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Rapporto Istat. Occupazione italiana, occhio alle teste

Ed anche per questo mese siamo giunti all’appuntamento con il rapporto Istat sull’occupazione, la lettura più speculata e propagandata di questo bizzarro tempo italiano. Abbiamo il dato di gennaio 2015 e quello del quarto trimestre 2014. Ci sono luci, e ci sono ombre. A noi pare, complessivamente, l’abituale frastuono statistico ma, visto che in questo paese non ci facciamo mancare nulla quando decidiamo di giocare con numeri e parole, proviamo a buttare un occhio ai dati.

Come occupati a gennaio siamo fermi, con un +11.000 su dicembre, mentre sullo stesso mese del 2014 il numero di occupati aumenta di 131.000 unità. Il tasso di attività cresce in un anno dello 0,4%, quello di effettiva occupazione dello 0,3%. Si conferma il reingresso nelle forze lavoro di molti lavoratori inattivi, ma non siamo certi che ciò derivi esattamente da entusiasmo per la ripresa che invita a cogliere nuove inopinate occasioni d’impiego che si credevano scomparse. Se poi guardate l’andamento del tasso di occupazione nell’ultimo semestre, nel tentativo di aguzzare la vista e cogliere una tendenza emergente recente, vedrete che resta entra un corridoio di oscillazione molto stretto: era 55,7% a luglio 2014, è il 55,8% a gennaio 2015. Voi vedete una tendenza? Per caso sentite anche delle voci?

Riguardo ai giovani nella fascia 15-24 anni, il mese di gennaio 2015 non consente di stappare una bottiglia di quello buono:

A gennaio 2015 le forze lavoro tra 15 e 24 anni segnalano un lieve calo congiunturale, a fronte di un leggero aumento dell’inattività.

Gli occupati 15-24enni sono 906 mila, in diminuzione dello 0,6% rispetto al mese precedente (-5 mila) e dell’1,4% su base annua (-13 mila)

Riguardo al mercato del lavoro nel quarto trimestre 2014, non prima di aver premesso che sono dati non destagionalizzati e quindi serve cautela, il numero degli occupati risulta cresciuto di 156.000 unità. Qui ci sono due puntualizzazioni da fare, per gli amanti della statistica. Una è più frivola, l’altra più pesante e negativa. La prima:

L’aumento dell’occupazione riguarda sia gli italiani (+44.000 unità) sia gli stranieri (+113.000 unità)

Interessante. Ed ecco invece il dato pesante (e negativo):

Gli occupati a tempo pieno segnalano un primo modesto aumento tendenziale (+0,2%, pari a 28.000 unità nel quarto trimestre 2014). Gli occupati a tempo parziale continuano, invece, ad aumentare a ritmo sostenuto (+3,2%, pari a 128.000 unità), ma la crescita interessa soprattutto il part time involontario, che riguarda il 64,1% dei lavoratori a tempo parziale (era il 62,1% un anno prima)

Due cose: in primo luogo, un mercato del lavoro in cui il part-time involontario (cioè quello di chi è costretto a lavorare meno ore del dovuto e/o del desiderato) è in crescita, è un mercato del lavoro ancora malato; in secondo luogo, questi dati riguardano “le teste” e non le ore lavorate. Con un simile aumento di part time involontari, lo stock di ore lavorate nell’economia progredisce in modo ben più frenato di quello del numero di teste. Anche perché, come precisa Istat nel glossario, è “occupato” chiunque, nella settimana di rilevazione, “abbia svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura”. Occhio a non farsi fuorviare dal numero di teste “occupate”, quindi.

Tanto vi dovevamo. Ora potete tornare a fare il trenino col premier ed il suo team di scimmiette, cocoriti e disc jockey. Se poi siete così sprovincializzati da voler guardare anche fuori dall’Italia, cioè all’Europa, avrete una sorpresina. Che purtroppo per voi danneggerà il vostro lancio piddino dell’Ansa. Chiamasi tendenza, dicono.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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