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Quando il lavoro rende schiavi

Tre persone su mille sono vittime del lavoro forzato. Ventuno milioni in tutto il mondo. Lo ha rilevato l’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, in un rapporto pubblicato il 1° giugno 2012. Sarebbero quindi 21 milioni le vittime di questo tipo di lavoro. E il lavoro forzato riguarda anche l’Italia. Se ne è discusso in un convegno, organizzato a Milano dalla Cooperativa per la lotta contro l’emarginazione, “La tratta delle persone migranti in ambito lavorativo”.

Quanto è emerso da questo convegno è stato esaminato in un articolo di Chiara Cristilli pubblicato su www.rassegna.it:

“I tempi stanno cambiando. ‘Tornano attuali tutte le forme dei lavori che abbiamo storicamente conosciuto, credendole superate. Riappare la schiavitù, le attività servili proliferano.

Non realtà che esulano dal nostro esempio occidentale di capitalismo avanzato. Sto parlando di noi. Di un sistema intriso di precarietà, dove l’impiego garantito da un contratto è un modello in declino. La metamorfosi del lavoro è uno dei grandi temi che attraversano la crisi’.

Il sociologo Aldo Bonomi ha un tono severo, che scuote l’uditorio…

C’è un filo rosso che lega il popolo delle false partite Iva e dei senza contratto ai migranti ridotti in schiavitù nelle campagne e nelle aziende del Nord.

Entrambe le realtà si inseriscono in un contesto sociale confacente, in cui la tratta a scopo lavorativo, importante fonte di guadagni per la criminalità organizzata, non è che un flusso nell’oceano del lavoro nero e dell’illegalità, dello sfruttamento. Di questa nuova servitù della gleba composta da immigrati non conosciamo i numeri…

Rispetto al traffico di persone finalizzato alla prostituzione, quello diretto al lavoro forzato è comunque ancora poco noto, sebbene diffuso.

Gli strumenti per contrastarlo si stanno man mano definendo. Lo scorso gennaio è stato siglato a Milano un protocollo d’intesa per la promozione di strategie condivise, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della tratta e dello sfruttamento di esseri umani. Tra i soggetti firmatari, la Cooperativa lotta contro l’emarginazione, i sindacati, la Provincia e la Asl 7 cittadina. Il testo affronta diverse forme di coercizione, che vanno dal coinvolgimento in attività illegali all’accattonaggio, alla compravendita di sesso.

Lo sfruttamento a scopo lavorativo assume una particolare rilevanza, soprattutto per il sindacato. Nell’ambito del protocollo, Cgil, Cisl e Uil si impegnano a favorire l’emersione delle vittime e lo scambio di informazioni con gli altri soggetti sottoscrittori dell’accordo…

Problemi concreti, in parte determinati da una legislazione lacunosa quando non contraddittoria.

Prendiamo la legge contro il caporalato, la 603 bis, introdotta nel codice penale nell’agosto del 2011. La misura disciplina il reato di caporalato, ma nel definirne le caratteristiche, parla di ‘organizzazione del lavoro’, di violazione delle norme sull’orario di lavoro, la retribuzione e la sicurezza. Tutti elementi che dipendono dal datore di lavoro e non da chi fa intermediazione di manodopera. A complicare ulteriormente le cose, la disgregazione del tessuto economico e sociale del paese è stata accentuata dalla crisi…

Di sindacato di strada parla anche Renato Fida, segretario generale della Flai di Gioia Tauro. Qui i lavoratori, provenienti in prevalenza dall’Africa, sono quasi tutti stagionali. Giungono a Rosarno per la raccolta delle arance, spostandosi in seguito in altre regioni. Circa il 70% di loro ritorna, anno dopo anno.

‘Ormai li conosciamo – commenta Fida -. Grazie all’ufficio mobile, la nostra presenza al loro fianco è costante. Questo ci ha permesso di stabilire un rapporto con alcuni lavoratori, ricavando qualche informazione sul loro ingaggio, i percorsi che hanno seguito. Offriamo tutela sindacale, sanitaria, legale. Organizzare un intervento risolutivo però non è cosa semplice’.

Su iniziativa della Cgil, il Comune di Rosarno ha costruito lo scorso mese di gennaio una tendopoli (che sarà dismessa il 4 giugno). Qui è possibile avere un pasto caldo, usufruire di un bagno, godere di un minimo di protezione. I raccoglitori di arance tornano ogni anno. Anche chi sa che non otterrà lavoro”.

E’ bene far sapere che il fenomeno del lavoro forzato riguarda anche l’Italia. Certo in diverse altri parti del Mondo è molto più diffuso. Ma è necessario essere consapevoli che tale fenomeno ha iniziato a manifestarsi, già da tempo per la verità, anche nel nostro Paese. Il ruolo che i sindacati possono svolgere per contrastarlo è senza dubbio importante. Ma è necessario che si accresca considerevolmente l’impegno degli organismi pubblici che dovrebbero affrontare il problema. Quando ci si occupa del lavoro, infatti, non si devono prendere in esame solamente le modifiche dell’articolo 18. Diverse altre problematiche dovrebbero essere considerate e una di queste è appunto la diffusione del lavoro forzato.

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