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Rapporti tesi tra Frattini e Diaconescu, ma si inizia a parlare.

"In Italia trova rifugio più del 40% dei ricercati dalla polizia romena", accusa il Ministro della Giustizia di Bucarest Catalin Preodiu 

Ad aprire il fuoco delle accuse reciproche era stato, due ore prima dell’incontro tra il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ed il suo omologo romeno Cristian Diaconescu, da Bucarest il Ministro romeno di Grazia e Giustizia Catalin Preodiu.

“In Italia trova rifugio più del 40% dei criminali nostri connazionali ricercati dalla nostra polizia. Pur trasmettendo immediatamente alle autorità italiane le relative richieste di cattura internazionale e di estradizione, riusciamo ad avere indietro tali delinquenti solo parzialmente e magari ne abbiamo notizia solamente dopo che hanno commesso qualche altra grave infrazione in Italia”, ha detto nel primo pomeriggio di ieri il guardasigilli romeno.

Poche ore dopo l’incontro alla Farnesina tra i capi delle diplomazie dei due paesi dell’Unione europea entrambi reduci dal summit Cagre di Bruxelles. Incontro schermato dalla tradizionale cortesia diplomatica che però non ha impedito a Frattini e Diaconescu di scambiarsi a quattr’occhi le reciproche accuse in privato, sul volo che li riportava entrambi dalla capitale europea a Roma. Le posizioni non sono perfettamente allineate ma almeno le istituzioni delle due nazioni hanno ricominciato a parlarsi e già questo è un buon segno. Alcuni punti in comune, poi, Italia e Romania li hanno trovati ma se, al di la della comprensibile emotività ingenerata da certi gravi reati compiuti da romeni in Italia, si approfondisce un po’ la questione ci si accorge che forse non tutti i torti sono da ascriversi a Bucarest, ma che anche Roma ha le sue pecche.


Come ha sottolineato Diaconescu infatti se più del 40% dei criminali romeni è scappato, da quando Bucarest è entrata nell’Unione Europea, in Italia e se, nonostante le richieste, molti di loro non sono stati riconsegnati alla giustizia della nazione danubiana la colpa non è tutta da ascriversi alle forze dell’ordine romene ma anche a quelle italiane, mal supportate da una magistratura incomprensibilmente cavillosa, inefficiente in materia e terribilmente lenta.

Probabilmente i troppi tagli economici riservati al comparto sicurezza negli ultimi anni in Italia hanno portato il nostro paese, che nell’Unione è quello che ha più poliziotti per numero di abitanti, ad abdicare all’esiziale funzione di controllo del territorio cui, certo, non possono sopperire giovani militari, addestrati per tutt’altro genere di compiti, o ronde di cittadini volontari. Frattini in parte ha implicitamente riconosciuto l’inadeguatezza del circuito repressivo italico nel fronteggiare il mondo della criminalità romena ed ha richiesto a Bucarest l’invio di un numero consistente di poliziotti che si aggiungano ai venticinque già presenti in Italia.

Diaconescu dal canto suo ha manifestato la disponibilità di Bucarest a riprendersi innanzitutto i mille romeni condannati in via definitiva ed ospitati nelle carceri della penisola ma ha avvertito Roma che Bucarest mai e poi mai accetterà la sospensione del diritto dei suoi compatrioti a circolare liberamente per l’Europa unita. Se l’Italia dovesse procedere in tal senso le ritorsioni sarebbero immediate, ha poi lasciato sottintendere. Frattini, pur sapendo che nel suo governo c’è chi chiede all’Unione europea già da oggi la sospensione del principio di libera circolazione per quanto riguarda i romeni, ha promesso che mai accetterà una tale misura ma ha chiesto esplicitamente alla Romania garanzie per la sicurezza degli italiani.

Diaconescu in parte le ha offerte ma si è augurato anche di “non dover un giorno scoprire che l’Italia oggi rinuncia ad arrestare i latitanti romeni per pure questioni politiche al fine di mantenere alta la tensione anti- romena tra i suoi cittadini”. Comunque si è iniziato un confronto per quanto difficile possa

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