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Processo ’Bad Boys’, a Legnano ’ndranghetisti o solo "calabresi che si scambiano favori?"

Lunedì 4 luglio si chiuderà uno dei processi contro i componenti di una delle presunte 'locali' (cioè una cellula strutturata) di 'ndrangheta in Lombardia. Stiamo parlando precisamente del processo denominato "Bad Boys" che porta alla sbarra la 'locale' di Lonate Pozzolo e Legnano, davanti al tribunale di Busto Arsizio in provincia di Varese.

Il processo, iniziato l'8 giugno dello scorso anno vede gli imputati accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso che, secondo l'accusa, avrebbero costituito il sodalizio criminale per operare nell'ambito delle estorsioni, dell'usura e del riciclaggio di denaro proveniente da altre attività illecite come spaccio di sostanze stupefacenti e traffico di droga.

Le pene richieste nel dibattimento da parte del pm Mario Venditti variano dai 4 ai 17 anni per 11 dei 12 imputati. Per uno degli imputati aveva chiesto invece l'assoluzione. Le pene più pesanti erano state richieste per Nicodemo Filippelli (15 anni) e Vincenzo Rispoli, indicato da più riscontri com il capo della locale di 'ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, così come poi emerso dall'operazione Crimine/Infinito

Fin dalle prime battute il processo è stato accompagnato da scene che ricordavano frammenti dei primi maxiprocessi a Cosa Nostra siciliana. Urla nei confronti dei giornalisti ("Fate schifo", ma questo lo abbiamo visto anche a Pontida) e gesti di disappunto verso alcune decisioni del collegio giudicante.

Si sono susseguite udienze, richieste di condanne e difese per poco più di un anno, fino all'udienza dello scorso martedì, in cui gli avvocati difensori degli imputati hanno difeso i loro assistiti davanti al collegio presieduto dal giudice Toni Novik.


La linea difensiva, come spesso accade nei processi di mafia, soprattutto quelli celebrati al nord, si basa sul ridimensionamento del potere criminale degli imputati. Ma quello che si è sentito in aula da parte di uno degli avvocati difensori ha quasi dell'incredibile.

I protagonisti sono Fabio Socchi, ritenuto uno degli esponenti non calabresi della presunta cosca e l'avvocato Giosuè Bruno Naso. L'avvocato Naso ha definito l'intercettazione principale del processo (in cui il suo assistito parla con Filippelli, e lo stesso Filippelli dice di un "esercito pronto a muoversi dietro Vincenzo Rispoli") una "masturbazione ideologica", per poi affidarsi all'opera di demolizione del presunto sodalizio criminale.

Naso, come riporta anche la testata locale VareseNews, parla dei calabresi come "ottusi e piccini, arretrati culturalmente - poi prosegue - E' il mio pensiero, sono una persona libera".

Poi arriva la difesa vera, quella che riduce una presunta locale di 'ndrangheta a un gruppo di personaggi che si scambia favori: "I calabresi si ritrovano tra di loro e tendono a scambiarsi favori all'interno del loro gruppo, ma questo non significa che sono degli 'ndranghetisti. L'accusa non porta nessun elemento che possa essere considerato una prova se non parole comprate (riferendosi a quelle dei pentiti, nda) e intercettate". Insomma il processo è all'essere calabresi più che alla 'ndrangheta secondo l'avvocato Naso.

L'ultima udienza è fissata per lunedì 4 luglio. In quella data il collegio giudicante dovrà stabilire se sia stato fatto un processo alla 'ndrangheta oppure, come sostengono gli avvocati alla calabresità.

 

Credits Foto: nadirpress.net

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