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Quattro domande al romanziere toscano Angelo Australi

Si tratta del romanzo Dalla foce alla sorgente scelto in adozione come testo di narrativa dalla scuola media Francesco Mochi di Levane (Arezzo), dove a marzo si terrà l’incontro con l’autore.

Controcorrente sin dal titolo, “Dalla foce alla sorgente”, quest’opera, che segna finalmente l’approdo al romanzo dell’autore Angelo Australi, è in estrema sintesi la storia di una ribellione che fa crescere.
 
L’adolescente Spartaco cerca di fuggire dalla colonia marina in cui era stato iscritto dai genitori risalendo il fiume Arno su cui si trova la sua cittadina di origine. Lo accompagna nell’impresa il fedele amico Francesco, già precocemente provato dalla scomparsa della madre. Lo scontro con il mondo degli adulti, governato da altre regole invisibili, appare inevitabile.

Come ha sostenuto il critico L. Borgheresi, si tratta "quasi (di) un romanzo di formazione l’opera dell’autore valdarnese, realizzata di getto nella primavera del 2005, che racchiude la storia di un’amicizia, quella fra l’adolescente Spartaco, un alter-ego dello scrittore stesso, e il suo giovane amico Francesco, in un’atmosfera incantata, da sogno, alla ricerca del mondo che si schiude ai loro occhi".

Concordiamo con O. Ceretta quando afferma che “assaporiamo – in questa vicenda minimale ma sentitamente descritta e, direi, emblematica di come si possa modernamente intendere il Bildungroman – l’esuberanza di una giovane vita che si schiude al mondo, e nel seguire con partecipazione il percorso di questo ragazzo che, nel breve arco di un’estate, matura uno sguardo nuovo su di sé e sul senso del proprio esistere, attraversiamo quel denso intrico di pulsioni, timori, affetti, dolori, entusiasmi e frustrazioni che tutti noi abbiamo sperimentato, in vari gradi, nella nostra infanzia, e il cui ricordo – quando è efficacemente sollecitato, come qui accade per merito della fresca e musicale scrittura di Australi – torna a visitarci stringendo nello stomaco nodi che, in fondo, scopriamo non essersi mai del tutto sciolti".

In occasione della lettura di “Dalla foce alla sorgente” in una classe dell’Istituto Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane (Arezzo) diretto da Aldo Pampaloni, abbiamo rivolto quattro domande ad Angelo Australi per preparare l’incontro con l’autore che gli studenti sosterranno nel mese di marzo e di cui vi daremo notizia.

La parola adesso passa allo scrittore, colui che sa darci emozioni svelandoci un senso ulteriore della realtà.

Secondo me un giovane lettore delle scuole medie – luogo dove consiglio di adottare questo libro come testo di narrativa – può identificarsi con Spartaco aiutandosi così a crescere e a capire meglio se stesso ed il mondo che lo circonda. Era questa l’intenzione dell’autore?
Mi fa davvero piacere che “Dalla foce alla sorgente” possa riuscire indicato per la lettura nelle scuole medie, non perché questo fosse il tipo di pubblico che avevo in mente quando lo stavo scrivendo, ma perché in fondo quest’età nonostante quello che si dica o si afferma, tutt’oggi è sinonimo di trasformazione, di sconvolgimento ormonale che non ha risposte, di attraversamento di un passaggio invisibile tra il mondo dell’infanzia e qualcos’altro di più complesso e misterioso. Non siamo più bambini, e non siamo ancora adulti, abbiamo bisogno di trovare una certa indipendenza da entrambi i ruoli. La televisione, la società del vedere, trasforma il contesto oggettivo da cui partire, ma non ferma affatto la frana di domande senza risposta che affollano la mente di un adolescente.


In che senso “Dalla foce alla sorgente” può essere considerato un Bildungsroman?

In effetti, pur se svolgendosi in un tempo relativamente breve, un estate o poco più, la storia di Spartaco è anche una storia di formazione, visto che quello che accade al personaggio alla fine lo porta a svelare alcuni aspetti della realtà a lui vicina e ad uscirne trasformato. Ma è anche la storia di un’amicizia, e di come un legame così importante possa nascere proprio da due personaggi che stanno agli antipodi. Spartaco è esuberante, curioso, quanto Francesco è chiuso in sé, introverso, timido. Eppure i fatti che accadono e la realtà in cui sono costretti a viverli, li portano a costruire un importante rapporto di amicizia che li trascina nell’avventura della fuga di colonia e a seguire il corso del fiume a ritroso per tornare a casa senza seguire le strade dove sarebbero facilmente notati. E’ un romanzo di formazione, ma anche epico, secondo me. Epico in un senso classico del termine, dove grazie al significato delle metafore la realtà incontra una dimensione sospesa nel tempo e nello spazio.
 
L’impressione è che i ragazzi di Moccia e di Brizzi siano oramai compromessi con quella mutazione antropologica che Pasolini intravedeva, mentre Spartaco appare più libero, meno solo, più autentico nella campagna che si estende intorno al paese dove abita. Può darsi?

Non saprei, ho due figli, certe volte vedo nei personaggi giovanili della narrativa di oggi degli stereotipi ai quali la realtà non corrisponde. D’accordo, siamo in una società più passiva, ma questo che significa? La mutazione antropologica è più del mercato culturale che delle persone. Possiamo accontentarci di vedere un romanzo anziché leggerlo? Certi romanzi di oggi sono scritti per essere guardati, non per scendere fino al punto dove le risposte non ci sono, non ci sono mai state e non ci saranno mai. Mi sembra stiamo entrando in un nuovo provincialismo, dove è obbligatorio per lo scrittore diventare un personaggio, non per i personaggi dei libri vivere di una propria e autentica luce. Posso sbagliarmi però, in fondo la storia di Spartaco è ambientata negli anni sessanta semplicemente perché io a quell’età sono fuggito davvero da una colonia marina decidendo con alcuni amici di seguire il fiume a ritroso per tornare a casa.

Il fascismo mette a dura prova il Bildungsroman, ma la Resistenza e la promulgazione della Costituzione danno nuova linfa alla produzione letteraria e al romanzo di formazione, come testimoniano le opere di Moravia, Morante, Calvino, Bassani e Fenoglio. Spartaco cosa diventerà da grande?

Ad essere sinceri la letteratura italiana del secolo scorso nasce proprio negli anni del fascismo. Ricordiamoci Vittorini, Pavese, Bilenchi. Se le letteratura è un punto di vista sul mondo, come io credo, oggi stiamo perdendo una grande ricchezza. Questi scrittori, come gli altri a cui hai accennato, oltre a scrivere erano operatori culturali. Erano scrittori e soprattutto operatori culturali. La loro ricerca tendeva a trovare un ponte tra l’io naturale e l’io interiore, un ponte sospeso nel vuoto delle nostre paure. La seconda guerra mondiale ha spazzato via tutto, le stragi di ebrei sono state perpetrate da uomini che magari fino a pochi minuti prima di ordinare l’eccidio alle camere a gas erano assorti nella lettura di Goethe. Questa cinica brutalità ha dimostrato l’assurda follia a cui era arrivata la cultura europea. Ma quei problemi non sono ancora stati risolti. Sono stati rimossi, ma non risolti. Sembra che l’umanità produca solo occasioni mancate. Anche oggi è così, in fondo i personaggi che affollano i programmi televisivi, quanto poi rispondono al mondo reale? Sono personaggi. Ma la letteratura in senso classico, tu che hai citato Pasolini, è quella meravigliosa macchina che fa vivere le storie senza dare al lettore l’impressione che dietro ci sia un burattinaio a smuovere i fili delle marionette.
Se in un certo modo sono anche Spartaco e sono grande ormai, non posso non pensare a trovare un perché ai problemi rimossi e non risolti nel secolo in cui sono stato adolescente.

 
Australi Angelo (Figline Valdarno 1954), poeta, scrittore, saggista e giornalista, vive a Figline Valdarno. Molto giovane comincia a coltivare la sua grande passione per la musica rock e jazz, fondando nel 1973 il periodico “Musica in Piazza”, un ciclostilato di breve vita (solo tre numeri), ma sufficiente a delineare uno scenario locale di riferimento, dove muoversi con la scrittura. Compone anche i primi lavori poetici e scopre il piacere della lettura grazie ad autori come Elio Vittorini, Jack Kerouac e Jean Genet, di cui subisce il fascino durante gli anni (1974/75) del servizio militare a Roma. Nel 1986, con alcuni amici, fonda il "Circolo Letterario Semmelweis" con l’intento di favorire la crescita culturale del proprio territorio ricercando un confronto tra identità territoriali diverse. Il "Circolo Letterario Semmelweis" è tutt’oggi attivo nel territorio valdarnese, e A. ne è stato presidente fino al 1991. Nel 1999, insieme a Fabrizio Bagatti e in collaborazione con il "Circolo Letterario Semmelweis" e i Comuni di Figline Valdarno, San Giovanni Valdarno e Terranova Bracciolini, organizza “Onde di Terra”, il paesaggio nella letteratura Toscana del Novecento. E’ un’iniziativa triennale ideata per riproporre all’attenzione del mercato editoriale e per promuovere nelle scuole la rilettura di alcuni autori toscani.
Ha diverse pubblicazioni al suo attivo: Zia Oria (1979, racconto); Racconto di Natale (1979, racconto), Roscio (1980, romanzo), Regioni preflesse (1981, poesie), L’usignolo di provincia (1982, racconto), C’è di quello che non costa (1982, racconto), Non essere il centro ma una parte del tutto (1983, saggistica), Sul filo dell’unità (1983, poesie), La rinunzia (1984, racconto), Spartaco e Cannabis (1985, narrativa), Il mio nonno barbiere (1986, racconto), Le lucciole (1987, racconto), Eugenio Centini. Dolore e sogno (1988, saggistica), Andrea (1988, racconto), La piazza (1988, poesia), Magalodiare (1989, narrativa), All’ora di pranzo (1990, racconto), L’ombra del cielo (1990, racconto), L’esempio di società (1990, saggistica), Voglia di ascoltare (1993, saggistica), !945/1993, L’impronta della sinistra a Figline Valdarno (1993, saggistica), I grandi navigatori (1996, narrativa), In piazza c’era un pozzo (1996, giornalismo), Le lucciole (1996, racconto), Il treno che porta al passato (1996, racconto), Cinema di carta (1996, saggistica), Vittoria (1999, narrativa), Spartaco e Cannabis (1999, narrativa), Il paesaggio reiventato (2000, saggistica), Senza memoria la vita è solo cartapesta (2001, racconto), Le torri di avvistamento piantate dal nonno (2001, racconto), Fai attenzione alle palle vaganti (2002, racconto), I sogni in Tv (2002, narrativa), L’autostrada del sole (2003, racconto), Zia Oria (2003, narrativa), Ma l’anima non muore (2004, racconto), La collanina rossa del Valdarno (2005, saggistica), Dalla foce alla sorgente (2005, narrativa), Perché sono rimasto tra le lucciole (2006, saggistica), Farfalla colorata (2006, poesie), Non ci sono troppe vie di fuga (2007, narrativa). Ha diretto la rivista: "MicroMacro", periodico di cultura valdarnese e oltre - giornalismo dal n. 0 al n. 11/1989-1990; Costume e cultura - giornalismo - 1989.

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