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Quel maledetto imbroglio nucleare

Quel maledetto imbroglio nucleare

E’ stato detto molto sul progetto di rifare le centrali nucleari in Italia e, per fortuna, ora si tratta di raccogliere le firme e coalizzare le persone pensanti e responsabili contro questo insano progetto.
 
C’è però un aspetto del problema che non è venuto fuori, ma che io considero più deleterio e pericoloso del fatto di avere una centrale vicino alla propria casa. Si tratta di un tipo di energia concentrata in pochissime mani, una lobby per capirci, capace di influenzare la dinamica dei prezzi, multinazionale di fatto in quanto dipendente da parti di tecnologie straniere e dalle pochissime miniere di uranio fuori del nostro territorio e controllo, che, come tutte le multinazionali, è in grado di sfuggire ad eventuali responsabilità.
 
Di fronte a questi colossi economici e politici, il cittadino conta ben poco, la maggior parte degli incidenti tecnici avvenuti nelle centrali francesi sono stati nascosti alla popolazione e, come si può ben intuire, non è facile fornire prove senza possedere sofisticati mezzi di misurazione e controllo.
 
La concentrazione del potere energetico, di cui le centrali sono la massima espressione, corrisponde ad incrementare quel “grande modo di produrre” di tipo multinazionale e globale, che va a contrapporsi a quel “piccolo modo di produrre”, in questo caso di energia pulita e rinnovabile che, se diffuso su tutto il territorio in centinaia di migliaia di piccole unità di produzione, crea un diffuso benessere economico, genera cultura di indipendenza ed autonomia energetica, aiuta l’agricoltura a restare sul territorio integrando il proprio reddito agricolo con quello derivante dal vendere energia prodotta con fotovoltaico o eolico.
 
Lo scenario che si apre con il nucleare è anche socialmente nocivo, in quanto impedirebbe quella rivoluzione verde delle “fattorie solari”, che potrebbero riportare nelle campagne milioni di persone, anche tecnici, gente stufa di vegetare in città invivibili, alla ricerca di uno stile di vista sostenibile, sobrio, in armonia con la natura e i propri vicini, senza nessuna competizione con nessuno.
 
Se si riuscisse a far dilagare fin da subito la proliferazione di piccoli impianti, in pochissimi anni avremmo una riduzione consistente del fabbisogno energetico e il nucleare non partirebbe o si fermerebbe per mancanza di mercato.
 
La partita si gioca sul referendum, ma anche sulla ricerca di autosufficienza energetica da parte di milioni di persone che possono attuarla. Ricordo che la provincia di Bolzano produce con le rinnovabili il 56% del suo fabbisogno e ha l’obiettivo di arrivare al 75% nel 2013 e al 100% nel 2020.
 
La ricetta è semplice: imitare i bolzanini e l’incubo nucleare sarà solo un brutto ricordo. 
 

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