando di aver affidato al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), guidato pro tempore da Renato Brunetta, uno studio per giungere a proposte da inserire in legge di bilancio. Cnel brunettiano che ha l’opportunità di rendersi utile, per una volta, visto che la riforma costituzionale di Matteo Renzi, che ne prevedeva l’abrogazione, è stata sconfitta al referendum confermativo, sette anni addietro.

FIRMARE O DETASSARE, GIOCHINO BALNEARE

L’opposizione fa l’opposizione, e suo obiettivo resta quello di strepitare al grido di “fate presto, fate subito”, anche se poi la loro proposta dovrebbe entrare in vigore solo a fine 2024. Sempre buio fitto sulla quantificazione dell’onere (e sulle relative coperture) per permettere alle imprese di “adeguarsi” al salario minimo a 9 euro orari. Ma del resto, sapete che questi sono dettagli minori e molto fastidiosi.

Nel frattempo, l’opposizione si è inventata la raccolta di firme per amplificare la pressione sul governo e sulla premier. Credo faccia parte dell’armamentario di una legge di iniziativa popolare ma mi viene da sorridere pensando a quanto può essere facile ottenere plebisciti su temi del genere. Un po’ come fare referendum per ridurre le imposte, e infatti quelli sono vietati dalla costituzione. Ma io sono uno snob ottimate, quindi non faccio testo.

Dalle parti della maggioranza il mantra è sempre quello: detassare, e detasseremo. Gli aumenti di produttività, quelli più generali di contrattazione da secondo livello. Persino gli straordinari, pensate che mondo meraviglioso. A questa aspirazione si unisce anche la Cisl, che porta in dote il suo vecchio cavallo di battaglia della partecipazione dei lavoratori al capitale aziendale e di conseguenza agli organi societari. Anche qui, tutto detassato a puntino. E le coperture? Anche qui, come per l’opposizione, dettagli minori e fastidiose ubbie da contafagioli.

Se puntiamo a un intervento organico, e che non parta dal tetto, per riformare la contrattazione e combattere gli ormai leggendari “contratti pirata”, serve puntare a dare piena attuazione all’articolo 39 della Costituzione, in particolare l’ultimo comma:

L’organizzazione sindacale è libera [cfr. art. 18].

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.


È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Chi ha paura della misurazione della rappresentatività? Ah, saperlo. Riusciremo a ottenere dall’Inps i relativi dati, visto che ad oggi questo resta una sorta di segreto di Stato, ricordando il peso che i sindacati hanno nell’Inps medesimo?

MI È SEMBRATO DI VEDERE UN EXTRAPROFITTO

Nel frattempo, la Cgil lancia le sue proposte, che saranno sottoposte a consultazione straordinaria a settembre e ottobre. Al termine della quale, senza trattenere il respiro, verrà proclamato uno sciopero generale. Vediamone alcune.

Interessante e per me in parte condivisibile il passaggio sulle indicizzazioni. Non di tipo scala mobile ma di restituzione del fiscal drag:

Introdurre l’indicizzazione automatica all’inflazione reale delle detrazioni da lavoro e da pensione (cosiddetta restituzione del fiscal drag)

Solo, non capisco perché limitarsi a combattere il fiscal drag sulle detrazioni e non anche sugli scaglioni d’imposta, che sono quelli che drenano al massimo, in presenza di inflazione. Boh.

Il resto è noto: decontribuzione permanente, salario minimo intersettoriale uguale per tutti, allargare la base imponibile Irpef a redditi oggi esclusi (il che vuol dire disboscare la pletora di imposte sostitutive che hanno sin qui massacrato l’Irpef), pensione di garanzia per i giovani, pensione a 62 anni di età o 41 di contribuzione.

Tra le coperture, c’è una chicca:

Si tassino strutturalmente gli extraprofitti, le grandi ricchezze, le rendite finanziarie e immobiliari; 

Che vuol dire “tassare strutturalmente gli extraprofitti”? In essenza, se la lingua italiana ha ancora un senso, vuol dire fissare un livello massimo di profitto (da capire come espresso), oltre il quale scatta il prelievo aggiuntivo. Vaste programme, credo.

A parte questi momenti lisergici, credo si possano fissare alcuni punti diagnostici e prescrittivi sul tema. Avvertenza oziosa e pleonastica: questi sono i miei punti e il mio modo di guardare alla questione:

  • Partire dal solo salario minimo è un nonsenso. Serve riformare profondamente la contrattazione collettiva e dare piena attuazione all’articolo 39 della Costituzione. Cgil, Cisl e Uil sono realmente d’accordo?
  • Il salario minimo unico nazionale, in presenza di contrattazione collettiva nazionale, è un cubo di Rubik irrisolvibile. Il salario minimo, che va comunque differenziato, ha senso in un quadro di decentramento aziendale e territoriale della contrattazione collettiva;
  • Il sussidio a carico dei contribuenti per permettere alle aziende di applicare i nove euro orari è una purissima assurdità;
  • La fiaba della decontribuzione su tutto quello che si muove come soluzione ai mali del mondo si schianta contro la realtà delle coperture. Quante volte andrà ripetuto?

Come finirà, questo gigantesco sforzo riformatore nazionale? Temo come molti di quelli che lo hanno preceduto: partendo dal tetto e strepitando dagli spalti su fondamenta di sabbie mobili.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità